Questa … è la “cupola” buona! Vediamo di non farli scappare anche questa volta
“La ‘ndrangheta cresce e si espande alla maniera di al Qaeda, con un’analoga struttura tentacolare priva di una direzione strategica ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica, di una vitalità che è quella delle neoplasie e munita di ragione sociale di enorme, temibile affidabilità” (Relazione 2008 della commissione parlamentare antimafia del Presidente Francesco Forgione).
Si riteneva quindi che la struttura interna ad ogni cosca della ‘ndrangheta poggiasse prevalentemente sui membri di un nucleo familiare legati tra loro da vincoli di sangue, le “N’drine”.
I suoi punti forti si riteneva esclusivamente fossero la struttura orizzontale, familismo a prova di pentiti, controllo totale del territorio (tenetene conto a proposito di quanto diremo dopo riguardo ai voti), infiltrazione negli apparati dello statali attraverso la camera di compensazione di poteri occulti. E qui siamo arrivati al nodo e alla novità di queste ore. I poteri occulti sono (forse) stati individuati facendo scoprire una “cupola”. Ora vediamo di non buttare via tutto.
“Scenario inimmaginabile e preoccupante per la sicurezza dello Stato”, definiva – qualche anno addietro – il politico (per bene) Gaetano Quagliarello la legittima e preziosissima attività investigativa di Gioacchino Genchi, il super esperto di “lettura dei tabulari telefonici”, produzione obbligatoria che ogni “telefonino” (anche il vostro) determina. Tabulati che, se uno li sa leggere, “parlano” con assoluta trasparenza e sono determinanti per ogni indagine complessa. Soprattutto quelle che riguardano la criminalità organizzata e la politica criminale ben intrecciate.
Quagliariello si preoccupava all’epoca dell’attività benemerita di Genchi e di De Magistris e lo troviamo disinformato compagno d’avventura politica con quel “inimmaginabile e preoccupante” personaggio che in queste ore comincia a delinearsi essere Caridi Antonio Stefano. Disinformato, nonostante il senatore Quagliarello abbia frequentato a lungo il COPASIR dove, per definizione, bisognerebbe essere informati.
“Roba da Corte Marziale”, se ne usciva Maurizio Gasparri, in odio a Giocchino Genchi, a suo tempo cercando di gettare fango sul servitore dello Stato.
Oggi, il “per bene” Gasparri risulta attenzionato dalla Procura della Repubblica calabrese competente, in quanto eletto nel territorio “controllato” da una “cupola” coordinata, tra gli altri, da “perbenissimo” Caridi.
Il Caridi, di fatto, pur avendo mutato sigla partitica di appartenenza settecento volte potrebbe essere ricondotto sostanzialmente alla compagine politica (il centro ex democristiano) che un tempo era anche frequentata dal Ministro di Polizia Angelino Alfano.
Cupola, lei sì, da Corte Marziale. Il Gasparri attenzionato è in buona compagnia del “romano” Alemanno che veniva prudentemente eletto proprio in territorio calabrese dove, è notorio, le cosche e la massoneria deviatissima e nerissima, controllano, palmo a palmo, la volontà popolare!
Per non distrarsi su Quagliariello, compagno di “organizzazione” politica del Caridi, proviamo a ricordare che in sintonia con il calabrese Marco Minniti (a sua volta ultra esperto di indagini complesse, di massonerie deviate, di servizi segreti, di criminalità in quanto, da venti anni, dopo la dipartita di Ugo Pecchioli, per il PCI prima e per le varie sigle che hanno denominato la sinistra parlamentare si è interessato di questi temi) si è sempre posto “il problema delle gravi patologie che affliggono la giustizia italiana quali le intercettazioni telefoniche e i dati che ne scaturiscono”.
Che fissa questi politici per bene: il problema sono le indagini telefoniche e non lo strame di verità, giustizia, libertà, democrazia che i loro “compagni di avventura politica” attuano in accordo con la criminalità. Gente strapagata, stra-scortata, stra-informata che non si accorge mai di niente. Fossero, oltre che stra-pagati e stra-informati anche degli stra-coglioni?
Comunque, questa ennesima storia calabrese è ben altro che semplicemente una storiaccia locale. Anzi, più leggo la cronaca di queste ore, più nel cervello stanco e pre-occupato di un settantenne malato emergono ricordi di pagine illuminanti (Il Caso Genchi – Storia di un uomo in balia dello Stato) che vi invito cortesemente a leggere per essere pronti nei prossimi tempi a capire cosa i ROS dei Carabinieri hanno in realtà portato a galla. Rizomi, rizomi, rizomi che, cresciuti (o lasciati crescere?) in modo pervasivo, oggi attanagliano l’intero tessuto connettivo della Repubblica. Questi signori, partendo dal recondito dello “stivale”, sono ormai ovunque e da decenni. Chiunque abbia frequentato la politica istituzionale calabrese non potrà essere creduto se cadrà dal pero. Gli addetti ai lavori sapevano tutto di tutti o ci dovranno dire che sono dei cretini, cretine, rincoglioniti, rincoglionite e, conseguentemente, dovranno essere invitati a restituire il mal tolto. Intendendo quello percepito sotto forma di prebende legali. Dieci anni addietro, Gasparri e Alemanno, ad esempio, entrambi romani de’ Roma e cresciuti (male) a Roma, venivano eletti nei territori di Catanzaro – Cosenza – Vibo Valentia – Reggio Calabria non solo gli scontati Chiaravalloti, Loiero, Scopelliti, Fuda e compagnia cantando. Non dico che erano affiliati a niente; sostengo solo che dove la “cupola” oggi scoperta decideva vita morte e miracoli, i due ex missini venivano eletti o in quanto coglioni disinformati o in quanto consapevoli di dove e da chi beccavano i voti. Meditate gente, meditate perché, nei prossimi giorni, la sfilata nei locali della Procura di Reggio vi potrà scioccare scoprendo che, dal 2001, nessuno degli eletti in Calabria, nessuno escluso (o esclusa!), lo è stato per suo merito o senza passare sotto il vaglio della super-super-super cupola oggi portata finalmente allo scoperto. Cupola composta da gente, ad esempio, come Romeo Paolo, eletto (PSDI) nel lontano 1992, nella Circoscrizione Catanzaro – Cosenza – Reggio Calabria, poco dopo l’inizio della stagione di Mani pulite, in pieno cambiamento etico morale (!), che ancora lì a tramare.
Dobbiamo decidere di stare vicinissimi ai magistrati che – per tutti noi – stanno cercando di portare “in piena luce” i luoghi di regia e dell’agire occulto di questi crudeli pupari.
Oreste Grani che sempre di più ritiene che la questione del Sud di Qualità dovrà essere risolta con fermezza e capacità di visione culturale strategica. Senza le quali, in combinata e sapiente formula, tutto sarà inutile.