È arrivato il tempo di saper dire tanti no ed alcuni si nell’interesse superiore della Nazione
Finalmente spuntano intorno al giovane volenteroso Angelo Tofalo nomi che mi rassicurano sul futuro prossimo di Intelligence Partecipata (Ubiqua/Diffusa) o, come il generale Umberto Rapetto usa chiamarla, Wiki-Intelligence. Leggo anche su questo blog che in sala c’erano meno ambasciatori, prefetti, politici bolliti responsabili, tra altri, di cosa è accaduto o non accade, da decenni, in questo settore strategico perché si configuri il cambiamento culturale necessario a che la “degenerazione partitocratica” molli l’osso dei “servizi segreti” e quindi della sicurezza in cui devono ragionevolmente vivere i cittadini.
Meno “colpevoli” degli osceni trascorsi e più oscuri servitori dello Stato che, con affetto ed onestà di intenti, si propongono di dare al M5S quel supporto specialistico senza il quale nulla sarà possibile. E parlo anche del sapiente uso delle tecnologie e dell’amica informatica. A quanto capisco, in sala, questa volta, c’erano più figure di questo spessore che “volta gabbana” dell’ultima ora pronti ad infiltrarsi ed a condizionare/controllare/attenzionare/monitorare la forza del cambiamento emergente.
Come si dice, ci voleva il tempo che ci voleva: mi sembra di intravedere meno Link Campus e affini, e più lealtà alla Repubblica democratica.
Certo, come è evidente, dal 18 dicembre del 2015, giorno in cui il cittadino a 5 stelle, eletto al Parlamento, Angelo Tofalo, organizzò il convegno “Intelligence collettiva”, su questo terreno asperrimo dove avanzare lo si fa sempre a rischio di prendersi una fucilata in testa ad opera di solerti cecchini appositamente ingaggiati e pre-disposti, qualche battuta si è persa.
Ad esempio, ci si doveva organizzare in modo più reattivo per predisporre il contrasto al prevedibile tiro incrociato – ancora in essere – al Comune di Roma. Ci voleva un “governo ombra” (di anglosassone memoria) e un’intelligence all’altezza della complessità prevedibile. Mesi prima bisognava essere pronti a simulare quanto oggi sta accadendo e anticipare le mosse dei criminali schierati a difesa della conservazione perché la capitale del nostro Bel Paese non fosse mai liberata. Era quanto sperai quel 18 dicembre 2015 quando ebbi modo di assistere, telematicamente, al primo convegno sul tema. Mi accorsi da presenze inopportune e da ipocriti saluti che non c’eravamo proprio.
Andava – come dicevo – preparato il dopo (questo, tra l’altro, fa l’Intelligence) a prescindere se avesse vinto questa o quel pentastellato.
Perché che avrebbe vinto alla carica di sindaco della Capitale un cittadino candidato dal M5S lo sapevano anche i controversi “san-pietrini” romani. Cioè, anche le pietre! Altro che il tiro al piccione odierno. Comunque, come detto e per i frettolosi che da tempo anelavano farsi avanti, ci voleva il tempo suo.
Ora però il tempo è passato non è il caso più di perdere un solo istante. E lo dico da non avente causa. Non solo bisogna essere veloci come insegnano gli strateghi orientali ma non si devono avere remore nel pronunciare ed eventualmente attuare il sacrosanto “non si fanno prigionieri”.
Come la battaglia in corso intorno alla Capitale insegna, la rivoluzione culturale necessaria a far riconquistare la sovranità a questo martoriato Paese, non è certo un ballo in maschera.
Ci si deve avvicinare con la giberna piena di umiltà per le complessità che si devono affrontare ma con un tipo di determinazione che consenta di non ritrarsi quando si passerà ai “ferri corti”. Ripeto: la battaglia di Roma (in corso) non è una Stalingrado ma poco ci manca. È a Roma, e non nella già ben avviata Torino, che si giocano le speranze per la libertà e la democrazia repubblicana. È a Roma che si possono disperdere i 9 milioni di voti!
L’illecito che attanaglia il Paese, si sconfigge strategicamente nella Capitale, resa infetta ed insicura da decine di anni di malaffare.
Senza intelligence intelligente e culturalmente evoluta, sostenuta da molto, molto, molto coraggio, è meglio non proporsi, ritenendo che lo scontro possa essere una qualche vetrina utile più a se che alla comunità. Nel mondo dell’Intelligence – che sia Wiki o meno – si serve defilati, non per la ricerca dell’oscurità complice dell’illecito ma perché, per servire gli interessi della Comunità, si deve essere campioni della rinuncia o, come diciamo da queste parti, del “saper dire di no“; bisogna saper rinunciare a tutto, se non all’interesse superiore della Nazione.
Auguri al generale Rapetto e a chi si volesse schierare con lui, intorno a lui, a suo sostegno e quindi del tentativo che il M5S di Beppe Grillo continua a perpetuare perché la dittatura del malaffare partitocratico allenti almeno la morsa. A cominciare da Roma/Stalingrado. E lo dice uno che non ha certo mai avuto simpatia per Giuseppe Stalin. Ma neanche per quella banda di malfattori (50.000?) organizzatisi nei Circoli Sportivi disposti lungo i fiumi di Roma. Che sono due: Tevere ed Aniene. Appunto.
Oreste Grani/Leo Rugens
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