Il nostro candidato a zar della cyber security: Gen. Umberto Rapetto
Se c’è un uomo che deve sovrintendere alla sicurezza informatica del Paese con poteri “assoluti” questi è il Gen. Umberto Rapetto, classe 1959 (qui trovate un saggio della sua abilità), affiancato dai suoi ex “ragazzi”, oggi cresciuti, veri numeri uno negli ambiti di loro competenza. Altro che il Carrai Marco e le sue intelligenze israeliane.
Lo vorrei vedere un confronto tra il Generale e il Carrai, lo vorrei vedere a reti unificate, in prima serata, in mondovisione, tradotto in tutte le lingue e alla fine chi dei due fosse giudicato meno competente dagli esperti della NSA, dell’Unit 8200 e della GCHQ dato in pasto ai coccodrilli.
Da giorni mi chiedo perché M5S e il suo rappresentante al COPASIR, cittadino o onorevole Angelo Tofalo, tacciano di fronte all’osceno braccio di ferro tra le istituzioni e il Presidente del Consiglio Renzi Matteo che intigna, insiste per appaltare la sicurezza informatica del Paese a un ometto di nessuna esperienza qual è il Carrai Marco.
Da mesi segnaliamo l’incredibile conflitto di interessi e la pericolosità della nomina del Carrai a “zar” della sicurezza informatica eppure dal M5S non si leva quel necessario fuoco di sbarramento teso a impedire che paese terzo si impadronisca degli strumenti di ascolto di tutte le “conversazioni” elettroniche degli italiani e non solo.
Tanto per fare un esempio della delicatezza del tema, faccio presente che la banda Pizza/Alfano & Co ha tentato di mettere le mani sul software che regola la PA e che solo il provvidenziale intervento della GDF ha sventato. Non a caso, la banda Pizza/Alfano & Co pianificava di fare un patto con Lotti o Carrai, se già tale patto non sia stato fatto, per impadronirsi del controllo quasi totale del traffico dei dati elettronici del Paese (sconsiglio a chiunque di mettere il naso nella rete AMEX, si rischia di finire male).
Certo in questi giorni bollenti gli italiani sono più interessati alle prodezze dei calciatori e alle spiagge sulle quali arrostiranno piuttosto che alle trame irricevibili della ditta Carrai, non la redazione di Leo Rugens, che non dorme mai al contrario dei tanti Gatekeepers lautamente stipendiati dallo Stato.
Ciò che non temiamo è doverci porre un giorno il problema di non avere un luogo in cui scappare, auspichiamo che in molti cominciano a condividere questa visione delle cose, piuttosto che schierarsi opportunisticamente.
Del resto, se credete che saltare sul carro del vincitore all’ultimo momento vi possa salvare dalla nostra ira e dal nostro disprezzo vi sbagliate di grosso, oltretutto il Movimento possiede anticorpi sufficienti a incistare ogni genere di agente patogeno.
Chiunque abbia architettato la struttura del M5S passerà alla storia come uno dei più brillanti strateghi della politica, per quanto nessuno è esente dall’avere punti deboli.
La redazione
La RepubblicaNell’ufficio di via in Lucina, a pochi passi da Palazzo Chigi, Raffaele Pizza stava combinando con due imprenditori la “mandrakata”. Diventare fornitori esclusivi per la pubblica amministrazione della gestione del sistema Tiap, il “Trattamento informatizzato Atti Processuali”, in uso anche alla procura di Roma. Il progetto, ambizioso, definito appunto “mandrakata” dispiega tutta la potenza relazionale del gruppo che ruota attorno al faccendiere. Arrivano al vice presidente del Csm Giovanni Legnini, vogliono agganciare il sottosegretario Luca Lotti, incontrano parlamentari del Pd, pensano di coinvolgere Marco Carrai. Insomma, puntano al Giglio Magico. E su questa “faccenda” i magistrati di Roma hanno aperto un filone di indagine autonomo.
I fatti. Gli imprenditori della partita si chiamano Danilo Lucangeli, di Sky Media, e Gianni Nastri, legale rappresentante di Siline spa e di Europower Technologies, società di diritto inglese. Lucangeli, al telefono, sostiene più volte di poter fare dei controlli in procura tramite Nastri, “in quanto in grado di accedere ai fascicoli giudiziari”.
Annotano i finanzieri nell’informativa finale: “La fitta rete di contatti riguarda Roberto Rao (consigliere economico del ministro della Giustizia Orlando, e consigliere di Poste Italiane, ndr), Gianni di Pietro (ex deputato del Pd, molto vicino a Legnini, ndr), Agostino Ragosa (ex direttore Agenzia per l’Italia digitale)”. Non solo.Interverranno anche Massimo Sarmi, ex ad di Poste, e Guglielmo Boschetti, imprenditore abruzzese “che da fonti aperte risulta implicato in varie inchieste legate alla P4”. L’uomo che il 21 gennaio 2015 si è incontrato, stando a quello che raccontano gli indagati, con Legnini, in un meeting per il “loro progetto” dall’esito sconosciuto.
Qualche giorno prima, il 15 gennaio, Pizza, Lucangeli, Nastri e Ragosa sono nello studio di via Lucina. Nel locale ci sono anche gli onorevoli Antonio Marotta (Ncd) e Luca Sani (Pd). E le cimici dei finanzieri. Lucangeli esordisce così: “Dobbiamo immaginare il percorsopolitico commerciale per far sì che la Presidenza del Consiglio faccia questo decreto ministeriale per il riuso del software Tiap con soluzioni tecnologiche innovative, perché di fatto questo software di proprietà del ministero della Giustizia è già in uso alle procure più importanti, è già stato validato da Ernesto Carbone (deputato pd, fa parte della segreteria del partito)”. E ancora. “I soggetti da andare a sentire sono il ministro Orlando, eventualmente anche il Csm…”. Si inserisce Pizza: “Con il vice presidente del Csm (Legnini), no, non c’è problema”. Il prescelto per andare a parlare con il governo è Agostino Ragosa. Poi Pizza capisce che se devono puntare in alto, il nome è un altro. “Ma Carrai che interesse ha su ‘ste cose? Potrebbe essere funzionale? Io ti faccio una domanda di potere… no di cazzo… te lo dico io come dobbiamo fare… questa è un’opzione”. Un’altra opzione è andare direttamente dal sottosegretario Luca Lotti, probabilmente la persona più vicina al premier Renzi. Qualcuno ci arriva prima, secondo Lucangeli. Il 27 gennaio 2015 la Engeneering (società di information technology) “si è incontrata con Lotti, è una notizia certa”.