La guerra tra e nei servizi sullo sfondo della morte del nostro compatriota Regeni? Speriamo di no!
“Se fossi in Italia (ma Marchionne non solo non è in Italia ma non è italiano!), voterei Renzi.” L’ennesimo motivo per organizzare la cacciata dell’Usurpatore toscano amico di Denis Verdini e di tutta la feccia che si aggira intorno al potere che sembra rappresentare tale asse affaristico, delinquenziale, paramassonico.
Una strategia per pervenire ad un controllo responsabile di una classe dirigente politica che oltre di malaffare (il proprio agire) si intenda di Sicurezza nazionale e planetaria, passa attraverso una feroce epurazione (che termine!) che potrebbe cominciare dalla decapitazione (che termine!) dei residui di quell’accozzaglia criminale che ha guidato Roma per decenni. Più che “Renzi” (come suggerisce Marchionne da dentro il suo maglioncione) è ora di votare Virginia Raggi (M5S) per suonare un inequivocabile squillo di tromba (per l’esattezza i canonici tre che un tempo avvertivano la “piazza” che era ora di sgombrare) e dare il via a quella “carica energica” senza la quale l’ordine democratico e la libertà di pensiero non potrnno essere ripristinati. Fuori di metafora è ora di fermare uno che sostiene che si può battere il terrorismo e per portare a termine tale ardua impresa non contempla, per dare il buon esempio, di togliersi di mezzo. La strada del contrasto a quello che (e si vede il grado di ignoranza anche da questo dettaglio) il vostro toscanello chiama “terrorismo”, richiede un tale livello di cultura della complessità e di cosa sia viceversa caos che se non lo togliete di mezzo, quel “ciuccio presuntuoso”, vi trascinerà nel sangue e lo farà facendo ritenere alla maggioranza di voi che lui sa cosa deve fare. Renzi è cieco sordo e disgraziatamente non muto perché è circondato, come un qualunque mussolinino, da servi, da ignoranti, da arroganti affamati che nello specifico tema del terrorismo (come lo chiama lui) si sono coperti di ridicolo da decenni e non si capisce perché oggi dovrebbero essere all’improvviso divenuti capaci di sapere cosa e come fare. Ma mi faccia il piacere!
La situazione nell’Intelligence (non intelligente, né colta, né tantomeno leale) italiana si sta aggravando (è incredibile ma vero !) per le ambizioni che si stanno scatenando per chi deve arraffare il vertice dei troppi servizi segreti. Danno alla Repubblica per colpa di chi sguaiatamente e senza merito alcuno cerca di divenire il “direttore” di turno ma anche e soprattutto per le cordate che tale scelta potrebbe determinare all’interno delle agenzie stesse. Generando un periodo di paralisi che da sempre condizione il balletto dei vertici. Che c’entra la lotta all’ISIS? Che c’entra la sicurezza nazionale? Dalle parti dove – in queste ore – si pensa a fare carriera e beccarsi i super stipendi, a chi interessa realmente perché un italiano colto e pensante quale era Giulio Regeni è stato sfigurato fino a renderlo irriconoscibile alla sua stessa madre? Potrebbe interessare solo se quell’atroce delitto politico avesse a che fare con il gioco degli organigrammi e delle carriere che in troppi ambiscono fare. Il che, in un’intuizione di cui mi vergogno per averla pensata e per il vomito che mi suscita, non è da escludere. Non a caso, c’è gente d’ambiente che si chiede perché si continui a parlare di questo assuntore di stupefacenti, di questo imprudente velleitario “corrispondente”, forse, inconsapevolmente al soldo della “perfida Albione” e strumentalizzato dai nemici della democrazia voluta da al-Sisi, persona per bene, pronta a collaborare fino alla comprensione di tale “misteriosa” morte. Noi dal primo giorno, pensiamo che Giulio Regeni quando è stato massacrato stava servendo, con la sua intelligente capacità informativa, l’abbassamento dei livelli di aggressività tra le genti e quindi oggettivamente svolgendo un’attività di intelligence culturale utile a far scoppiare la pace nel Mediterraneo. Che è quello che i signori della guerra non vogliono. E perché questa pace non scoppi sono pronti a compiere e far compere qualunque azione. Anche quella di sequestrare, torturare, infangare un nostro compatriota. Difendere la memoria di Giulio Regeni è anche dire cose di questo tipo e non accettare semplificazioni offensive per lui e il dolore indescrivibile che durante il martirio ha provato. Vergogna, vergogna, vergogna.
In questo caso temiamo i semplificatori più di chiunque altro perché certamente sono persone (o vermi?) al soldo (fosse anche mentale) degli aguzzini di Regeni. O volete che cominciamo a dire che lo sfiguramento se lo è autoprocurato? La verità che i comportamenti dei prezzolati spesso superano le intenzioni degli stessi ufficiali pagatori corruttori. I vermi italioti potrebbero, se non la smettono di semplificare questo episodio emblematico di come siamo ridotti, fare schifo anche ai torturatori. Il che sarebbe un buon finale dopo tanta emozione devastante la nostra coscienza.
Caro Giulio, vorremmo credere fortemente nell’Aldilà, per saperti, sereno, nel Paradiso dei Giusti.
Oreste Grani che ha vergogna del silenzio della nostra gioventù, memore di quanto la mia generazione, anche sbagliando, seppe fare per episodi di minor peso e per rispondere all’indifferenza nemica della verità e della convivenza civile. Oggi riposto il pensiero di Ferlinghetti, rilanciato a suo tempo da Pier Paolo Pasolini (altro massacro che in troppi vigliacchi – per anni – avrebbero voluto semplificare e circoscrivere allontanando la ricerca del movente che sola nell’omicidio porta agli assassini) e lo dedico a Giulio Regeni mentre ho cominciato ad attivarmi per dare inizio ad una messa a punto di un percorso, maledettamente burocratico, che istituisca, a memoria di Regeni, premi e borse di studio per chi non avesse timore a ricordarlo come un nostro giovane coraggioso caduto al servizio della comprensione della Complessità.
Fosse l’ultima cosa che dovessi fare.
PASOLINI PIETÀ PER LA NAZIONE…PIETÀ PER LA NAZIONE I CUI UOMINI SONO PECORE PASOLINI…PIERPAOLO PASOLINI PIETÀ… OVVERO L’OCCASIONE MANCATA
Da ore, in questa fase drammatica della vita della mia amata Italia, mi chiedo perché dopo che era stato postato il 1 marzo del 2013, destando qualche attenzione, solo ieri ed oggi, un numero “stupefacente” di cittadini arrivano a Leo Rugens per leggere questo testo:
Pietà per la nazione
Lawrence Ferlinghetti
Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore
e i cui pastori sono guide cattive
Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
i cui saggi sono messi a tacere
Pietà per la nazione che non alza la propria voce
tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i prepotenti come eroi
e che aspira a comandare il mondo
con la forza e la tortura
Pietà per la nazione che non conosce
nessun’altra lingua se non la propria
nessun’altra cultura se non la propria
Pietà per la nazione il cui fiato è danaro
e che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena
Pietà per la nazione – oh, pietà per gli uomini
che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via
Patria mia, lacrime di te
dolce terra di libertà!
La poesia “Pietà per la nazione” fu scritta da Lawrence Ferlinghetti, in occasione del cinquantenario della pubblicazione di On the Road di Jack Kerouac, manifesto della Beat Generation, ispirandosi ai versi del poeta libanese Kahlil Gibran.
La risposta è ovvia: è perché le parole “pietà per la Nazione…” conducono telematicamente fino a noi per quei sentieri intelligenti che solo il tanto vituperato web sa tracciare. Evidentemente gli italiani cercano testi e parole soccorritrici davanti a tanta spudorata aggressività della oligarchia partitocratica.
Cercano splendore di parole e calore di sentimento per farsi sostenere nella necessaria lotta contro l’onnipotenza degli espedienti machiavellici della politica, contro le mummie teocratiche che rimorchiano il Medio Evo spacciandolo per futuro, contro i gerarchetti proni al denaro senza dignità sin dai propositi.
Gente muta ad ogni vasto concetto; vuoti ad ogni profonda dottrina; aborrenti la dritta via. Sempre esitanti nello scegliere una via per lottare in favore di un ideale, di una passione che si “sente” giusta. Piccoli burocrati che hanno preferito essere codardi e tradire il loro stesso futuro piuttosto che imboccare la strada dell’onestà che gli era stata mostrata. Questa era l’opportunità implicita nella candidatura del professore Stefano Rodotà.
La “nostra gente” è smarrita; è incredula che i “ladri di Pisa”, gettata la maschera diurna, osino tanto! Compatrioti miei, ancora non avete visto nulla! Preparatevi perché, dopo le mummie di Todo Modo di sciasciana memoria, potrebbero irrompere gli ectoplasmi della cosiddetta banda della Magliana:
Franco Giuseppucci detto Negro – (1947 – 1980)/ Enrico De Pedis detto Renatino – (1954 – 1990)/Claudio Sicilia detto Vesuviano – (1949 – 1991)/ Angelo De Angelis detto Catena – (1954 – 1983)/Edoardo Toscano detto Operaietto – (1953 – 1989)/ Danilo Abbruciati detto Camaleonte – (1944 – 1982)/ Marcello Colafigli detto Marcellone – (1954)/ Antonio Mancini detto Accattone – (1948)/ Enrico Nicoletti – (1936)/ Maurizio Abbatino detto Crispino – (1954)/ Fabiola Moretti – (1954)/ Ernesto Diotallevi/ Vittorio Carnovale detto Coniglio – (1957)/ Fulvio Lucioli detto Sorcio – (1954)/ Giovanni Girlando detto Gianni il roscio – (1956 – 1990)/ Gianfranco Urbani detto Pantera – (1938)/ Raffaele Pernasetti detto Palletta – (1950)/ Nicolino Selis detto Sardo – (1952 – 1981)/ Antonio Leccese detto Ricciolodoro o Tonino – (1956 – 1981)/ Giuseppe Magliolo detto Killer – (1948 – 1981)/ Roberto Fittirillo – (1954)/ Salvatore Nigro – (1953 – 1997)/ Paolo Frau detto Paoletto – (1949 – 2002)/Giuseppe Valentini detto Tortellino – (1967 – 2005)/ Umberto Morzilli detto Umbertino – (1957 – 2008)/ Emidio Salomone – (1955 – 2009)/ Libero Angelico detto Rufetto / Angelo Cassani detto Ciletto
Oreste Grani
P.S.: i versi che tanto stanno emozionando, non sono stati scritti da Pier Paolo Pasolini ma da Lawrence Ferlinghetti e straordinariamente valorizzati da Pasolini. Questo per chiarezza e per amore di verità.
Consentitemi di aggiungere, come testo poetico e politico, le parole ragionate di Mario Luzi dedicate alle “macerie” e a Ipazia possibile soccorritrice, in tanta tragedia:
Oh cara, dappertutto c’è divisione: tra ciò che si muove e ciò che sta,
tra ciò che si disgrega e corre verso la gola spalancata del futuro
e ciò che si aggrappa alle macerie per resistere.
Ipazia è la coscienza di questo, e in più la forza che accelera il moto.
Non sono con lei, non la seguo, sono troppo perplesso e tardo,
ma non posso non ascoltarla quando argomenta e fa gemere la discordia
e vibrare la gioventù del mondo.
Mario Luzi