Il Milan è cinese. Come l’Inter. Come ben altro…

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Che Silvio Berlusconi fosse un “sòla” che, per soldi, era pronto a tutto, non ci voleva la vendita del Milan a un oscuro “commmmunista cinese”  per testimoniarlo.

Perché, tenente conto che in Cina non esiste la proprietà privata come la intendete dalle parti di Milano per cui che questo signore sia di fatto un suddito della Repubblica popolare cinese è certo e come tale se quelli si fanno girare il chiccherone non credo che uno se la possa cavare dicendo che il Milan è suo.

Difficile infatti dire “questa cosa è mia” a quelli del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, tanto è vero che ieri l’annuncio del completamento dell’acquisto del Milan è stato dato dalla Xinhuanet.com, l’ANSA della Repubblica Popolare Cinese, con pochissimo rilievo.

Il quarantottenne Yongong Li, nasce sotto il comunismo, studia sotto il comunismo, comincia a fare soldi (suoi?) sotto il comunismo e compra ora il Milan, mentre in Cina ancora c’è una dittatura comunista.

In Cina (per quel poco che ti fanno sapere quando vogliono farti sapere qualcosa da quelle parti) l’acquirente “sembra” uno ricco (non ricchissimo) ma che ha dovuto mettere a garanzia, per avere la liquidità sufficiente per accontentare Berlusconi, degli immobili che valgono finché valgono gli immobili.

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I DUE CINESI!

Come fu per Berlusconi, anche il nuovo calciocrate è preceduto da chiacchiere su come abbia fatto a rastrellare i primi soldi, per poi accelerare nel business: pare che glieli abbiano forzosamente (nel senso che li ha solati) prestati 18.000 (sono tanti anche in Cina) cittadini per sviluppare in un settore tradizionale (l’agricoltura) ma che in quel caso veniva definita ai risparmiatori/investitori “sostenibie”. Cosa possa essere in Cina l’agricoltura sostenibile, ancora oggi è difficile da definire. Figurarsi negli anni ’90, quando fu fatta la mossa rastrellatrice.

Oggi, in molti (soprattutto i tifosissimi rossoneri) non riuscirebbero a credere che Berlusca ci ha straguadagnato in questa vicenda della vendita. Lui (e i suoi intimi ovviamente) e nessun altro.

Riflettete, se ci riuscite da tifosi accecati: sono i vostri biglietti (salatissimi), i vostri abbonamenti alle partite da vedere in TV, i vostri acquisti di gaggettistica, le vostre trasferte che hanno costruito, mollichella dopo mollichella, il valore del Milan e, adesso, la patrimonializzazione di tutto questo azionariato popolare, se lo godono/godranno la Pascale (che tifa, in segreto, Napoli), gli eredi di Berlusca, le amiche della Pascale.

Il lupo/diavolo rossonero, intanto, con l’effetto alone del Milan, si è mangiato gli agnellini e le agnelline, per anni. A volte, perfino vivi.

A far capire che era semplicemente un “sòla” che avrebbe fatto sempre il frocio (si può dire frocio?) con il culo (si può dire culo?) degli altri (vedi Marcello Dell’Utri), sarebbe bastato il sodalizio con l’altro commmmunista della sua vita, Vladimir Putin, con cui, per fare business, sarebbe stato pronto a farselo mettere (questa volta senza dire dove) da un cosacco, abbeveratore di cavalli, a San Pietro.

Non a caso, per dare priorità e maggiori garanzie al business, Silvio e Vladimir, si sono legati, nel tempo, con giuramento massonico, mai utilizzato per fini peggiori, negli ultimi  300 anni. Passiamo un po’ agli scherzi in questo clima da spot elettorale tra calciatori e pecorelle sbaciucchiate. Quando si apriranno gli archivi segretissimi che ancora vengono alimentati a Mosca si scoprirà che Berlusca, non solo è commmunista, ma che è della Juventus e che detestava suo padre che lo portava allo stadio a tifare rossonero.

Per soldi, per la fica (si può dire fica?) e per il potere, arrendetevi suoi fedelissimi seguaci, il Silvio Nazionale avrebbe fatto qualunque cosa, a cominciare, come ha fatto, in complicità con Cesare Previti, il raggiro per l’acquisto, a ribasso, per un tozzo di pane (ecco il sola di cui sopra), di Arcore, alla minorenne Casati Stampa, orfana del Marchese Camillino, l’assassino erotomane degli anni ’70.

Età simili (49 anni, Berlusca, senza capelli, quando diventa padrone del Milan e 48, Yonghong Li, con capelli, ora che subentra), inizi oscuri simili, un mare di debiti alla stessa età. Vediamo se ci saranno differenze nel proseguo o altre similitudini.

L’apertura delle 50.000 scuole calcio in Cina di cui vi ho parlato nel post HO UNA QUESTIONE APERTA CON LA VITA IN GENERALE MA IN PARTICOLARE CON L’ANNO 1972 del 27 febbraio 2017 per spargere oppio e tenere buoni milioni di cinesi sfruttati dal comunismo di Stato, potrebbe essere il vero motivo per cui si portano in Cina marchi, come Inter e Milan, in un geniale piano di rincoglionimento epocale. Popolo, inoltre, quello cinese di giocatori/scommettitori pazzi come pochi.

A questo state assistendo. Se poi volete credere agli asini che volano, fate voi.

Il football, ormai, è questo. Fin che dura. Ma non parliamo di lacrime e di nostalgia. Era un business per il cinico Silvio; lo è per l’uomo dagli occhi a mandorla.   

Oreste Grani/Leo Rugens