La Famiglia Macrì, passo dopo passo, è arrivata ai vertici dell’Argentina

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Questo blog quando in passato ha parlato di Argentina e lo ha fatto, principalmente, facendo ricorso a una vecchia storia che non poteva, prima o poi, non divenire la chiave sostanziale della resa dei conti a cui sarebbe stata chiamata la potente famiglia della signora Cristina Fernández de Kirchner.

Lo  abbiamo fatto ricordando l’episodio molto prima che esplodesse lo scandalo delle complicità con l’IRAN ed altri ambienti in quella fase storica responsabili di non poche violenze nel mondo, nel post La provocazione del chavista Manuel Anselmi (sparito nel web) che dietro ai gravissimi attentati del 18 luglio 1984 contro la Asociacion Mutual Israelita Argentina compariva una trama internazionale che puzzava lontano un chilometro di compromessi se non di accordi inconfessabili.

La signora è sostanzialmente caduta su questa sporca, vergognosa, indimenticabile compromissione.  O peggio.  Da poche ore alla guida del grande e tormentato paese, c’è un calabrese doc, con strette origini familiari radicate nella provincia reggina. Tenete conto che quando ho promosso e inaugurato, nei primi anni del millennio, la Dimora dei Migranti, nel Comune di Grotteria (provincia appunto di Reggio) di cui vi ho fatto cenno in altro post, ho ritenuto opportuno esporre contestualmente due bandiere: quella italiana e quella argentina e non per evocare la genialità di Armando Maradona ma semplicemente perché, da tutto il territorio limitrofo (i 42 comuni della Locride) verso l’Argentina, erano partiti migliaia e migliaia di calabresi disperati e i legami erano, ancora dopo decenni, fortissimi.

Argentina, prima di tutto, poi certamente Canada, Australia e USA. Alcuni di quei nostri compatrioti scoprirono che avevano fatto bene a sperare e, tra questi, i reggini Macrì, con l’accento sulla ì. Una storia la loro di salita vertiginosa fino al vertice della “piramide sociale ed economica” divenendo, un Macrì, addirittura il Capo dello Stato. Terra tanto complessa da essere, in pochi anni, la patria del peronismo, del Che, di Maradona , di Piazzolla, di Borges, di grandi psicanalisti di scuola freudiana e di migliaia di scomparsi resi tali da sadici aguzzini al servizio dei dittatori militari. E la terra dove alcuni spregiudicati affaristi, soprattutto massoni italiani, hanno spinto degli ingenuotti/complici/vittime a tentare l’avventura militare delle isole Maldive, spendendo soldi per comprare armi per arrivare a sfidare l’invincibile (su quel terreno a a quelle condizioni!) Inghilterra.

L’Argentina è terra legata all’Italia anche e soprattutto dalle note e dai passi del Tango. Genova e Buenos Aires sono avvinte da un rizoma che ha fatto fremere milioni di persone danzando, prese nella spirale di amore e morte che il tango sembra voler rappresentare. Questo legame è descritto in un bellissimo cofanetto (libro e  musica), “Xena Tango”, realizzato a cura di Giampiero Vigorito, per l’iniziativa produttiva della Compagnia Nuove Indye, realtà imprenditoriale editoriale culturale magistralmente ancora guidata da quel geniaccio sempre creativo e appassionato di Paolo Dossena.

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Cose belle, cose eleganti, cose che ci devono attrarre come in un passo di danza ma cose che devono tenerci, al tempo stesso,  in allerta rispetto alle forme sempre scaltre e mutevoli che il potere sa assumere. In Italia e in Argentina. Dopo le torture, i ripetuti saccheggi delle loro tasche e il cinismo della signora Cristina Fernández de Kirchner gli argentini non si meriterebbero di cadere dalla padella nella brace. Nulla ci è dato di sapere per certo dei Macrì argentini ma tutto sappiamo, viceversa, di Giancarlo Elia Valori (vedi il post il fondo).

Speriamo quindi che, banalmente, i Macrì non si conoscano con il catto-massone più pericoloso del mondo perché viceversa, sia gli argentini, che i residui legami che l’Italia potrebbe tessere con la nuova Argentina, potrebbero essere da subito sottoposti a prove durissime. Con tutti, vi consigliamo, infatti, di avvincervi in un lascivo tango, tranne che con l’imbellettato Valori e con suoi eventuali frequentatori. Elia Valori che in Italia, come sanno bene Gioacchino Genchi e l’ex magistrato Luigi De Magistris, spesso era stato “beccato” (per l’esattezza le utenze a lui riconducibili con certezza), dalle macchine autoapprendenti che esaminano, con freddezza e lealtà, i traffici telefonici, in stretti rapporti con ambienti calabresi (tutta l’inchiesta “Why Not”) riconducibili, per contiguità ed osmosi, alla criminalità organizzata (anche a quella specificatamente politica) denominata ‘ndrangheta. Speriamo bene per quelli a cui piaciono gli argentini e in particolare il Tango.

Oreste Grani/Leo Rugens che sa che quando “affonda” come oggi ha fatto, corre dei rischi ma lo fa per non lasciare vuoto di significato lo slogan “se non ora (che non siamo più soli, grazie al M5S) quando?”

 

Spero che nulla di quanto scrivo in questo post dedicato ad Elia Valori sia vero

Elia Valori

Se così fosse, la Repubblica avrebbe qualche speranza di salvarsi. Viceversa, se la sostanza del post corrispondesse al vero,  temo che la situazione sia gravissima, più di quanto sia lecito pensare. Anche e soprattutto perché, come abbiamo sempre sostenuto, la “politica estera è tutto”. Oggi più che mai questa nostra tesi è evidente nella sua complessità e vecchi arnesi come Giancarlo Elia Valori e Michael Ledeen, non ci sembrano proprio “il nuovo che avanza” o i saggi capaci di indicare la via illuminata. Anzi, la quasi totalità dei grovigli internazionali e delle guerre in essere, sono prodotti voluti da quelle culture mortifere  e affaristiche che i due ottuagenari (sono più giovani ma così mi appaiono) rappresentano. Questa mattina leggiamo sul “Il Corriere della Collera” che dopo soli 10 anni tutti i documenti della “Digital National Security Archive” relativi alla guerra combattuta in Iraq, sono di pubblico dominio. Come a Mosca. Come in Italia.

Da quelle carte appare chiara tutta la inadeguatezza di Bush figlio e dei suoi collaboratori nel gestire quella inutile guerra. Ambienti “repubblicani” che alimentano le relazioni dei “centenari” (così, dopo poche righe e pochi minuti, mi appaiono Ledeen e Valori) che portano una ventata di novità nella politica estera italiana. Sin dal 2 ottobre 2013 con il post “Chi spinge Matteo Renzi” mi sono permesso di affermare che Giancarlo Elia Valori è solito “spingere da dietro” il premier italiano Matteo Renzi. Sgombriamo il campo da qualunque doppio senso volgare a sfondo sessuale (spingere da dietro) che, comunque, vista la complessità della personalità e dello stile di vita dell’anziano lobbista (deve avere almeno 120 anni!) si poteva anche supporre. Ribadisco: nessuna allusione ad intimità di tipo erotico sentimentale. Rimane il fatto che la conoscenza tra Renzi e Valori ha radici, toscane e democristiane, nell’amicizia esistente tra il padre di Giancarlo Elia Valori e il di lui compagno di scuola, Amintore Fanfani.

simbolo cristiano

Il padre di Matteo Renzi, per affermazioni del premier, fu, a sua volta, ammiratore di Tina Anselmi e seguace del professore aretino. Galeotto di questo tardivo legame che tanto influenza l’Italia, furono quindi, Amintore Fanfani e la DC. Tenete conto di questi guazzabugli ora che proverò a sintetizzare la vita dell’immortale Giancarlo Elia Valori. Dico immortale perché uno che risulta aver presentato a Juan Domingo Peròn, Licio Gelli (che oggi ha quasi cento anni), se non è uno “eterno”, poco ci manca. La biografia del “potentissimo” istruttore (spesso con Michael Ledeen in coppia) è opportuno leggersela ricorrendo al biografo atipico che è l’estensore della “Bibbia delle Intercettazioni” ovvero, “Il Caso Genghi. Storia di un uomo in balia dello Stato“- Aliberti Editore, cioè, Edoardo Montolli. Il volume, per chi non lo sapesse, ha la prefazione di Marco Travaglio. Travaglio stesso, che ne dovrebbe sapere una più del diavolo, rimase sconcertato quando lesse le avventure del “signor bonaventura” in arte Giancarlo Elia Valori descritte in un capitolo del libro citato. Lo “scafato” Marco Travaglio definisce “agghiacciante” quanto ha scoperto di Valori nelle pagine a lui dedicate da Montolli. Senza che nelle sedi opportune fosse mai smentito un rigo, una affermazione, una circostanza.

massoneria

Mi chiedo come possa essere vero che il Capo del Governo Italiano si affidi  ai ragionamenti elaborati da un tale personaggio. Temo che questa contaminazione continuerà ad accadere fino a quando, come fu per Mora o Lavitola, i fatti non assumeranno la forma incontrovertibile della verità giudiziaria. Lo svigolone Valori ha già avuto i suoi infortuni nei tribunali ma, evidentemente, per il Presidente del consiglio che anche “capo dei Servizi segreti”, a mo’ di novello Berlusconi (lo vuole imitare in tutto), questo non basta. Ora, con la dovuta pazienza, beccatevi una introduzione alla conoscenza di come stiamo messi qualora fosse vero che non è Renzi a scegliere la politica estera italiana ma Giancarlo Elia Valori. Mentre scrivo e mentre rileggo ciò che ha scritto Edoardo Montolli del catto-massone Valori, grazie ai documenti incontrovertibili, in possesso legittimo di Gioacchino Genchi, io stesso stento a credere che il Paese sia esposto a questi rischi. Così, mi auguro di sbagliarmi nel momento stesso in cui ri-divulgo queste verità. Informazioni che nessuno ha provato a smentire ma si è semplicemente tentato di togliere “civilmente” e “penalmente” di mezzo Gioacchino Genchi, fedele servitore dello Stato, che le aveva raccolte ed elaborate partendo dalle prestazioni obbligatorie previste dalla legge che regola la telefonia, fissa e mobile. Spero di ri-pubblicare menzogne e di essere chiamato a risponderne. Temo, viceversa, per l’Italia e per voi tutti, che non sia così.

Oreste Grani/Leo Rugens

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