Siamo messi malissimo a Milano, un po’ meno a Roma
LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA INDAGA IN LOMBARDIA E MARONI ROBERTO SI STUPISCE
Questa è una notizia: Maroni Roberto detto Bobo si dice sorpreso per l’arresto di Leonardo Boriani, ex direttore della Padania, nella recente operazione della DIA riguardante sanità e tangenti in Lombardia. Ma di che cosa si sorprende l’ex ministro secessionista degli Interni? Non conosce forse la DIA, della quale è stato il capo da ministro? Non conosce lo stato putrescente nel quale versa la regione della quale è governatore e del mefitico intreccio tra ‘ndrangheta e amministrazioni locali? Non li legge i giornali? Ha mai letto i rapporti del Dipartimento di sicurezza del “suo” ministero?
Maroni dura minga, non può durare… e la DIA se li porta via!
La redazione
P.S. Cosa sia la DIA lo potete apprendere direttamente dal sito istituzionale, clicca qui
Sanità, tangenti in cambio delle forniture:ex direttore della ‘Padania’ fra i 7 arrestati
Nell’operazione della Dia arrestati l’ex direttore Boriani, l’ex consigliere regionale Guarischi e tre imprenditori. Coinvolti il San Paolo, l’Istituto nazionale tumori e l’Asl di Cremona. Indagato il direttore generale della sanità lombarda Lucchina, braccio destro di Formigoni: La Dia: “Una rete di complicità nel mondo delle istituzioni”
di DAVIDE CARLUCCI
Tangenti in cambio di forniture per gli ospedali. Sono sette gli arresti eccellenti – eseguiti su richiesta dei pm Claudio Gittardi, della Direzione distrettuale antimafia (Dda), e Antonio D’Alessio – e 20 gli indagati nell’operazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Milano scattata all’alba. Un blitz che colpisce al cuore il sistema della sanità lombarda. Gli investigatori della Dia parlano di una “ramificata rete di complicità nel mondo sanitario e istituzionale” e di un giro di appalti da milioni di euro.
Le indagini riguardano, in particolare, la manutenzione di apparecchiature elettromedicali e di diagnostica tumorale in vari ospedali lombardi. In manette Massimo Guarischi, 49 anni, ex consigliere regionale di Forza Italia vicino all’ex governatore Roberto Formigoni, già condannato in via definitiva nel 2009 per corruzione negli appalti per il dopo alluvione;Leonardo Boriani, 66, giornalista, ex direttore della Padania; tre imprenditori della famiglia Lo Presti di Cinisello Balsamo, titolari della società Hermex Italia (Giuseppe Lopresti, 65 anni, e i figli Salvo Massimiliano, 43, e Gianluca, 39); Luigi Gianola, 65, direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Sondrio, e Pierluigi Sbardolini, 61, direttore amministrativo dell’ospedale Mellino Mellini di Chiari nonché ex direttore del San Paolo di Milano.
Ed è proprio da qui, dalle indagini per la morte sospetta di Pasquale Libri – il genero del boss della ‘ndrangheta Rocco Musolino, funzionario del settore appalti intercettato con l’ex direttore della Asl di Pavia, Carlo Chiriaco, e poi precipitato dall’ottavo piano del nosocomio milanese per un suicidio dai contorni mai del tutto chiariti – che sono partite le indagini su un sistema di corruzione che va oltre la sfera di influenza delle cosche ed è tutto interno al mondo dei colletti bianchi e della politica lombarda. “Spero che la giustizia faccia in fretta il suo corso, ma questo mi pone l’obbligo, da governatore, di fare luce su tutte queste vicende e garantire sulla sanità una gestione limpida e trasparente oltre che efficiente”, è stato il primo commento del neopresidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che si è detto sorpreso per l’arresto di Boriani. Maroni ha aggiunto che il tema della trasparenza sarà “il primo compito che porterò alla prima riunione di giunta della prossima settimana”.
Nell’inchiesta è stato riscontrato un passaggio di denaro documentato, 85mila euro versati in più soluzioni, tra Guarischi e l’imprenditore Giuseppe Lo Presti. La somma sarebbe legata all’acquisto, da parte dell’Azienda sanitaria di Cremona e dell’Istituto nazionale dei tumori, di un macchinario diagnostico commercializzato dalla ditta di Lo Presti. Guarischi risulta inserito nella vicenda per l’acquisto del macchinario diagnostico da parte delle due strutture sanitarie lombarde, ma il risultato oggi presentato dalla Dia in generale “non è definitivo – hanno spiegato gli inquirenti – E gli episodi fanno pensare a una seconda fase”. Il “passaggio” degli 85mila euro ha come premessa “una finanziaria di Lugano e fatture emesse da ditte compiacenti italiane, documentazioni false da spesare che hanno reso possibile l’arrivo in Italia del denaro”. Guarischi – si legge nell’ordinanza del gip Fabio Antezza – era “in stretto collegamento con i vertici della Regione Lombardia e con alcuni dirigenti di aziende ospedaliere” e operava in “qualità di intermediario nei rapporti” fra gli imprenditori “e i pubblici ufficiali”.
L’operazione, denominata ‘La Cueva’, è stata coordinata dal colonnello Alfonso Di Vito (Dia). Fra gli indagati ci sono, oltre al direttore generale della Sanità lombarda, Carlo Lucchina, numerosi altri manager pubblici degli ospedali di Chiari, di Cremona, di Valtellina e Valchiavenna (Sondrio) e dell’Istituto nazionale tumori: Danilo Gariboldi, direttore generale del Mellino Mellini di Chiari; Simona Mariani, direttore generale dell’ospedale di Cremona; Gerolamo Corno, direttore generale dell’Istituto tumori di Milano; Pierguido Conti e Vincenzo Girgenti (General elettric medical systems Italia di Milano); Alessandro Pedrini, già dipendente della Regione Lombardia; Massimo Streva (Fratelli Scotti, impresa edile di Cinisello Balsamo); Battista Scalmani (BS Biotecnologie di Bergamo); Carlo Barbieri (Brainlab Tecnologie di Milano); Giuseppe Barteselli (dirigente dell’ospedale San Gerardo di Monza); Bruno Mancini (Biemme Rappresentanze di Roma). L’operazione comprende una cinquantina di perquisizioni, tra le quali una presso una finanziaria con sede in Svizzera e che avviene tramite rogatoria internazionale.(12 marzo 2013)
Oggi siamo al 19 febbraio 2016 e sono passati oltre mille giorni dagli avvenimenti a cui il post si riferisce facendo uso di parole dure, parole incontrovertibili, parole fortemente responsabili, al di là dei toni volutamente scherzosi. Quelle che usammo il 12 marzo 2013 (manca meno di un mese al terzo anniversario) per descrivere il groviglio Maroni/sanità lombarda che uomini e donne della DIA avevano evidenziato con importanti arresti non certo per farneticare o passare le giornate necessarie al conseguimento della pensione, sono oggi ancora più opportune. In questi tre anni (!) non sono mancati altri gravi episodi investigativi-giudiziari dedicati agli stessi ambienti politici leghisti, ai vari collaboratori stretti di Maroni e adesso al duro xenofobo, lepenista, putiniano Matteo Salvini. Gravi gli episodi del 2013 (settori della sanità legati anche ai tumori!), gravi i comportamenti dei coniugi Rizzi.
Eppure, pur indeboliti, i seguaci di don Giussani e di Gianfranco Miglio (un po’ in Forza Italia, un po’ nella Lega) stanno ancora “in sella”, pronti a far votare quale sindaco di Milano, le proprie famiglie e quelle dei propri famigli, per l’ineccepibile, efficientissimo manager ex Telecom di Tronchetti Provera (il massimo dello schifo forse in gara per il titolo solo con quella di Colaninno e soci) Giuseppe Sala.
E più ne arrestano, più ne incriminano, più ne indagano e più li trovi ovunque a saccheggiare la cassa della collettività. Sembra uno di quei film-horror sugli zombi che non muoiono mai in quanto zombi.
La verità è che, come sanno gli amici che ci seguono e che ci conoscono anche nel privato, il male opera full time, imballato di larghi mezzi finanziari precedentemente sottratti e utili, al momento opportuno, ad ungere e pagare laute parcelle per far sembrare innocenti i delinquenti mentre le Forze dell’ordine e la Magistratura tutta, fino a quella giudicante, stando con un ciabatta e un piede nudo, possono lottare solo part time contro l’Idra dalle cento teste. Vengono arrestati o incriminati e poi scatta l’operazione oblio che fa arrivare al paradosso che gli ambienti dei criminali accertati di cui sopra indicano in Sala il loro “campione” e i cittadini, nella loro maggioranza, non riescono a fare “due più due” o semplicemente “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” e pensano che il duttile semi-perbene Sala sia avulso dal sistema di potere che produce i criminali di cui parliamo. Il fenomeno dei cinesi che nulla sanno di Sala se non che è quello che la loro mafia dice che devono votare, è poca cosa rispetto ai ciellini e gli ‘ndranghetisti che indicano ai calabresi, aventi diritto al voto, il nome dell’uomo efficiente e affidabile per …farli tornare a cannibbalizzare i beni della collettività milanese. Possibile che non si capisca che se uno è gradito agli Al Capone (scusandomi per il vecchio “Al “) un motivo ci deve pur essere? Un settore “grasso” come la sanità (che siano tumori o carie dentarie poco conta) viene sistematicamente preso d’assalto e a nessuno viene in mente di cancellare dalla propria visuale i nomi dei candidati graditi ai “grassatori”?
Quella di Sala è come la candidatura a Roma di Alfio Marchini, nipote di Alfio Marchini (personaggio che sento spesso nominare in tv dal nostro rimuovendo il particolare che suo nonno era miliardario e commmmunista e che lui con i soldi del nonno miliardario e commmmunista, ci ha giocato per anni a polo, cioè il gioco di squadra più expencive del mondo e che quando parla delle periferie disastrate della Capitale (anche ieri arresti e incriminazioni nel settore “palazzinari e affini”) parla dello scempio che i vari Alfio Marchini (suo nonno), Francesco Gaetano Caltagirone, Roberto Petrassi, tutti i Mezzaroma, gli Erasmo Cinque e poi più recentemente i Toti con la Lamaro hanno compiuto.
L’ex sempre ridente Marchini sembra rimuovere di essere pupo e puparo in questo mondo di palazzinari.
Quando si arriva a questi nomi noi andiamo a consultare la Bibbia con cui ci diletta (e ci ammonisce) Alberto Statera (“Il Termitaio”pagine 165-170) descrivendo il groviglio putrescente che comandava a Roma prima di Alemanno, con Alemanno e che vorrebbe riprendere a comandare o con un piddista (che brutta fine ha fatto Roberto Giachetti) o con Alfio Marchini:
La città/Capitale, di cui spero nessuno sia soddisfatto, ci è stata allestita e rifilata, per decenni, da questa banda di “immobiliaristi” che anche ieri come ho accennato hanno conosciuto il fastidio di vivere in una Repubblica dove ogni tanto la Magistratura e Forze dell’Ordine riescono a pizzicarne uno. Ieri è stato il turno di Bonifaci, proprietario del Il Tempo, testata che dà lavoro e spazio alle veline di Luigi Bisignani, lobbista che si intende sia di potere corrotto che di tipografie. E’ stato Bonifaci, ma poteva essere un altro. Bene, questi signori, mentre Buzzi, Carminati, Odevaine e decine di altri spilluzzicavano (cosa gravissima ma questo facevano!), prendevano tutto il resto del fatturato che si produce a Roma sotto qualunque tipo di attività. Tranne quelle specifiche della criminalità che, ovviamente, mentre vuole entrare nel mattone non gli fa mettere il naso nella droga (se non come assuntori), nella prostituzione (se non come frequentatori di ragazze, ragazzi o trans che dir si voglia), nel gioco (se non come frequentatori di bische quali sono i loro circoli esclusivi). La criminalità, dimenticavo di dire, che non solo pretende di riciclare nel mattone ma impone ai signori di cui sopra di cedergli le attività aperte al pubblico come bar (ricordate il Caffè de Paris e la famiglia Todini?), ristoranti o allestimento degli spettacoli e delle grandi kermesse, tipo “Estate romana”, dove scorre a fiumi birra e ogni genere di conforto. Investigazioni difficili quelle legate all’Estate Romana ma possibili soprattutto se chi di dovere, dovesse trovare un “Virgilio” disponibile per inoltrarsi in questo inferno. Ma perché si deve amministrare bene un città e guadagnare onestamente quando ci sono a disposizione tutti i gironi danteschi che si vuole? Soprattuto a Roma speriamo in una mossa del Cavallo a 5 Stelle. Vediamo a ore chi sarà il campione o la campionessa come, a Leo Rugens, ci auguriamo che sia stanchi di tanti avvizziti uomini che dichiarano ogni volta di Amare Roma ma che da veri maschilisti anelano solo di sodomizzarla e poi, a cose fatte, ancora una volta buttarla in un fosso. Eventualmente scegliendone uno della Magliana o della Bufalotta.
Torniamo al Nord.
A Milano, negli ultimi anni, Pisapia ha fermato, per un batter di ciglio, il saccheggio. Poi stanco (o altro?) ha deciso di lasciare la guida e organizzare la sconfitta di quella parte della cittadinanza che lo aveva con slancio sostenuto. Ora vediamo se il M5S riesce, nella sua semplicità, a sparigliare.Difficile!
Tra Comunione e Liberazione, Leghisti affamati, ‘dranghetisti che sanno quello che che vogliono e che mobilitano i loro voti, avanzi di farneticatori di un ritorno del Berlusca, cinesi abili calcolatori e disciplinati come una sola “Triade”, quattro deficienti di sinistra che pensano di votare contro la destra votando Sala, il sistema d’affari della famiglia La Russa, questi ed altri che mi sfuggono, tutti uniti nel “segreto” della democratica (!) urna, eleggeranno il sindaco del dopo Expo, cioè Giuseppe Sala. Se non è dittatura questa, quale forma di governo si deve così chiamare? Certo rimangono gli Assad, gli Al-Sisi e il nord coreano Kim Yong Un.
E quindi la legittima rivolta contro il tiranno.
Oreste Grani