Papa Francesco denuncia il genocidio armeno mentre Netanyahu ed Erdogan fanno la pace a tutto gas

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La visita a Roma di Benjamin Netanyahu significa innanzitutto bei soldoni a Carrai e Co tramite la Cys4 ai quali senza ombra di dubbio sarà stata appaltata la sicurezza del Primo ministro israeliano, il quale troverà nelle prossime ore un Erdogan infuriato per l’inequivocabile significato dell’espressione: “genocidio armeno” utilizzata da Papa Francesco. Tempo fa avvertimmo il premier turco che attaccare Francesco “porta sfiga”, eccolo servito; infatti, per chi non lo sapesse, se un cittadino turco osasse pensare ciò che Francesco ha detto finirebbe dritto in prigione accompagnato a calci e schiaffi, se gli va bene.

Ma Francesco è uomo che non le manda a dire, abituato com’è a trattare con una dittatura sanguinaria, figuriamoci con un Erdogan che della tracotanza ha fatto uno stile di vita politica grazie soprattutto all’impotenza e codardia europea oltre che dell’opportunismo tedesco. Figurarsi se Francesco si lasciava scappare l’opportunità di dichiarare ciò che gli archivi romani conservano gelosamente, ossia la ferocia e la barbarie di ufficiali turchi inebriati dal sangue che fecero scorrere a fiumi.

Eppure, con un tempismo impressionante e nonostante i nove cittadini turchi uccisi dai soldati israeliani che abbordarono una nave turca che tentata di sbarcare a Gaza forzando il blocco navale voluto da Israele, tra poche ore Erdogan stringerà la mano a Netanyahu, segno che l’isolamento nel quale sta precipitando non è più gestibile.

Mirabile iniziativa sarebbe la pace fatta tra i due grandi popoli, quello turco e quello israeliano intendo, non fosse che mentre a Tel Aviv ci si fa vanto di essere città tollerante e meta preferita dei Gay Pride, in questi stessi giorni la polizia turca affronta le pericolosissime schiere dei gay turchi con lacrimogeni e idranti… dal che evinco che la comunità LBGT israeliana di fare la pace con Erdogan non ci pensa affatto; speriamo si faccia sentire presso Bibi.

Mi pare scontato pensare che il riavvicinamento non dica nulla di buono ad al-Assad e al martoriato popolo siriano nonché agli sciiti di ogni nazionalità e all’Iran, soprattutto.

Comunque sia, ho come il sentimento che tale riavvicinamento non gioverà alla memoria del primo genocidio della storia moderna.

Dionisia

PS Alla fine tutto si ridurrebbe allo sfruttamento del gigantesco giacimento dall’orrendo nome Leviathan cui l’ENI è chiamata a prestare l’opera il tutto a favore dell’Egitto, sì proprio quel paese in cui hanno torturato e ammazzato Giulio Regeni.