Il canale di Suez 8 – Pompeo De Angelis
Rifugiato a La Chénaie, Lesseps rivide un aratro tagliare la terra nera come la sacher torte di Metternich e le querce robuste ai margini del prato. Nel suo maniero lo confortavano i figli che gli si erano radunati attorno ricostruendo la famiglia e gli amici intimi di Parigi che lo visitavano. Passeggiavano sulla ripa del fiume, che traversava la proprietà, conversando: il nostro affluente è modesto rispetto alla Senna come la Senna è modesta rispetto al Nilo. Il nostro canale marittimo è modesto a confronto delle piramidi o viceversa? Ammiriamo i faraoni che solcarono il ramo pelusiaco del gran fiume con navi dagli scafi curvi come banane, fatte di sicomoro e di papiro. Nel diciannovesimo secolo dell’era cristiana, il faraone è senz’altro Mehemmet Said, che raggiungerà la gloria della Sublime Famiglia. “L’opinione pubblica francese è commossa per la brutalità con cui mister Palmerston ha vanificato il credito conquistato da voi presso le associazioni capitalistiche e commerciali dell’Inghilterra.” sosteneva qualcuno e Saint-Hilaire rispondeva elencando le prime quarantadue risposte dei Comitati Generali dell’Impero Francese alla lettera circolare del 12 agosto inviata da F. de Lesseps a queste rappresentanze dipartimentali delle Francia, compresa Algeri, sapendo che si sarebbero presto adunate in sessione. La circolare diceva: “Ho l’onore di richiamare la vostra attenzione sulla questione dell’apertura di Suez. Nello stato in cui si trova attualmente questa impresa, che ha già ricevuto l’approvazione delle principali corporazioni e municipalità dell’Inghilterra, della Spagna, dell’Austria, dell’Italia e dell’Olanda, considero che l’espressione di un voto nettamente formulato e indirizzato da Voi al Governo dell’Imperatore, sarà molto utile al successo di un’opera così importante per gli interessi generali della civiltà, quanto per lo sviluppo industriale e del commercio francesi. Permettetemi di contare sul vostra benevolo e patriottico concorso.” La stessa circolare era stata inviata alle Camere di Commercio. Questi organismi di base riposero felicitandosi con M. de Lesseps, il quale onorava la Francia legando la patria a un progetto che sarà “sufficiente da solo per immortalare un secolo.”
Le mozioni e gli auspici provenienti dai dipartimenti e dalle città vennero riportati sulle pagine del quindicinale “L’Isthme de Suez”, che coronava il successo dell’iniziativa con queste considerazioni: “Non è più sufficiente divorare lo spazio con l’aiuto del vapore, trasmettere immediatamente il pensiero da un angolo all’altro del mondo; bisogna scavare la sabbia del deserto, tagliare il continente, riunire il Mar Rosso al Mediterraneo, avvicinare di migliaia di leghe l’Oriente e l’Occidente e aprire così la larga via che libererà il passaggio del cristianesimo, della civiltà e del commercio del mondo. Tale è l’opera per la quale si chiede ai francesi l’appoggio morale.” La Francia sciovinista, illuminista, industrialista e bigotta di Napoleone III si coagulava nell’orientalismo colonialista, progressista ed estetico, nonostante l’imperatore non osasse muovere il pedone dell’apertura sullo scacchiere della partita con l’Inghilterra. In Inghilterra, lord Palmerston seguitava a proclamare: “Il Mar Rosso è mio, voi non ci entrerete.” Eppure, il premier inglese stava contraddicendosi e subiva l’assalto di ogni ceto del suo paese che tremava e si incolleriva alle notizie degli eccidi bengalesi, pretendendo dal governo l’invio di truppe in India per la via più breve; l’opinione pubblica veniva raccolta dal Daily-News del 15 ottobre 1857: “Cosa non darebbe l’Inghilterra, in questo momento, per un canale attraverso l’istmo di Suez, che Lord Palmerston condanna con tanta vivacità da qualche mese, che gli permetterebbe di far passare rapidamente le truppe dall’Inghilterra alle Indie. È impossibile che la Gran Bretagna conservi le Indie, a meno che la distanza fra i due paesi non sia abbreviata da ferrovie, da canali e da linee telegrafiche elettriche.” Palmerston, in contraddizione con se stesso, mandò in India un minimo rinforzo per la via più breve imbastendo un compromesso con il khedivé Said.

Landing a cargo of wood and selling it by weight – Turkey
L’Inghilterra chiese all’Egitto di far passare le sue truppe attraverso il territorio da Alessandria a Suez e il viceré concesse il transito purché i militari fossero senza armi e a gruppi isolati. Palmerston, quasi di sotterfugio, spedì un gruppo di soldati disarmati con lo steamer postale “Australien”. Il Time fece trasparire il fatto con questa cronaca: “Il magnifico vapore a elica (steamer) l’Australien, appartenente alla Royal Mail Company, ha lasciato Southampton ieri pomeriggio con la posta per Malta, Egitto, Aden, Ceylon, le colonie australiane e la Nuova Zelanda, con grande carico postale. Porta circa 150 passeggeri, tra cui 13 ufficiali d’artiglieria e molti addetti al servizio sanitario, che si recano in India per la via di Suez. Viaggiano anche 221 soldati.” L’Australien attraccò ad Alessandria il 2 ottobre, scesero i militari e i passeggeri borghesi, presero il treno per il Cairo, proseguirono sulla strada ferrata fino alla 12° stazione, da cui dovettero mettersi in marcia per circa 8 leghe fino a Suez, con la carovana. Il trasferimento da Alessandria a Suez durò 30 ore. Nel porto attendeva un altro steamer della Royal Mail Company per proseguire la rotta. Il governo inglese era ormai impegnato nel ridurre le distanze. Scelse di trasmettere rapidamente almeno il pensiero, promovendo l’impianto di una linea di telegrafo elettrico attraverso l’Egitto, con un cavo sottomarino nel Mar Rosso, da Suez a Aden. La linea cablata si sarebbe prolungata fino a Kurrachi effettuando la comunicazione immediata con l’India. Il Daily News del 30 settembre aveva commentato: “L’India si legherà all’Inghilterra con il telegrafo elettrico. Non solo la cosa si può fare, ma sarà fatta in poco tempo. … Nelle circostanze più favorevoli, passeranno comunque mesi interi prima che il filo elettrico riunisca i due paesi.” Intanto, per la via del Capo di Buona Speranza procedeva il primo trasporto di truppe e cannoni, con una flotta di 77 navi, che sarebbe arrivato a Calcutta alla fine di ottobre. Il giornale inglese avvertiva: “Passeranno altri due mesi prima che delle altre truppe siano tutte riunite nelle Indie.”

Group of Turks (Turkey)

Group of Turks (Turkey)
La regina Vittoria, in quanto capo della religione anglicana, ordinò un giorno di “umiliazione” nel Regno Unito, un giorno cioè per le donazione, singolo per singolo, di oro e sterline per l’India, vale a dire per combattere l’India. Il “Time” del 7 ottobre 1857 spinse i cittadini all’offerta con queste motivazioni: “È stata per la Gran Bretagna una grande, onorifica impresa aver conquistato l’India e di averla conservata per lungo tempo con l’aiuto dei migliori soldati scelti in questo paese soggiogato; d’aver aggiunto, ogni anno, qualche nuovo pinnacolo a questa corona, e di aver trovato non una diminuzione, ma un accrescimento delle risorse in questa colonia di 200 milioni di anime. Ma all’improvviso, la nostra fierezza, i nostri magnifici ricordi ricevono il colpo più duro. Quasi 100 mila uomini voltano le armi contro di noi. … Noi non abbiamo conquistato il rispetto che la superiorità della razza comporta. Un’altra superiorità, quella della nostra istruzione e delle nostre conoscenze, non ha contato niente; i servizi che rendiamo all’India non sono stati capiti. … I benefici, la purezza della nostra religione non hanno forzato l’ammirazione di questi miserabili pagani. …” La raccolta di fondi fu enorme. L’India combatteva per la sua indipendenza, ma anche, seppure ignara, a favore di Lesseps. Il 12 agosto, i rivoltosi avevano liberata Dehly, il 23 Calcutta, il 21 Bombay. La repressione era urgente e i trasporti navali impiegavano un tempo doppio rispetto a quello propagandato dall’impresario del canale di Suez e perciò gli inglesi cominciarono a condividere la sua visione. In Francia pervenivano al governo le mozioni dei Comitati Generali dell’Impero e della Camere di Commercio. Alla fine di ottobre avevano aderito 57 Comitati. Il 20 ottobre, Lesseps inviava una nota a Napoleone III : “La risoluzione di venti meeting delle città mercantili e manifatturiere dell’Inghilterra, le manifestazioni dei Consigli Generali e delle Camere di Commercio dell’Impero francese hanno constatato l’accordo di due nazioni alleate ed hanno isolato una opposizione egoista, che ha cercato vanamente di dividere. In questa situazione è mio dovere, come concessionario dell’impresa, riferirmi a Costantinopoli per andare a negoziare l’autorizzazione del Sultano.” Lesseps espose a Napoleone la sua forza dichiarando che contava sull’appoggio delle legazioni di Austria, Stati Uniti d’America, Russia, Olanda, Belgio, Prussia, Svezia, Danimarca, Città Anseatiche, Spagna, Portogallo, Sardegna, Toscana, Due Sicilie, Grecia. Intendeva quindi giovarsi dell’intervento di M. Thouvenel, ambasciatore di Francia a Istanbul , a cui l’imperatore avrebbe dovuto inviare le istruzioni a riguardo. Il tono dell’ex diplomatico, estromesso dieci anni prima dalla carriera, non era più di un cittadino, ma quello di un capo di stato, che tratta alla pari. Il 5 novembre, Lesseps partì da Parigi per Vienna, dove si fermò qualche giorno per ricevere onori straordinari alla Corte e negli ambienti scientifici; insieme a Negrelli, proseguì per Trieste dove s’imbarcò su un vapore della Lloyd. Il 23 novembre passò per Corfù e il 28 era ad Atene. Qui, venne accolto dai reali in gran pompa; fu portato a visitare l’istmo di Corinto per fargli esprimere un parere sull’apertura di un canale per le grandi navi. I giornali greci lo dipinsero come “uomo eminente il cui coraggio e perseveranza stanno trionfando sulle difficoltà che ostacolano una impresa grande e civilizzatrice.” Il piccolo regno, appena costituito, nella penisola greca, con una economia basata sul commercio di transito verso la Serbia, la Romelia e la zona danubiana e storicamente arrischiato nelle imprese marittime, agognava all’Oriente e fece festa a Lesseps accompagnandolo alla nave. Ripreso il mare, il vapore fu obbligato da una tempesta a rifugiarsi nell’isola di Siro, incidente che comportò il ritardo dell’arrivo a Costantinopoli. Il 16 dicembre apparve, ai passeggeri della Lloyd, Istanbul, una città che affondava i piedi nel mare, senza moli, in cui le navi di ogni nazionalità sembrava che entrassero fra gli edifici di pietra. La città si mostrava con il profilo della gran moschea e dei palazzi di pietra, fantastico contro il cielo, ma il paradiso cambiava in una cloaca appena ci si addentrava nelle strade, senza toponomastica, con le case di legno che si contorcevano lungo esse.
Era una megalopoli combustibile, che sembrava vissuta da soli uomini, perché le donne non si mostravano all’esterno. Il costume europeo riguardava gli uomini ed escludeva l’altro genere. Il turbante era stato, da pochi anni, proibito per legge e il nuovo copricapo maschile era il fez rosso. Dopo la guerra di Crimea, con la pace di Parigi del 1856, la Turchia era stata inclusa tra le potenze europee. Sotto il sultanato di Abdulmecid, i capi delegazione di Londra e di Parigi governavano sugli ottomani, più del gran visir Réchid Pascià, personaggio educato in Europa, come gran parte degli alti funzionari della Sublime Porta. Lesseps se ne trovò alcuni davanti, quando, il 26 dicembre, fu accolto dal gran visir a Emerghian, nella sua casa di campagna sul Bosforo. Lesseps era stato informato, attraverso un canale diplomatico di una nazione terza, che mentre lui scendeva nel Mediterraneo, l’Imperatore e l’imperatrice sua cugina avevano visitato la regina Vittoria e avevano affrontato l’affare di Suez, in presenza di lord Palmeston e del conte Walewski. Dalla riunione era scaturito l’impegno di “neutralizzare” i rispettivi ambasciatori a Costantinopoli in modo che Lesseps potesse agire liberamente, da solo, concedendogli la chance di prospettare alla Porta la sua tesi, senza appoggi e senza intralci. L’ambasciatore inglese lord Stratford venne richiamato in patria per consultazioni e rimpiazzato dal segretario Allison. Anche ad Alessandria il console generale M. Bruce venne sostituito con M. Green. L’ambasciatore francese M. Thouvenel si chiuse in casa, a Pera. Lesseps poteva giocare la sua carta e i governanti avrebbero conosciuto la sua forza e quella dei poteri che dicevano di sostenerlo. Sapendo queste cose, l’impresario del futuro, accompagnato da un drogman (l’interprete), conobbe Réchid Pascià, che gli presentò il ministro degli Esteri, il presidente del Tanzimat (ministero delle Riforme) e il presidente del Consiglio di Stato. Dopo il pranzo, fumando le pipe e bevendo il caffè, i dignitari turchi ascoltarono un duro discorso del francese. Lui non voleva discutere del concerto europeo, non intendeva esaminare la questione dal punto di vista inglese, ma unicamente parlare del vantaggio per gli ottomani della comunicazione, che si sarebbe stabilita, attraverso il varco, con la Mecca, l’Arabia, il Golfo Persico e Bassora, nei cui bacini i “modernisti” del Sultanato stavano costruendo l’arsenale e la marina. Voleva sapere se tutti questi affari valessero o no l’assenso turco. Finita la consultazione, Réchid, con il suo battello a vapore, accompagnò in città Lesseps e parlarono a quattr’occhi. Il Gran Visir promise all’ospite che avrebbe portato a Sua Maestà Abdulmecid un memoriale di Lesseps e che, in quella sede, avrebbero elaborato l’autorizzazione all’Egitto di onorare la convenzione con la Compagnia del Canale. Il memoriale venne consegnato il 29 dicembre. A fine anno, un telegramma avvertì il presidente della Compagnia di Suez che avevano aderito 81 Comitati generali al suo appello: gli sembrò che la base dell’Impero di Francia vibrasse con lui. Il Memoriale portato al Sultano ribadiva che l‘interesse ottomano non doveva deciderlo il premier inglese, ma il mondo civile che chiedeva un canale sempre aperto a tutti i commerci, senza nessuna preferenza e senza escludere alcuna destinazione. Lui era in grado di farlo. Il 31 gennaio 1858, morì il Gran Visir Réchid Pascià. Dopo aver bevuto una tazza di caffè fu preso da vomito e da convulsioni e crollò stecchito. Una commissione di medici, senza fare l’autopsia, scrisse un rapporto stabilendo che la morte era naturale. Gli successe Alì Pascià, che confortò Lesseps dichiarandogli che era disposto a mantenere gli impegni del predecessore. Il francese riprese i negoziati con lui, dubitando della sua parola.
Pompeo De Angelis
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