Può succedere di tutto ma non che la Meloni batta Virginia Raggi
Giorgia Melllllloni, rommmmana de’ Roma, ha scelto di lanciare se stessa nella corsa a chi guiderà questa città incontrando i giornalisti al Pantheon in modo da trovarsi già limitrofa a dove poteva tornare a vaneggiare delle sue velleità. Non che non possa succedere di tutto in questo Paese e nella sua capitale se un mascalzone, spinto da mascalzoni, circondato da mascalzoni come Gianni Alemanno è diventato sindaco. Certo, può succedere di tutto, anche che uno zero spaccato come l’ex missina, già fedelissima di Alemanno, politico amatissimo (provate a non dimenticarlo mai) dalla Banda Carminati-Buzzi-Odevaine, da Gaetano Francesco Caltagirone, paradossalmente dal Gen. Mario Mori e da Gianni Letta (fino a quando non dovesse pervenire smentita) vada al ballottaggio. Può succedere di tutto, compreso che vinca. Potrebbe accadere ma… non accadrà. Se accadesse, vedremo quali contromisure, legittimamente, prendere. Comunque, tornando a Giorgia, sarebbe stato più “fico”, più d’effetto, più trascinante le falangi elettorali dei Fratelli d’Italia se Rampelli, che vedevo durante la conferenza stampa/annuncio in Piazza, torvo in viso, a fianco/dietro la Giorgia nazionale, l’avesse convinta a prendere lo 0,75 (è una linea dell’ATAC) che, da Ponte Mammolo (si raggiunge con la mitica linea B!) porta fino a Ponte di Nona. Zone toste dove in molti avrebbero desiderio di votare per l’ex seguace di Alemanno se sapessero chi è e se l’avessero qualche volta vista in mezzo a loro. Una fonte solitamente bene informata, mi ha sussurrato che la Meloni voleva fare la conferenza stampa a bordo del mezzo Atac 0,75 ma quelli del suo staff, tutti ex della destra sociale, hanno inutilmente cercato quel numero “profetico” ma non lo hanno trovato. Il bus, alla fine, è stato rintracciato, grazie al GPS, ma si è rivelato, nel mondo reale, inesistente, nonostante le garanzie offerte dalla tecnologia satellitare. Quella della sparizione dei bus dell’ATAC è l’unico caso di scaltrezza informatica capace di sottrarsi al Grande Fratello Telematico: il bus in questione viene dato spesso sulla linea – come se stesse viaggiando – ma quasi sempre non perviene a destinazione, svanendo inghiottito evidentemente in una delle mitiche buche romane. Per rimanere nel caso della mancata conferenza stampa a bordo di un bus 0,75 (è la percentuale secondo cui la Meloni può battere Virginia Raggi candidata del M5S ed è per questo che, il numero del bus, lo scrivevo con la virgola!), cittadini collaborativi e sostenitori della “politichetta coraggiosetta” alla fine hanno rintracciato uno mezzo attribuibile alla linea di cui sopra ma, richiesto al conducente di farli salire a bordo per organizzare il veicolo e renderlo acconcio a tale compito istituzionale, si sono sentiti rispondere che la parlamentare non avrebbe potuto fare la conferenza proprio sul “suo” bus perché lui, dispiaciuto, stava per “staccare” e condurre nella rimessa più vicina il mezzo, non avendo certezza che gli avrebbero pagato gli straordinari.” A sentire parlare gli uni e gli altri, non si sa chi sia peggio tra i politici di questa città fuori ormai dal 5° mondo (se esistesse!) e i dipendenti dell’ATAC. Per un motivo, o per un altro, alla fine, mezzi ATAC non ne sono stati trovati per il tour elettoralistico e la Meloni, lasciata a terra, è stata costretta a recarsi al vicino Pantheon. Rimane il mistero dello 075 (questa volta senza la virgola) che quando raramente “passa” si prepara ad andare in rimessa o, se vi carica, a pagamento, lungo il percorso, vi lascia a piedi per inadeguatezza meccanica.
Un amico mi fa ricordare che il fondatore dell’ATAC è stato Ernesto Nathan, quello – per intendersi – di “non c’è trippa per i gatti”. Da quella fondazione delle tranvie ad oggi sono passati troppi sindaci predatori e incompetenti, oltre che acqua sotto i ponti romani.
Rimaniamo in fiduciosa attesa che, dopo oltre un secolo, la bella, intelligente, competente, determinata avvocatessa Virginia Raggi (M5S), raccolga l’eredità dell’insuperato ebreo massone Ernesto Nathan e applichi, a tutto campo, la taumaturgica frase a quel tempo pronunciata prima di cominciare il risanamento della Roma di quei tempi: “Non c’è trippa per i gatti”. E ve lo dice uno che ama quei felini. Forza Raggi, che, ne siamo certi, con te non ci sarà “trippa” per la criminale partitocrazia onnivora e per i criminali altrettanto affamati
Alcune affermazioni in questo post-ino sono ovviamente e volutamente scherzose e false. Non quelle relative alla assoluta inaffidabilità ed obsolescenza dei mezzi dell’ATAC e in particolare dello 075, senza la virgola. Queste ultime sono autentiche. Così come lo 0,75% relativo alle possibilità che Gioooorgia Mellllloni batta Virginia Raggi. La percentuale vera è… “zero spaccato”.
Oreste Grani
Oggi, 2 settembre 2012, nel ricordo di tutte le indifferenze, gelosie, crudeltà, violenze, calunnie che hanno, nei millenni, colpito gli ebrei vi propongo, in omaggio ad Ernesto Nathan ebreo, laico e massone, l’articolo di Domenico Pertica.
Che l’operato di Ernesto Nathan sia di esempio a chi vorrà, a primavera 2013, candidarsi alla guida della Città Eterna.
“Nathan: il sindaco di Roma moderna
Laico, massone, interprete di una indiscussa trasparenza e integrità politica, Ernesto Nathan dal 1907 al 1914 guidò l’amministrazione capitolina in una serie di iniziative tese ad una moderna municipalizzazione dei servizi, dall’Atac all’Acea, dal demanio comunale ai musei, dando un contributo decisivo allo sviluppo di Roma con l’edificazione del quartiere Prati e la costruzione di case popolari.
Alto, distinto, «caramella» all’occhio sinistro, ti sembra ancora di vederlo scendere dal landò comunale che puntualmente l’accompagna in via Torino 122, un palazzo tutto frastagli e fiocchi, stile belle époque, acquistato per la sua numerosa famiglia: moglie e sette figli.
Quando scende e il cocchiere gli apre con un inchino lo sportello, si toglie rispettosamente la bombetta e ringrazia in un italiano dall’accento inglese. È il grande sindaco, Ernesto Nathan, che in questo palazzo visse per 18 anni; il sindaco laico che sognò la Roma moderna.
Il 2 dicembre del 1907 con 60 voti favorevoli e 12 astenuti, veniva eletto con le liste dell’Unione Popolare sostenuta dal «Messaggero», comprendente liberal-popolari, radicali, repubblicani e socialisti.
Programma: incremento dell’istruzione elementare, potenziamento dell’igiene pubblica, politica edilizia contro le speculazioni, partecipazione della popolazione ai problemi della città. Dopo 37 anni il Campidoglio assisteva allo strano evento di avere un «primo cittadino» non romano, di origine inglese, israelita, massone, repubblicano.
Nato a Londra il 5 ortobre 1845, si disse fosse figlio di Mazzini al quale la madre, Sara Levi di Pesaro (detta «Sarina») fu legata da sentimenti che superarono quelli dell’ammirazione per la causa italiana. D’altra parte Mazzini era stato ospitato a Londra dai Nathan, e ferventi discepoli ne divennero i due giovanissimi Giuseppe ed Ernesto che parteciparono alla congiura e all’azione patriottica.
Quando l’Italia si avviava alla liberazione, nel 1859 la famiglia Narhan immigrò soggiornando in diverse città, fra cui Pisa dove in via della Maddalena n. 38 la sera del 7 febbraio 1872 mori «l’apostolo» dell’Unità nazionale. Un Giuseppe Mazzini «pallido e terreo con crine e barba canuti…» come lo descrive il dottor Giovanni Rossini che la signora Nathan-Rosselli chiamò al capezzale del signor «Giorgio Brown» per raccoglierne l’ultimo respiro.
Più a lungo soggiornarono a Milano dal 1862.
Giuseppe ed Ernesto chiesero ed ottennero la cittadinanza italiana nel 1888 e per lunghi anni continuarono la propaganda del pensiero mazziniano. Per una più ampia diffusione del pensiero del grande Maestro, diedero vita alla rivista «Il Dovere». Dopo il ’70, Ernesto, che nel 1867 si era unito in matrimonio con Virginia Mieli, seguì nella capirale Giuseppe Mazzini che gli affidò l’amministrazione della rivista da lui stesso fondata: «Roma del popolo».
La testimonianza della devozione alla memoria di Mazzini è data anche dal fatto che il Nathan fu uno dei più ricchi collezionisti di autografi che poi donò allo Stato, promuovendo, nel 1905, l’edizione nazionale degli scritti del grande esule.
La sua casa in via Torino, dove sull’architrave del portone d’ingresso si notano le iniziali E e V intrecciate dei coniugi Nathan, divenne un assiduo ritrovo intellettuale e politico, frequentata da personaggi come il Villari, il Carducci, Crispi, Zanardelli, Fori, Sonnino, Sgambari, Barzellorri.
L’unico appunto, che specie dai giornali umoristici del tempo gli veniva mosso, era l’imperfetta conoscenza della lingua italiana. Il «Travaso delle idee» lo ritraeva a fianco di un ometto che raffigurava l’interprete, il quale reggeva un vocabolario italiano-inglese e, sotto, riportava qualche grosso svarione ch’egli aveva pronunziato, come una volta, durante un discorso commemorativo della guerra d’Etiopia, invece di dire: l’ecatombe di Dogali, disse «le catacombe di Dogali». Ma questa aneddotica non influisce sulla figura morale e politica del grande sindaco.
Cent’anni fa Roma usciva dagli scandali della Banca Romana, dal saccheggio del patrimonio ecologico e culturale che significa la distruzione in blocco delle ville suburbane per farvi sorgere i quartieri umbertini dell’Esquilino, Castro Pretorio, Sallustiano, Ludovisi e Prati. Usciva dalla «febbre edilizia» i cui danni fecero piangere Gabriele D’Annunzio nella Vergine delle rocce davanti allo «schianto dei pini ludovisii». C’era stata la crisi edilizia che lasciò incompiute le costruzioni del rione Prati, il cui spettacolo «spettrale» impressionò molto lo scrittore francese Emilio Zola il quale scrisse di aver avuto l’impressione di trovarsi davanti a una «città popolata dagli scheletri dei palazzi». Ecco, allora, cosa fece per Roma Nathan.
In linea con la politica giolittiana che promosse la nazionalizzazione delle ferrovie e dei telefoni, provvide alla «municipalizzazione» dei servizi pubblici cittadini, fondando le aziende municipali dell’ATAC per i trasporti, e dell’ACEA per l’illuminazione. Un grande amministratore lo coadiuvò e ne divenne il geniale esecutore: Giovanni Montemartini. Un busto e una lapide nella sede dell’ATAC in via Volturno e la centrale termoelettrica dell’ACEA in via Ostiense (oggi uno splendido museo) a lui intestate ricordano questo modesto e grande «capitolino» che morì al posto di lavoro sui banchi del Consiglio comunale, schiantato da un infarto.
Narhan ideò la «Scuola Rurale» e le «Borgate Rurali» nella lontana periferia ostiense, con annessa Delegazione per lo stato civile. In pratica veniva realizzato un «decentramento» amministrativo simile all’attuale modello dei Municipi.
Per la prima volta attuò il sistema referendario.
Il 20 settembre 1909, i cittadini chiamati alle urne furono 44.595 per esprimere il loro parere pro o contro la municipalizzazione. Promosse il referendum sulla libertà dell’insegnamento religioso nelle scuole. In più ottenne sussidi speciali per il Piano Regolatore Sanjust di Teulada in accordo con le leggi-Giolitti e secondo i programmi del Blocco-Narhan che si orientavano verso la demanializzazione delle aree e il disegno di una «Città a villini». Su questo binario sorsero (e sorgeranno) modelli e tipologie popolari che vediamo al Testaccio le cui case popolari disegnate dagli architetti Magni e Pirani sono un’antologia di architettura sociale, S. Croce in Gerusalemme, San Saba, «Città Giardino» a Monte Sacro, Monteverde Nuovo.
Castel Sant’Angelo da caserma fu trasformato in museo. Ricordiamo l’allargamento di via Tomacelli, il progetto della Galleria Colonna del l’arch. Carboni, l’allargamento del secondo tratto di via del Tritone con la costruzione del bel palazzo liberty per l’hotel Select (oggi Messaggero), la sistemazione del Muro Torto dove fu attivato un elegante ascensore tutto foderato in velluto rosso che portava al Pincio, i quartieri Trionfale e Flaminio, la politica sociale a Testaccio e a San Lorenzo dove vennero aperti i primi «Centri Montessori» per una educazione moderna dei bambini.
Al Testaccio – rione pilota della politica sociale – si verificarono le prime esperienze degli «alberghi del popolo e delle «mense» per i poveri.
A Trastevere viene inaugurata la scuola elementare «Regina Margherita» e così tutte le altre scuole nei vari rioni di «stile umbertino» sono tutte edificate dall’amministrazione Nathan. L’Augusteo veniva trasformato in sala per concerti «dove l’operaio per quattro soldi può sentirsi i migliori direttori» (parole di Nathan).
Nel 1911 inaugura la grande Esposizione Nazionale a Piazza d’Armi (oggi zona di piazza Mazzini-viale Marcello Prestinari) per il cui accesso fu aperto il viale delle Belle Arti e gettato il ponte del Risorgimento capolavoro ardito del cemento armato, a un solo arco, costruito dall’impresa Porcheddu e disegnato dall’architetto Hennebique. Il successo politico ed economico dell’Esposizione fu tale che diede fastidio alle fazioni avverse, a tal punto, che si arrivò perfino a mettere in giro la voce che a Roma – sentite questa! – era scoppiato il colera, pubblicando sui giornali delle fotografie di operai sdraiati tranquillamente sugli scalini del monumento a Vittorio Emanuele Il nelle ore di riposo, e facendo credere – niente meno! – che invece erano tanti «morti di colera colà abbandonati».
Nel 1911 si inaugura il ponte Vittorio e, per lo sport, viene creato lo Stadio Nazionale (l’attuale stadio Torino al Flaminio). Sempre nel 1911 furono iniziati i lavori per i Mercati Generali all’Ostiense e nello stesso anno fu inaugurato il palazzo di Giustizia. Ma l’inaugurazione più solenne fu quella del monumento a Vittorio Emanuele.
La modernità del Nathan è imprevedibile.
Per le stagioni del Teatro Costanzi predispone un inserimento di giovani compositori, artisti tutti italiani. Parla in difesa delle «forme nuove», parla della moda musicale, e scrive: «In verità vi è una lacuna … bisogna ammettere l’assoluto abbandono di un aspetto dell’arte. Tersicore è stata trascurata, anzi, ignorata: il “Tango”, “One Step”, il “Cake Walk”, il “Cancan”, non furono mai oggetto degli amministratori». Questa osservazione e puntualizzazione in un momento abbastanza importante dell’evoluzione dei costumi riflette la sprovincializzazione della linea-Nathan, il suo europeismo e l’internazionalismo laico.
Una delle battute ufficiali di Nathan che fecero scalpore sulla stampa e soprattutto sui giornali umoristici fu quando disse: «Qui non c’è trippa pe’ gatti», magari pronunciando la celebre espressione che poi «entrò» nel gergo romanesco, con un tantino di «erre» moscia, e con accento itala-inglese.
Perché la disse? Pare che, nell’esaminare lo schema di bilancio preventivo che gli avevano posto sotto il naso, notasse l’iscrizione di uno stanziamento, sia pure modesto, ma molto curioso, destinato all’acquisto della trippa. «Ma come! – disse. – Chi mangia trippa al Campidoglio?», Gli fu risposto che la trippa era destinata ai gatti da mantenere negli uffici capitolini infestati dai topi. «Oh bellal» sussultò togliendosi di scatto la «caramella» in castrata nell’occhio sinistro. «Oh bella!» e puntò occhi e naso all’ insù verso il tremebondo impiegato che gli stava di ritto a fianco, con il conto in mano. «Ma i gatti non mangiano i topi? E, allora, che ragione c’è di somministrare al gatto la razione di trippa?». Alle timide e inefficaci giustificazioni dell’impiegato capitolino, tagliò corto dicendo: «O ci sono i topi e allora i gatti mangino i topi; o non ci sono i topi, e allora, caro lei, qui non c’è trippa per i gatti». La frase usciva come un coriandolo da quella bocca onesta, e fece il giro di tutta Roma casa per casa vicolo per vicolo.
Un discorso che fece epoca fu quello pronunciato il 20 settembre 1910 a Porta Pia. Suscitò il risentimento di Pio X per un «cumulo di empie affermazioni, quanto gratuito, altrettanto blasfemo … ». Nathan aveva semplicemente detto: «Una Breccia attraverso la quale penetrò la libertà di coscienza insieme alla libertà di sviluppo materiale … ».
La polemica si allargò al Quirinale. Ma al re, il bellicoso sindaco, mandò a dire in un telegramma: «Mi sono soffermato sul passato per mettere in rilievo quali siano i mali, quali gli inceppi filiati dal dispositismo, dal regno di una classe, sia pure quella sacerdotale, in nome della religione».
Un discorso che documenta la sua linea morale che vuol creare una figura nuova di amministratore, pragmatico, lucido, vitale, non inquinato, è quello che pronunciò all’atto del suo insediamento: «Il programma dà piuttosto un indirizzo vivo e diverso. In una parola il tempo del lasciar passare, lasciare andare, del comodo ufficio di rappresentanza, senza consacrarsi anima e corpo alla funzione vitale amministrativa, alle questioni grosse e piccole, che si affacciano nel presente e ipotecano l’avvenire, è passato. Roma, per essere degna del suo nome, del posto che le compete nella Patria e nel mondo intero, ha obblighi da soddisfare, doveri da compiere, che si moltiplicano, si rinnovano nella misura in cui vengono soddisfatti.
Le tre città, l’antica, la medievale, la moderna, ognuna si para innanzi, ognuna chiede osservanza, cura ed opera, intrecciandosi in guisa da rannodare la vita fremente e pulsante con la tradizione, il presente col passato e coll’avvenire. Là sta il problema posto innanzi a chi si assuma ufficio di vegliare alle sorti cittadine, problema incalzante, imperativo.
L’Amministrazione popolare lo riconobbe, ne indicò il punto di partenza, il metodo; ad altri il continuare per questa via, affaticarsi a risolverlo, per il bene di Roma e dell’Italia».”
Oreste Grani
Filarete Abraham
https://www.rito-misraim-italia.it/libreria/scritti/
"Mi piace""Mi piace"
È su di lui che quel tale cerca informazioni
https://biomedicinaeprevenzione.uniroma2.it/fiorito-roberto.html
"Mi piace""Mi piace"
Questo è l’amico stretto stretto del tale che si affanna a cercare informazioni
https://mundilive.com/incontro-con-il-professor-enrico-mairov/
"Mi piace""Mi piace"
L’amico stretto stretto
https://www.spylegends.com/team/Prof.-Enrico-Mairov
"Mi piace""Mi piace"
Qui ancora sul tale che si sta dando molto da fare
https://www.andreacarancini.it/2016/04/luigi-cipriani-fascisti-in-loggia-1970/
"Mi piace""Mi piace"
Ti voglio bene ma mi devi aiutare a capire/ricordare. O mi schianto.
"Mi piace""Mi piace"
Ne so poco anche io. Cioè: so che questo Loris cerca info sul Fiorito. Insistentemente.
E, approfondendo, scopro che tutti i protagonisti di questa faccenda sono tutti personaggi abbastanza “complessi”. Che ruotano intorno alla solita Tor Vergata. E anche ad una struttura benefica e caritatevole che anche tu conosci.
"Mi piace""Mi piace"
E, comunque, seguendo questa strana pista (suggeritemi), dal tizio che cerca informazioni, alla fine, attraverso il link costituito dall’avvocato Minghella (vedi link fagocitato), sono arrivata a questa storia molto romana che credo susciterà il tuo interesse 😊
http://www.agoravox.it/Il-mistero-del-colpo-al-caveau,19649.html
"Mi piace""Mi piace"
Ma, in realtà, l’amico del tale e l’altro, oggetto di tanto interesse, si conoscono
http://issmm.uniroma2.it/2018/06/04/workshop-breaking-news-on-disasters-security-safety-and-medical-surgical-emergency-education-and-management/
"Mi piace""Mi piace"