Sicurezza e meritocrazia, legame inscindibile
Due voli Air France sono stati “dirottati” non da terroristi ma scaltri “nemici” fattisi telefonata anonima o soffiata artatamente costruita. Due voli dirottati da disinformazione di chi usa tutti i mezzi per aumentare panico e fragilità di nervi degli avversari. Riuscendoci. Potevano essere 10,100,1000 i falsi allarmi e ogni volta si sarebbe dovuto portare a terra l’aereo, far sbarcare i passeggeri, perquisire bagagli ingenerando con queste procedure altri dubbi e altre insicurezze. Certamente aver fatto accadere la tragedia sul Sinai si porta dietro anche questo e la responsabilità futura di chissà quanti altri momenti come questo. Ma la domanda che ci si deve porre è come gli jiadisti siano riusciti a mettere a bordo l’ordigno sull’A321 e così facendo mettere nel circuito mediatico il mito della loro pericolosità. Non sono solo le 214 vittime innocentissime ma anche e soprattutto l’effetto alone che il macabro successo si porta dietro. E questo dell’essere riusciti a mettere a bordo la bomba pone, senza se e senza ma, il problema del reclutamento, della selezione e della formazione del personale destinato ad operare in stretto rapporto con le strutture critiche. Chi seleziona il personale adibito alla sicurezza dei bagagli che viaggiano al seguito dei passeggeri? Con che criteri vengono, da anni, reclutati tali addetti a mansioni che possono sembrare di minore impegno? Ve lo dico io: gli “assunti” (o affittati) è fondamentale che siano persone che si accontentano di basse retribuzioni e non “rompano i coglioni” dal punto di vista delle garanzie contrattuali. Questi criteri e questa griglia selettiva sono figlie di piccole e autolesioniste avidità e di miopia delle autorità preposte alla sicurezza complessiva degli Stati le quali non dovrebbero mai consentire di lasciare operare le compagnie o le società di gestione degli aeroporti secondo questi bassissimi profili e tornaconti da bottegai.
Quando diciamo che la sicurezza nazionale (o di chiunque altro) è una questione di cultura (non intendendo questa volta libri, mostre, musei, teatri ma di assenza di scelte ragionate ai fini dell’interesse collettivo) intendiamo porre l’accento sui modi “privatistici” che si tollera che alcuni mettano in atto danneggiando la comunità nel suo insieme.
A divenire, in quel momento e in quel luogo, i custodi della Sicurezza nazionale si devono mandare i migliori e devono essere pagati con cifre che rispettino la dignità del lavoro sensibile che svolgono per conto e in difesa di tutti noi. Altro che affitto di risorse umane a low cost! Per poter arrivare a rimuovere queste scelte consolidate ci deve essere, in molte realtà nodali quali gli hub della Rete delle Reti (porti, ferrovie, autostrade, energia) molto più “stato” e meno gente che fa “come cazzo gli pare”. A guidare lo Stato, in modo tassativo, non possono essere più preposti i complici dei privati che vogliono fare come “cazzo gli pare”. Questo è il nodo che definisco culturale e in questo si sostanzia la necessaria Strategia di Sicurezza nazionale per cui inutilmente da anni ci battiamo. Torniamo al cuore della faccenda.
Chi sceglie e vigila sui “custodi” della nostra sicurezza a qualunque livello essi operino? Senza meritocrazia non c’è sicurezza e, per riportare un ragionamento preveggente che fu fatto il 23 marzo del 2012 nel Convegno “Lo Stato Intelligente” altre volte citato, da persona che preferisce non essere nominata, la sicurezza è un concetto intelligente, un tema che richiede intelligenza della complessità.
- La meritocrazia è una questione di sicurezza.
- La tutela ambientale è una questione di sicurezza.
- L’autonomia energetica è una questione di sicurezza.
- La gestione pubblica delle risorse idriche è una questione di sicurezza.
- La protezione delle reti, fisiche e informatiche, è una questione di sicurezza.
- Il controllo diretto dei beni di prima necessità e delle materie prime, naturali e tecnologiche, è una questione di sicurezza.
- Una politica dei trasporti e della comunicazione democratica e secondo una logica di servizio e non di profitto è una questione di sicurezza.
- Un sano rapporto tra finanza ed economia è una questione di sicurezza.
- La lotta alla corruzione e all’evasione è una questione di sicurezza.
- Il contrasto al lavoro nero, anche nelle forme mascherate di forme di contratto atipico, è una questione di sicurezza.
- La libertà dell’informazione è una questione di sicurezza.
- Un sistema di giustizia giusto è una questione di sicurezza.
- L’equilibrio tra i poteri è una questione di sicurezza.
- La cooperazione internazionale è una questione di sicurezza.
- Una politica estera sapiente e strategica è una questione di sicurezza.
E sono tutte questioni di intelligenza di Stato.
Il resto sono discorsi velleitari e prenotazione di una sconfitta certa.
Vengo al colmo dei colmi e a qualcosa che evoca violenza e non risposte civili e “democratiche”: è mai possibile ipotizzare la beffa di leggi speciali che dovrebbero dare più potere a quegli stessi che da decenni nulla hanno saputo fare perché non ci si trovasse in questa situazione? Ma di che bronzo sono fatte le loro facce? Secondo i “pedofili” dovreste affidare in vostri figli e nipotini a loro!
Ma c’ero io al governo di questo sgarrupato Paese quando si chiudeva un occhio sulle false prove che dovevano convincere il Mondo della bontà e della capacità risolutiva della guerra in Iraq contro il mostro Saddam Hussein? Che era un mostro ma non faceva quello che si diceva che facesse. Faceva altro ma non quello. Ormai i capi di mezzo mondo giocano il ruolo dei pentiti su quel cumulo di menzogne artatamente costruite anche da personaggi italiani che ancora usufruiscono delle prebende (e che prebende!) dello Stato. Non è giusto ribellarsi alla sola ipotesi che questi complici dell’orrore in atto non passino la mano? Fermiamoci non certo per viltà ma perché è troppo vicino il giorno della resa dei conti e non vorremmo trovarci nei guai ancor di più di quanto già lo siamo. Se accadesse, se avessimo un altro infortunio tipo 14 febbraio 2012, non potremo assistere a “quel tutti a casa” che in molti traditori della Repubblica si meritano e che mi dispiace per loro è ormai inevitabile. Che si manifesti a Sedriano con un esponente della GDF o che travolga tutti con la vittoria a Roma del M5S nella vicina (dopo aver tanto atteso che sono ancora pochi mesi?) tornata elettorale per la scelta del Sindaco della Capitale.
Un ultima nota.
La Marsigliese (canto dei rivoluzionari provenienti da Marsiglia e in marcia verso Parigi nelle ore della “resa dei conti” con la tirannide monarchica) non è solo il canto da contrapporre ai sanguinari dell’ISIS ma anche e soprattutto l’inno che ci deve unire e motivare contro i loro complici. Che sono anche degli indegni francesi, italiani, belgi, inglesi da cui, ora e non domani, dobbiamo prendere le distanze. Ora e non domani. Nel nome di tutti i nostri caduti civili e militari, primi fra tutti i ragazzi caduti a Nassiriya.
Oreste Grani/Leo Rugens
Avrei proprio qualcosa da risponderti in meri.. visto che H2020 dice che sono uno delle eccellenze europee per innovazione ma peccato i soldi li hanno gia’ presi….. tutti .. altri…
Una vergogna..
Ciao Oreste…
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Non si sa mai. Comunque, proviamo ad approfondire l’ipotesi e senza inibizioni proviamo a rendere onore alla tua capacità (ancora una volta confermata) e all’affetto lungimirante che ho provato per te.
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