Così si uccide la Verità, signor Calabresi! Regeni merita ben altro

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Abdel Fattah al-Sisi

Con l’intervista ad al-Sisi, presidente dell’Egitto, Mario Calabresi neo direttore di Repubblica, ha dato al mondo una importante lezione di giornalismo su come si ammazza la verità, ma se credete che ci berremo la balla del “gatto morto” gettato tra le gambe di al-Sisi per incrinare gli splendidi rapporti politico-commerciali italo-egiziani benedetti dal ritrovamento di un gigantesco giacimenti di gas da parte dell’ENI, siete scemi.

Che l’intervista ad al-Sisi di Mario Calabresi e Gianluca Di Feo apparsa su Repubblica (16marzo 2016) sia una mossa meditata del Grande gioco lo escludo, a me pare solo una “stronzata” per distrarre il pubblico dalla verità. Come dice bene Carlo Bonini, la verità è molto costosa e di sicuro l’Egitto quel prezzo non se lo può permettere e nemmeno Calabresi a quanto pare.

La pena di vedere trattare la memoria di Regeni com’è stato fatto da Calabresi-Di Feo dimostra la subalternità culturale di un giornalismo incapace di elaborare un pensiero autonomo rispetto al Grande gioco.

Eppure, per le ben note ragioni, Calabresi dovrebbe essere avvezzo a pensare che la Luna abbia una faccia invisibile agli esseri umani privi degli strumenti necessari, e invece eccolo al cospetto di al-Sisi bersi un mucchio di cazzate, compresi gli avvertimenti mafiosi e la ciliegina del mistero della scomparsa di tale Adel Moawad Heikal (due giorni prima il Messaggero “scopre” la sua scomparsa avvenuta cinque mesi fa!).

Chi sia Adel Moawad Heikal – forse un Regeni egiziano? – non ce ne frega una beata minchia a meno che non sia proprio un “Regeni” egiziano, il che confermerebbe che il Grande gioco non è roba per i Calabresi.

Chi sia Regeni è bene ricordarlo sebbene le tracce del suo passato (il profilo su Linkedin appare cancellato) siano un po’ confuse, così ci avvaliamo di un articolo di Panorama abbastanza significativo (che sia corretto è un’altra questione):

Doti notevoli quelle di Giulio: dai 12 ai 14 anni era stato sindaco dei ragazzi del suo comune, poi aveva lasciato Fiumicello per frequentare il liceo a Trieste, al Petrarca. Poi, l’estero: una borsa di studio, gli ultimi tre anni di liceo nel New Mexico, negli Stati Uniti, nel Collegio del Mondo Unito. Infine l’Università in Inghilterra. Prima a Oxford dove ha conseguito una laurea a indirizzo umanistico e poi il dottorato a Cambridge, che lo aveva portato al Cairo, a settembre dove faceva ricerche per una tesi sull’economia locale.

Appassionato di studi sul medio oriente, capace di parlare arabo e inglese alla perfezione, aveva vinto due premi nel 2012 e nel 2013 al concorso internazionale ”Europa e giovani” promosso dall’Istituto regionale per gli studi europei per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente.

L’immagine non coincide esattamente con quella di chi lo ricorda attaccabrighe, traffichino, sempre in movimento e senza un soldo dalla famiglia, e viene da chiedersi con che denaro sia riuscito a pagarsi la costosissima Oxford, per esempio, ma forse siamo noi un po’ ignoranti dei meccanismi meritocratici anglosassoni che evidentemente finanziano lautamente giovani intelligenti e di belle speranze.

Così Calabresi e il suo editore hanno inferto un’altra coltellata alla verità – immagino come Giuseppe D’Avanzo si rivolti nella tomba – permettendo all’egiziano di insinuare, minacciare, depistare, distrarre e diciamolo infangare con le sue bugie la memoria di Regeni. Oppure, ma ciò non l’abbiamo letto, al-Sisi non controlla gli apparati repressivi, investigativi nonché i servizi del suo paese, il che sarebbe una notizia davvero esplosiva.

Dionisia

VEDRO' 2007

Mario Calabresi