Barak Obama a Cuba e la buona musica che si sente provenire da quelle parti

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Se capisco qualcosa di quello che quasi tutta la stampa italiana (poca cosa ma comunque esistente) è costretta a scrivere, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Barak Obama si mostra personaggio molto, molto, molto, molto (mi si è incantato il dito!) più serio e lungimirante di come per anni inconsistenti pennivendoli italici avevano, da veri sprovveduti, tentato di descrivere. La verità è che il primo presidente afroamericano della Storia USA, da vero campione, esce negli ultimi chilometri come in ogni maratona che si rispetti. Anzi, come i veri fuori classe, ha accelerato e, avendo ancora 8 mesi di “potere” (e che potere!), si prepara a rimanere nella Storia del Pianeta. Obama, scegliendo il dialogo e la diplomazia ad alto tasso di consapevolezza di come le complessità si possano affrontare solo con gli strumenti dell’Intelligence che – da queste parti – amiamo chiamare “culturale”, si prepara a concludere, nel rush finale dei suo 8 anni di governo, passi che se non fossero stati fatti o impostati per il prossimo futuro avrebbero “irrorato” di sangue il Pianeta ancor di più di quanto già lo sia.

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L’uomo di diritto che si cela in Obama emerge ogni giorno di più a conferma che l’unica speranza ragionevole è quella della Legge che bisogna saper/voler far rispettare, al momento opportuno, anche con la fermezza necessaria. Come la caccia vittoriosa a Bin Laden dimostra. Altri di “Osama il terrorista” erano stati complici e alleati oggettivi. Così come quell’idiozia di continuare a considerare Cuba nemica di qualcosa, ieri è stata finalmente disinnescata. Quando Obama si è insediato c’erano cento, mille questioni lasciate aperte da quel mentecatto farneticante di Bush ma non poche sono state risolte (o fatte risolvere) con la paziente tessitura del dialogo. Rimangono altre centinaia di grovigli: per prima la questione del Messico che certamente non con un muro invalicabile (si fa per dire!) va affrontata e, possibilmente, risolta. Così l’articolo 2° della Costituzione e la proliferazione delle armi. Obama è a Cuba e questo, ad un provincialotto come Leo Rugens, basta. Con un occhio alle primarie e alla “resistibile ascesa” di Donald Trump.

Oreste Grani nuovamente Leo Rugens

P.S.

Erano 88 anni che un Presidente USA non si recava a Cuba. 8 saranno gli anni di presidenza quando Obama lascerà la casa Bianca. Mancano ancora 8 mesi alle elezioni (novembre 2016) del futuro Presidente. Ma quanto conta l’8 in questo momento storico, “numerologicamente parlando”?

Conta, conta.