A Genova scende la notte e si spengono le stelle

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Non entro nel merito di questa ennesima vicenda “local” che riguarda il M5S. Non lo faccio perché non ne so niente oltre a quanto si può sapere dai media (per cui ognuno si facesse una sua idea) e non serve certamente a fare luce su questi grovigli il pensiero di un marginale ed ininfluente blogger. Mi limito solo a evidenziare che se non si comincia a distinguere cosa sia di Dio e cosa di Cesare, il patrimonio rappresentato dal coraggio dimostrato da milioni di italiani verrà disperso, quando un qualunque “Draghi” dovesse scendere in campo.

Non era questione che doveva finire in un’aula di tribunale. Punto.

Farsi luogo un po’ para-politico e molto para-aziendale, si vedrà quali limiti potrebbe comportare.

Certamente, a Genova, si sono evidenziate delle inadeguatezze (peccati veniali rispetto ai criminali che fino ad oggi hanno saccheggiato la Repubblica) rispetto al compito che si delinea per chi auspichiamo arrivi a guidare il Paese. Sono fra quelli che avrebbe fatto come Grillo ma la differenza è che io non sono Grillo e che io me lo posso permettere di dire che quella Marika Cassimatis, mi sta sul cazzo e basta. Ma io sono un eretico, segnato da una lettera scarlatta, incisa a fuoco, e me ne sbatto il belino di chiunque.

Grillo, peggio di me, dopo solo poche ore dalla manifestazione di Ivrea, dice che le piazze devono svuotarsi, che sono luoghi dove possono  essere ordite provocazioni (e non si sbaglia) perché ormai “ci siamo”.

Che Grillo pensi che le piazze (neanche quelle telematiche?) non decidono niente, penso che lo pensi da quando quella sera (Rodotà, Rodotà), non arrivò a Roma.

Le piazze, quindi, ora devono stare al loro posto ma io (che non son nessuno) continuo a pensare che se quella sera, invece di svanire nel nulla, il capo carismatico del MoVimento arrivava, banalmente, ci risparmiavamo Giorgio Napolitano, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e la sospensione delle garanzie costituzionali ancora in essere.

Per cui, a volte, le piazze contano. Ci sono mille modi – come è ovvio – di fare politica ma pensare che la Cassimatis non diventerà un problema, la racconta lunga su alcuni limiti di chi si è fatto classe dirigente arrivando addirittura, in queste ore, a non volerne sentire parlare di classi dirigenti e di mancanza delle stesse. Luigi Di Maio, ad esempio, sull’entusiasmo del successo olivettiano, se ne uscito con eccessive semplificazioni sul tema.

Non dico quindi quando ci si schiera con Putin o quando si ritiene che invitare Paolo Magri dell’ISPI ad Ivrea, sia cosa neutra, nella lotta per la libertà dei popoli, ma quando si va alle elezioni amministrative in tre grandi città (Genova, Parma e Palermo, ad esempio) e in tutte e tre ci sono “bisticci”, un po’ di prudenza ci vorrebbe prima di dire che il problema non è di classe dirigente da reclutare, selezionare, formare.

I tre luoghi conflittuali peseranno sulla lettura del risultato numerico delle prossime amministrative. I numeri relativi e i numeri assoluti (anche banalizzazioni del tipo chi ha vinto e chi ha perso) risentiranno di queste malumori mal gestiti. Perché, se si vuole bene al M5S (ed io gliene voglio da anni), non si può certo dire che le questioni “condominiali” siano state affrontate con sufficiente abilità. Ma non lamentiamoci. Non si può avere tutto. Godiamoci intanto le incursioni nel futuro messe a terra, a partire da Ivrea, nel nome di Gianroberto Casaleggio.

Oreste Grani/Leo Rugens