Speciale “Fine della Privacy” – Prima Puntata
Leggo il pezzo che riportiamo in calce al nostro post e mi chiedo in che mondo vivano i redattori de Il Foglio, tenendo conto che, tra i giornalisti italiani, sono certamente tra i più preparati e acculturati. “Dove volete parare con questo branetto?”, direbbe l’insuperabile ibrido Crozza/De Luca se vi avesse preso di mira. Dovevate, per motivi che potrebbero non sfuggirci, citare lo sfortunato Hacking Team?
Ma, nel fare sofisticato aggiotaggio dove vi “approvvigionate” di informazioni intorno a questo tema strategico, con l’assoluto rispetto dovuto al magistrato Piero Tony di cui apprezziamo la sensibilità relativa all’argomento?
Decidiamo, seduta stante, che per simpatia (giusto quella!) agli elefanti (in questo caso all’Elefantino Ferrara e ai suoi trascorsi nella CIA) e alla loro proverbiale “memoria”, vi segnaliamo, da oggi, alcuni post che dedicheremo al tema “Fine della Privacy”.
Perché il dubbio, in materia, nessuno può averlo. La Privacy è finita, punto e basta. E lo è, formalmente e per notorietà negli ambienti scientifici, da oltre dieci anni! Arrivare ora a ingenerare dubbi è imbarazzante, per voi (sia pur mal pagati, ma pagati), per il vostro direttore Cerasa (ben pagato) e per i vostri editori (straricchi). Il denaro deve servire pur a qualcosa, ad esempio a riconoscere l’eleganza della verità.
I grafici, le illustrazioni, le ricostruzioni su casi realmente accaduti, i commenti sul tema, libri usciti in quegli anni, sono datati volutamente una decina di anni addietro e questo lo facciamo per mostrare a che punto siamo nella libera informazione italiota. Non idiota ma poco ci manca! Andiamo indietro con la nostra sgarrupata “Macchina del Tempo” ma – per ora – non riveliamo la fonte usata per rifornire i nostri post e lo facciamo, costruttivamente, per non infierire. Spero che in molti sappiate cosa sia successo in termini di innovazione tecnologica negli ultimi 10 anni! Per questo siamo andati indietro di almeno due lustri così non dovevamo, dopo questa premessa, nelle varie puntate che dedicheremo al tema, ribadire cosa pensiamo dei superficiali disinformatori che, per primi, per punizione, non dovrebbero aver diritto alla privacy.
Cominciamo oggi con un brano a firma di una signora preparata nella materia ma di cui volutamente non facciamo il nome o il gioco si farebbe troppo facile. Per ora, se la materia vi interessa, godetevi alcune riflessioni sulla Privacy 2.0
Il brano è decisamente lungo ma non poteva essere in alcun modo tagliato. Soprattutto da parte di incompetenti quali riteniamo di essere nella materia cuore della convivenza tra gli esseri umani per i quali comunicare è essenziale e dove la privacy della stessa comunicazione è fondamentale sia per la sicurezza nazionale sia per la democrazia. Lo presentiamo quindi diviso in tre puntate. Vedete voi se vi sembra materiale degno di qualche attenzione.
Per quanto riguarda noi personalmente proviamo ad inoltrarci – nuovamente – su tale terreno periglioso dove avevamo saputo, oltre dieci anni addietro, dire la nostra. Sempre ritenendo, ieri come oggi, di servire la Repubblica e il suo popolo sovrano.
Oreste Grani
La privacy è una specie di test di Rorschach pubblico: basta la parola per dare il via a discussioni infuocate. C’è chi si preoccupa degli abusi di potere dei governi; chi arrossisce del proprio passato di droga e sesso; chi si indigna perché le aziende raccolgono dati privati per indirizzare la pubblicità, o perché le compagnie assicurative scavano nei dati medici personali per negare a determinate persone la copertura di una polizza.
Alcuni temono un mondo pervaso dalle esigenze commerciali, in cui si usano i dati per classificare le persone nell’uno o nell’altro dei vari «segmenti di mercato», in modo da rispondere meglio a i loro più riposti desideri o per sfruttarne i più frivoli capricci. Altri si inquietano per possibili forme di intrusione statale o di condanna sociale. In genere queste paure sono presentate come questioni di scelta: tra privacy da un lato e cure mediche efficaci dall’altro; tra privacy e contenuto gratuito (ma basato sulla pubblicità) dall’altro: tra privacy e sicurezza. Non sono discussioni nuove ma oggi stanno tornando alla ribalta, e a prestarvi attenzione non sono più soltanto gli specialisti, gli addetti ai lavori e un piccolo numero di ostinati difensori della riservatezza personale.
L’erosione della privacy è indiscutibile. La maggior parte degli statunitensi oggi è in rete, e quasi tutti ci siamo chiesti almeno una volta «ma come hanno fatto a sapere questa cosa?» Il governo oggi in carica sta ripetutamente violando la riservatezza dei cittadini, e al tempo stesso aumenta le sue attività segrete, È diventato difficile agire nell’anonimato se qualcuno – specialmente il governo – fa ogni sforzo per individuarvi.
Tuttavia sono emersi motivi nuovi, e cogenti, per rivelare informazioni attinenti alla propria sfera privata. La medicina personalizzata sta per diventare realtà. Le dettagliate informazioni sanitarie e genetiche contenute nelle storie mediche private offrono un enorme potenziale di accrescimento del benessere sociale generale, sia in termini di cure individuali sia con l’analisi delle statistiche epidemiologiche delle popolazioni. Molte persone si divertono nella condivisione di informazioni personali sul Web. E la minaccia del terrorismo ha indotto molti a cedere informazioni private in cambio della promessa di tranquillità e sicurezza.
Gran parte della privacy che davamo per scontata era in realtà la conseguenza dei limiti delle capacità di ricerca e raccolta delle informazioni. Ma questi limiti oggi sono quasi tutti scomparsi. Come se fossimo tutti divi del cinema, i nostri movimenti possono essere sorvegliati, e chiunque può commentare il nostro peso e il taglio di capelli o impicciarsi delle nostre relazioni romantiche.
Per inquadrare meglio la discussione vorrei individuare tre punti, fra loro ortogonali.
In primo luogo, quando si definisce la rivelazione di determinate informazioni come una violazione della privacy, è utile distinguere i danni obiettivi che potrebbero derivarne – frodi, negazione dell’accesso a servizi, negazione di libertà – dagli eventuali danni soggettivi, cioè dal percepire come un danno il solo fatto che un’altra persona conosca le nostre informazioni private. In molti casi si chiama «violazione della privacy» ciò che in realtà è una violazione alla sicurezza o un danno finanziario: se a essere rivelato e usato indebitamente è il vostro codice fiscale, la privacy non c’entra: è un problema di sicurezza. Quando si tratta di una vera violazione della privacy, invece, il «danno» percepito dalla persona è soggettivo e personale. Invece di tentare di definire la privacy per tutti e per ogni circostanza, la società dovrebbe dare alle persone gli strumenti per controllare l’uso e la diffusione dei loro dati. L’equilibrio tra segretezza e apertura è una preferenza individuale, ma l’esigenza di strumenti, e persino di leggi, per mettere in pratica quella preferenza è generale.
In secondo luogo, mentre si ridisegnano i confini tra pubblico e privato salvaguardare il diritto dei singoli a conoscere e riferire le attività di organizzazioni potenti come governi o grandi aziende è un elemento chiave per tutelare la libertà e bilanciare gli interessi dei singoli e quelli delle istituzioni.
Il terzo punto riprende il primo: nel valutare i mutamenti delle aspettative in materia di privacy è importante riconoscere il carattere composito del controllo personale dei dati. La privacy non è a taglia unica: persone diverse in momenti diversi hanno preferenze diverse su ciò che accade alle loro informazioni personali e chi può conoscerle. Certo, imporre le proprie condizioni può essere difficile o impossibile in situazioni di coercizione; trattando con strutture governative, per esempio, o con organizzazioni come un datore di lavoro o una compagnia assicurativa, da cui si vuole ottenere qualcosa. Spesso però le persone sono in una posizione più forte di quanto credano. E oggi stanno entrando in possesso degli strumenti e delle conoscenze necessarie per sfruttare quella posizione. La sicurezza non è l’unico problema pubblico che viene scambiato con la privacy.
Per esempio molte questioni di riservatezza in medicina e genetica sono in realtà problemi di denaro e assicurazioni. È giusto che le persone in cattiva salute siano costrette a pagare di più per ottenere le cure mediche? Se si pensa di no, può essere inevitabile concludere che a queste persone va tacitamente permesso di mentire. Questa conclusione è spesso presentata, in maniera fuorviante, come una forma di protezione della privacy, mentre il vero problema è il modo di fare affari del settore assicurativo negli Stati Uniti. La gente non darebbe tanta importanza alla privacy in campo medico se rivelando la verità sulla propria salute, non si esponesse a spese mediche e premi assicurativi più onerosi.
La crescente trasparenza dei tradizionali confini personali messa in moto da Internet costringerà ad affrontare alcune questioni etiche che non sarebbero emerse quando le informazioni erano separate in modo più netto.
In sintesi:
• In molti casi l’erosione della privacy può essere meglio compresa in termini di danni d’altro tipo.
• A volte si parla di «perdita della privacy» quando si dovrebbe parlare di perdita di sicurezza.
• Molte delle preoccupazioni per la riservatezza dei dati genetici (anche se non tutte) sparirebbero se le cure mediche fossero accessibili a tutti.
• I cittadini devono avere il diritto di controllare le attività del governo e dei pubblici funzionari, e di far circolare le informazioni in proposito.
• Le persone si stanno impadronendo di strumenti efficaci per controllare quali informazioni personali desiderano comunicare, e a chi.