C’è chi ha paura di volare e chi ha avuto paura della Libertà da riconquistare

Mantova

Alla luce di quanto quotidianamente avviene (Sala compreso) ribadisco che quella sera Grillo doveva arrivare a Roma.

Torno a dire che “quella sera”, Giuseppe Grillo da Genova, unto non da Dio ma dal voto di quasi 9 milioni di Italiani, doveva arrivare a Roma e, in coerenza con tutte le parole dette e le azioni intelligenti, per anni, ideate e fatte, doveva dare il via formale alla spallata al regime partitocratico che, come tutte le dittature, si abbatte e non si cambia (si diceva così?) prima di poter provare a guidare, in modo altro, la cosa pubblica, sostituendosi ai tiranni.

Il resto sono chiacchiere, come passo dopo passo, ingenuità dopo ingenuità, idiozia dopo idiozia, misura attiva dopo misura attiva,  potrebbero rivelarsi quelle “a suo tempo” fatte, scritte, inviate a milioni di persone telematicamente.

Sono, da anni, un tifoso, senza limiti, quasi a-critico dell’importanza del M5S e, forte di questo libero sentimento espresso in tempi non sospetti, nulla dovendo a Grillo e, tantomeno, a Casaleggio (se non lui, qualcosa a noi), dico la mia.

Quella sera Grillo non arrivò, anche fosse stato a tarda sera, a Roma e il regime resse anzi, meravigliandosi della spallata non assestata, sia pur stupito di tanta grazia e benevolenza, si riorganizzò, passando dai monti alle valli lettiane prima e, galoppando – da ieri- nelle verdi praterie renziane.

Il regime partitocratico, graziato quando doveva essere trafitto, si appresta a far di nuovo “carne di porco” dei poveri sudditi.

Con l’ulteriore complicità della complessità geopolitica, della planetaria crisi finanziaria, dei conflitti militari in essere e quelli nuovi pronti a deflagrare.

Mai, se quella sera il “pulmino fosse arrivato”, Denis Verdini avrebbe potuto reggere le sorti della Repubblica;

mai Marco Carrai avrebbe potuto osare impadronirsi della “sicurezza” di quanto avanza del Paese;

mai la “coppia di fatto” Renzi/Boschi vi avrebbe potuto così sbeffeggiare.

Se quella sera, invece di tollerare la riconferma dell’ur-lodgista Giorgio Napolitano, a furor di popolo (dopo tante violenze subite non era giusto ribellarsi?), si spianava la strada a Stefano Rodotà, certamente – oggi – non era Angelino Alfano che ci spiegava cosa si deve fare con l’Esercito a Napoli, dopo che le Forze dell’Ordine, da anni ai suoi ordini, hanno fallito nel contrasto alla criminalità!

Se quella sera Beppe Grillo non si perdeva per strada, oggi non avremo il problema delle banche del malaffare ancora in mano ai massoncelli toscani e una saccente figlia di Boschi a farci la lezione!

Tanto meno i relatori che il volenteroso Angelo Tofalo ha voluto/dovuto invitare al convegno del 18 dicembre 2015 “Intelligence Collettiva” sarebbero stati quelli, figure in oggettiva continuità con quanto avveniva prima e durante anni che i 5 Stelle hanno ritenuto (giustamente) tra i più nefasti per le sorti della Repubblica.

Che dire di Roma mafiosa dove, se va avanti così, si riusciranno a perdere, nonostante la manifesta inferiorità degli avversari, elezioni già vinte?

Che dire di Milano dove sarà Sala il futuro sindaco?

Quel Giuseppe Sala che, ancor prima di essere un braccio destro (e forse anche sinistro) di Letizia Moratti e aver gestito la più inutile delle kermesse enogastronomiche che si siano tenute al Mondo, lavorava in Telecom, nel momento in cui Marco Tronchetti Provera dismetteva il patrimonio delle telecomunicazioni nazionali come, ad onor del vero, Beppe Grillo denunciava, oggi bisogna dirlo, inutilmente.

Inutilmente inutili come non vorrei che, alla fine di questo Gioco dell’Oca, si dimostrassero i 9 milioni di voti, onestamente consegnati al Movimento e non ai partiti angariatori della povera gente.

Il futuro sindaco di Milano (a meno che per motivi imperscrutabili qualcuno non ci aiuti trovando il modo di arrestarlo per chi sa quali malefatte) sarà quel Sala lì che conviveva (guardate le date) silente (e strapagato), con il Tiger Team di Giuliano Tavaroli, e le varie attività “spionistiche” di Marco Bernardini, Giampaolo Spinelli, Fabio Ghioni, Fulvio Guatteri, Guglielmo Sasinini, Emanuele Cipriani, citato, volutamente per ultimo in questa filiera ma legato da un filo sottile – tramite una nuora – al Licio Gelli nazionale.

Il losco personaggio, ormai morto ma, all’epoca dei fatti accennati (Telecom ed altro), vivissimo e super attivo nel tessere trame a danno della Repubblica Democratica, da buon onesto irriducibile nazi-fascista quale è sempre stato e come, in punto di morte, ha confermato di “voler” essere, anche nell’aldilà. Un giorno proverò a descrivere i rizomi massonici/delinquenziali che, partendo da Licio Gelli, arrivavano, senza neanche troppi passaggi, tramite il GOI e i suoi vertici ravennati, fino alle figure che, dentro e fuori la Telecom, non disdegnando gli aiuti e le manine “mancine” del Sismi, a tradire l’Italia, sabotandole di fatto il comparto vitale delle telecomunicazioni. Per puri fini di guadagno e potere personale. E lo sapevano fare con tale maestria che, osservando i protagonisti di tali attività, si sarebbe potuto pensare che anzi agivano per motivarne e incentivarne il personale (migliaia di persone) attivo in questo settore. Dico cose semplici e al tempo complesse la cui lettura, senza griglie interpretative che mettano in chiaro, rimarrebbero “enigmatiche”. Ma torniamo all’attimo fuggente e all’occasione mancata.   

Se quella sera Beppe Grillo fosse arrivato a Roma, oggi Sala non avrebbe la quasi certezza di battere l’onesta “carneade” penta stellata, disperdendo la speranza di milioni di italiani perché nessuno, con il Movimento al governo del Paese, si sarebbe pensato di affidare a lui, quello della Telecom, la guida di Milano.

Vedremo a Roma ma, se nulla si fa per individuare e “azzerare” la fabbrica delle “misure attive”, ormai certamente insediatasi e celatasi nella Capitale, pronta a confezionare fango e a spararlo nei prossimi mesi su chiunque alla fine sia il candidato del Movimento, la sconfitta contro gli zombi partitocratici, è data.

Forse, solo quel morto di Fessino, ci lascerà prendere – a Torino – una piccola soddisfazione.

Finisce come (se non peggio) che per la signora Le Pen. Nel qual caso non è stato un male per la Francia, l’Italia, il Mediterraneo ma, nell’ evenienza che il pugno di mosche fosse il risultato anche del M5S, tanti sacrifici e vane attese di giustizia per quella parte degli italiani che non ci volessero stare spingerebbero verso soluzioni che si diceva si volevano evitare che prendessero forma.

Mi sembra un pasticcio senza nessuna abilità culinaria.

Uteri o non uteri, multe, salate (150.000 euro!) o meno, comminate a chi tradisce,  starei molto, molto in campana, soprattutto dalle parti del “Il Tempo”, trombetta che a nulla servirà se non a organizzare la canizza. Anche ad Einstein fu riservata la muta dei cani rabbiosi, ed era lo scopritore di ben altro che “tutti a casa, vaffanculo, l’Italia è guidata da politici corrotti e incapaci”. Puniamo pure i “traditori” ma tenete conto che si sarebbe presa la maggioranza dei voti, solo attraendo persone che, lasciando i potenti, si “pentivano” e si “arrendevano” nelle vostre mani dopo aver “tradito” i loro padroni. Questi sono i flussi della Vita e anche, ovviamente, quelli elettorali. Ma chi – in questa situazione – si prepara a tradire chi? Perché, la libertà e l’onestà, che le piazze piene come non torneranno più, sotto il sole e sotto la neve, chiedevano a gran voce, non sono cosa, non lo dimentichiamo, di nessun Casaleggio o, tantomeno, dello stanco Grillo. La Libertà è l’unica “cosa nostra” che non dobbiamo avere imbarazzo a rivendicare.

La Libertà è il bene che il Popolo ha diritto di pretendere. Con le buone o con le cattive.

Certamente quella sera bisognava avere il coraggio di avviare un’insorgenza contro una dittatura che tale era e che oggi, con il renzismo, ha solo mutato in peggio la sua forma. Quella sera, non arrivando, si è cominciata ad alimentare, “la paura della Libertà” che si sarebbe, anche traumaticamente, viceversa, doverosamente riconquistare.

Ma, come chi conosceva meglio di noi l’animo umano scriveva nei noiosi/saggi/preveggenti Promessi Sposi, “se uno il coraggio non lo ha, nessuno glielo può dare”.

Oreste Grani che quella sera, sotto le finestre di Palazzo Chigi e del Parlamento repubblicano, nonostante la sua malattia e la notte tarda, ci si era recato, come migliaia di altri italiani pronti al “gesto”.


BEPPE GRILLO QUELLA SERA RITENNE OPPORTUNO NON ARRIVARE A ROMA: QUESTO È IL MANTRA DI LEO RUGENS

grillo a Roma

Ieri, il M5S, ha perso un altro mezzo punto in percentuale nei sondaggi dedicati alle intenzioni di voto. Continuo a ritenere che non arrivando quella sera a Roma, Grillo ha buttato alle ortiche l’attimo e la funzione. Oggi si ritrova, stanco e senza più emozioni, incapace di incidere su quel 40% che ancora non vuole andare a votare. Quella massa di milioni di cittadini potenziali elettori che ancora avrebbero diritto a scegliere, dopo quell’atto di “viltà politica“, potrebbero non votare mai più il M5S. Il quale, schiacciato tra complessità internazionali (su cui dopo l’ottimo esordio nel “Caso Shalabayeva” non ha più preso palla) e  Matteo Salvini, gonfio di soldi ottenuti tramite ambientacci suggeriti dalla Russia putiniana, scenderà lentamente ma scenderà inesorabilmente non solo nei sondaggi ma nel segreto dell’urna. Il tutto sta succedendo perché sembrò, a Casaleggio e Grillo, quella sera, inopportuno fare “un po’ di casino”.

IN TUTTE LE PIAZZE DEL MONDO, IN QUELLO STESSO PERIODO, I POPOLI SI SONO FATTI SENTIRE TRANNE CHE IN QUELLE ITALIANE.

genova-grillo

Sta per uscire di scena, per il nostro Paese, l’ipotesi (quella sera, viceversa, era a portata di mano dal momento che sarebbe bastato qualche sano e non violento “calcio in culo”) di una democrazia matura e partecipata. Matura e partecipata, anche grazie alla rete che tanto era stata amica del M5S e della convocazione dei cittadini in piazza in quella occasione. A questo punto della drammatica vicenda in corso (o non è più drammatica?), Beppe Grillo potrebbe cortesemente raccontare – dettagliatamente – quelle ore passate dentro al camper mentre un mare di italiani, onestamente incazzati, lo aspettavano a Roma per l’auspicabile, necessaria  e salutare “spallata” al regime partitocratico?

m5s-sondaggi

Secondo voi, se questo marginale e ininfluente blog, continua a chiedere cosa sia successo nelle ore che andarono da quando i cittadini incazzati erano scesi in piazza fino al “non” arrivo di Beppe Grillo, ci sarà o no un motivo? Facciamo ad esempio il caso che, come è legittimo fare – con le autorizzazione dei titolari – si esaminino i tabulati (le prestazioni obbligatorie di cui spesso vi abbiamo parlato) relativi alle utenze telefoniche, che “gipiessate”, viaggiavano a bordo di quel camper e, per conoscere la verità di quegli avvenimenti convulsi, si rendesse noto con chi parlò (non cosa si dissero che sarebbe una gravissima violazione di legge) Beppe Grillo durante il percorso. Sarebbe interessante o no? Come insegna il maestro di questa materia, Gioacchino Genchi, i tabulati intelligenti parlerebbero da soli. Non solo conosceremmo la velocità, le soste, le deviazioni di percorso ma alla fine, capiremmo dopo quale telefonata la vettura ha cambiato strada e con essa la storia di questo troppo e da troppo tempo preso per il culo Paese. Intanto, cortesemente e semplicemente, appuriamo subito “chi telefonò e a chi”. Poi, sarà compito della rete e dei cittadini organizzati nel M5S di chiedere, legittimamente ma con fermezza, a Grillo di dire cosa si sia detto in quelle telefonate. Con chi, a quel punto, lo sapremo già, grazie alle oneste ed autoapprendenti macchine elettroniche. A questo, tra l’altro serve l’elettronica. Tutto quanto non è morbosa curiosità o volontà di mettere in difficoltà qualcuno ma ci sono mille modi per deviare il corso degli avvenimenti e, un genovese quale è Giuseppe Grillo dovrebbe – ad esempio – sapere che se le imbarcazioni su cui viaggiavano i Mille garibaldini, partiti da Quarto, non si fossero fermati a Talamone, lo sbarco in Sicilia non ci sarebbe mai stato. E questo – ancora affettuosamente – lo diciamo all’uomo che seppe coraggiosamente sbarcare in Sicilia… a nuoto. Le correnti dello Stretto dovevano essere ben più “spaventose” di una telefonata a bordo di un camper e, invece…evidentemente, non è stato così.

GrilloFool

Oreste Grani/Leo Rugens sempre più determinato a sapere come andò quella sera.


SE QUELLA SERA GIUSEPPE GRILLO DA GENOVA FOSSE ARRIVATO A ROMA, OGGI SAREMMO A QUESTO PUNTO?

Lucio Barani

Si dice che Dio misericordioso prima li fa e poi li accoppia. La volgarità e la tradizione maschilista accomuna certamente Denis Verdini e Lucio Barani.

I ragazzacci già forzaitalioti e mercenari ora, sono entrambi di Aulla (anche Bondi è di quelle parti), comune famoso a me per il più grande ritrovamento d’Italia, su terra ferma, di cocaina. Il carico fu rintracciato in un capannone che, a mala pena, conteneva il muro ciclopico della sostanza stupefacente.

Che c’entra questo ricordo con le volgarità dei due energumeni già entrambi mestatori para massonici (Lucio Barani ha anche un passato nel PSI, se ben ricordo) e oggi scherani di Matteo Renzi e della eterea ministra Elena Boschi? Ovviamente niente, fino a prova contraria. E questo lo scrivo per il piacere di comminare una pena mediatica adeguata (cinque giorni di sospensione per tale pendaglio da forca mi sembrano un buffetto al Totò Riina della politica partitocratica) fatta di offese permanenti, di riferimenti allusivi, disinformazioni informanti appositamente costruite su misura per loro e i loro seguaci e messe in rete fino all’ultimo giorno della loro vita politica. Se ancora esistesse il Male basterebbe affidare la cronaca di questi giorni a quei geni per vedere centrare con le esagerazioni paradossali e la satira spinta fino all’impossibile, la verità che c’è ma non si vede sui vizi e i comportamenti pubblici/privati di quella banda di aullini che si è fatta re e a cui vilmente consentiamo di controllare il Parlamento e la modifica della Costituzione.

Aulla é piccola e mi sono sempre chiesto con che coraggio i trafficanti avessero deciso di scegliere proprio quel posto senza le dovute coperture.

Le coperture, quando si fanno scelte di quelle dimensioni (centinaia di milioni di euro di merce), possono essere anche istituzionali o paraistituzionali. Comunque, rimane una  storia inquietante quella del maxi carico di Aulla, cittadina dove non si muoveva chilo di carne senza che Verdini ne venisse infornato. Chili di carne e non di coca, amico Grani. Cominci a rincoglionirti. Che c’entra Verdini con la cocaina non essendone né un assuntore né, tantomeno, un trafficante? Caro Oreste, lo vedi che sei rincoglionito, ti confondi con Pino Galati che è calabrese e non di Aulla che è in Lunigiana.

Lucio Barani2

La vena craxista (corruzione, zoccolone, gioco d’azzardo, massonerie, criminalità meneghina e, soprattutto, fiumi di cocaina) rispunta al momento opportuno e l’idea che esistano donne che non sono pronte a succhiarlo al potente (si fa per dire!) di turno è impensabile per questa feccia che aveva come mito il “cinghialone”, l’Hotel Rafael, i vestiti strappati alla disponibile Moana Pozzi.  I verdiniani, nostalgici del craxismo puttaniere, andavano abbattuti a calci in culo altro che lasciarli arbitri delle sorti della Repubblica. Comunque, per chi fosse a corto di idee e modelli di riferimento, suggerisco di riguardarsi i filmati relativi alla vertenza Air France e come si trattano, nei paesi a seria tradizione giacobina, i responsabili dei danni alla cosa pubblica.

Il limite di Mani Pulite? Non aver fatto Piazza pulita di questa feccia quando era “in fiore”. Il limite di Davigo e Colombo? Non aver reciso il filo rosso che negli anni ha congiunto il malaffare eversivo praticato nei Palazzi con quanto accade nel Parlamento repubblicano oggi. Questi massoncelli parapiduisti andavano all’epoca scovati, casa per casa, fogna per fogna e messi nelle condizioni di non nuocere più alla collettività. A vita. Si racconta, per farne un mito, di alcuni di loro che si suicidarono. Sempre in troppo pochi ebbero quel coraggio autopunitivo  ora che devo assistere allo messa in catene di un intero popolo ad opera dei loro sopravvissuti. Nel 1953, anno della Legge Truffa, mentre in Parlamento si discuteva animatamente, su un giornale di  dibattito politico minore si potevano leggere queste  parole a firma di Piero Gilardoni:” Non è che si vogliano qui riesumare certe teorie di …qualunquistica memoria (lo “Stato amministrativo” di Guglielmo Giannini), ma è indubbio che, se non si vuole che  ilParlamento, e quindi il sistema democratico parlamentare, scada nell’opinione pubblica, con tutte le dannose conseguenze che ne derivano, la selezione dei rappresentanti politici è una vera e propria esigenza che va tenuta presente.

Mario Ferrara, nell’articolo pubblicato sul “Giornale d’Italia” del 4 febbraio 1953, si pone il problema e dichiara che per la nuova Camera si prospetta la necessità di pensare alla riforma della legge elettorale col ritorno al sistema del Collegio uninominale, appunto allo scopo di far sì che chi voglia diventare deputato, debba cominciare con il dimostrare di meritare di essere candidato.

Ma è evidente che se la nuova Camera dovesse essere eletta col sistema proporzionale maggioritario della legge attualmente all’esame del Senato, e, in tale ipotesi, se la coalizione dei quattro partiti dovesse raggiungere il 50,01 per cento dei voti, fruendo così del premio di maggioranza, sarebbe follia sperare che i Deputati di maggioranza, del 1953, si convincano a ripudiare un sistema elettorale che li avrà comodamente portati alla tribuna elettorale.”

E, aggiunge Orestino Granetto, all’epoca i parlamentari guadagnavano quattro baiocchi. Figurarsi oggi. Come vedete, in modo documentato, il problema era ed è il reclutamento, la selezione, la formazione del ceto politico. Se il reclutamento, la selezione e la formazione consistono nel piazzare al comando i propri affiliati in loggia, fatti servi dall’occultismo e dalle ritualità manipolative, che speranza ha la Repubblica e di conseguenza la qualità della vita dei suoi cittadini? In tali frangenti e prassi è normale che gentaccia, così cooptata, ritenga che simulare il gesto del “pompino”,” bocchino”, “lallone” verso le colleghe avversarie di idee sia normale anzi auspicabile.

Il mestiere di profeta (sempre difficile!), in politica lo è particolarmente ma provo ugualmente a “profetizzare” un fatto traumatico che risolva tale groviglio putrescente. Altra via non vedo perché pur di non far vincere democraticamente il M5S questi “norcini” sono pronti a tutto. Nella boxe, si direbbe che “vanno presi d’incontro con un diretto”.

Come vedete, alla luce di quanto ogni giorno accade, continuo a chiedermi se saremmo a questo punto se quella sera Beppe Grillo fosse arrivato a Roma quando i veri vincitori della tornata elettorale chiedevano che a Capo dello Stato fosse posizionato, per volontà popolare, Stefano Rodotà.

E non Giorgio Napolitano, persona profondamente antidemocratica, antiliberale, neoaristocratico, ur-logista affiliato alla sanguinaria “Three Eyes”.