Ma quando torna dalle ferie Luciano Foschini?
Quindi, a seguire i media in queste ore, Alberto Massari, il 21 luglio 2017, “Intelligence collettiva: I Servizi Segreti nel Mondo”, non si sbagliava a porre l’accento sull’inasprirsi della questione/tensione da decine di anni, in essere, tra Francia e Italia. Tanto meno sul ricordare ad una platea attenta e ai colleghi relatori tutti più esperti di lui che la questione di Giulio Regeni doveva essere non solo non rimossa ma la memoria del gravissimo episodio rafforzata. Ricordiamolo, ai distratti, ai furbi interessati o ai disinformatori di professione, che Massari propose una borsa di studio intitolata al giovane compatriota trucidato barbaramente dai servizi segreti egiziani. Ora veniamo a sapere che uno come Angelino Alfano si fa avanti e propone di intitolare proprio a Giulio Regeni, un iniziativa culturale che dovrebbe legare intelligentemente l’Italia e l’Egitto. Se il nostro fosse un Paese serio, il pro sarebbe una bellissima iniziativa. Il nostro ruolo nel Mediterraneo (e quindi il rapporto anche con l’Egitto) deve assolutamente passare attraverso la cultura (questo marginale e ininfluente blog ricorda ai suoi quattro lettori e mezzo che abbiamo accolto, a puntate, un lavoro di Pompeo De Angelis “Suez. La costruzione del canale marittimo da Occidente a Oriente” e che si prepara a divenire un volume) e altrettanto la comprensione delle complessità che oggi segnano l’Egitto, paese connotato dal Canale più importante del Mondo (per noi mediterranei tale deve essere considerato) e da tensioni sociopolitiche che il bravo e intelligente Regeni stava osservando quando lo hanno catturato e massacrato, per giorni, senza che i nostri servizi ne sapessero nulla o fossero in grado, avendone saputo qualcosa, di fermare il boia. Altro che aver frainteso cosa volesse dire Massari, caro silente Luciano Foschini. Professionista che dovrà prima o poi tornare dalle ferie e così, presente sulla piazza elettronica, dirci come e perché ha preso fischi per fiaschi, ritenendo Massari, di fatto, un supporter di Al-Sisi. Cosa che mi sembra si cominci a capire (vedi NYT) è stato ruolo di altri.
Di altri quindi ma certamente non di Massari che, civilmente, a poche ore dall’offesa arrecatagli dal disinformato/disinformante Foschini inviava allo stesso la lettera che ancora oggi ripostiamo. Cosa che continueremo a fare fino a quando il disinformatore non riterrà opportuno risponderci e chiarire perché di quelle lucciole per lanterne. La morte del compatriota Regeni è una cosa seria e straziante (come sosteniamo dal primo momento e certamente da prima che Foschini fiatasse in materia) non solo per le modalità con cui si è consumata la tragedia. La fine di Regeni è un atto cosciente di natura geopolitica, cioè di sicurezza nazionale e quindi è bene che non si pisci, gratuitamente, fuori del vaso trattandolo. La morte di Regeni dovrebbe (e così sarà) riguardare tutti gli italiani come sosteniamo da prima che il Foschini capisse cosa fosse accaduto al Cairo.
Comunque, prima si scusa, meglio è per tutti, in modo da poterci dedicare, con le necessarie energie, alla ricerca della verità come da sempre chiedono i familiari del nostro compatriota massacrato.
Oreste Grani/Leo Rugens
Caro Leo, i cretini come i Foschini non dormono mai né mai vanno in vacanza come testimonia l’ennesimo scempio della verità che il nostro ha perpetrato oggi dalle colonne di Repubblica, “un giornale di m…” secondo una autorevole fonte che mai tradirò… Ebbene, anche oggi, 17 agosto 2017, l’apprendista stregone del giornalismo nostrano, ribadisce che il Regeni Giulio, mai ha lavorato per agenzie di intelligence private, dando così del bugiardo a Graham Hutchings, numero uno di Oxford Analytica e dando del coglione alla collega Marta Serafini, collega del Corriere, che del Graham Hutchings riporta le parole in una intervista che copio e incollo di seguito. Riguardo ai genitori di Regeni, che negano, secondo quanto riportato dai giornalisti, che il figlio avesse mai lavorato per agenzie private di intelligence, penso con affetto e mi chiedo chi li stia consigliando in materia.
Dionisia
Regeni e quel lavoro da consulente per Oxford Analytica
Il suo superiore nella società di consulenza finita nel mirino dei sospetti: «Giulio aveva un contratto con noi a tempo pieno». La famiglia smentisce: «Giulio non era dei servizi»
di Marta Serafini
16.2.16 Corriere.it
«Si, ha lavorato per noi: per un anno esatto da settembre 2013 a settembre 2014». Scandisce le parole lentamente Graham Hutchings, numero uno di Oxford Analytica. È quella collaborazione di Giulio con una delle più grandi aziende di consulenza geostrategica al mondo con sedi a Oxford, New York, Washington e Parigi, ad aver tenuto banco nelle ultime ore e aver fatto aumentare i sospetti su una possibile fuga di notizie sulle ricerche di Giulio Regeni. Hutchings, ex giornalista del Telegraph ed esperto di politica ed economia cinese, è stato il superiore di Giulio Regeni. «Aveva un contratto a tempo pieno, si occupava per noi dei prodotti digitali, delle newsletter quotidiane che inviamo ai nostri clienti», spiega al telefono.
I rapporti e la pista dell’intelligence
«Daily Brief», si chiamano in gergo, report che il gruppo invia ai suoi clienti (aziende o governi che siano). Niente di segreto ma nemmeno di pubblico, in quanto questi prodotti sono riservati solo a chi si abbona e paga per il servizio. Per un anno Giulio fa ricerche e si occupa dei «prodotti digitali» seduto alla sua scrivania della sede di Oxford. Alla domanda sul contenuto del suo lavoro, Hutchings si irrigidisce. «Riguardava tutto il mondo, nessuno Stato in particolare». Insistiamo. Già allora Giulio si occupava di Egitto? «Ripeto, il contenuto del suo lavoro non riguardava un singolo Stato ma tutto il pianeta, non voglio dire oltre». Per tutto il 2013 Regeni affianca alla sua attività universitaria (in questo periodo è MPhil a Cambridge, segue cioè un Master di secondo livello, propedeutico al dottorato) ricerche e la stesura di rapporti per Oxford Analytica. «Era entrato in contatto con noi attraverso l’università», continua Hutchings. Come altri studenti del suo profilo per Giulio non è così insolito lavorare per società di consulenza. E se non è insolito che i servizi cerchino fonti tra i ricercatori e negli ambienti universitari — elemento che probabilmente ha portato le indagini anche verso questa direzione — la famiglia del ragazzo smentisce secca: «Giulio non era un uomo dei servizi. Provare ad avvalorare l’ipotesi che Giulio Regeni fosse un uomo al servizio dell’intelligence – prosegue la famiglia – significa offendere la memoria di un giovane universitario che aveva fatto della ricerca sul campo una legittima ambizione di studio e di vita».
Il muro dei no comment
Ma allora perché questa ipotesi ha preso piede nelle ultime ore? Appena sbarcato in Alfred Street, sede della società ad Oxford, nel settembre 2013 Giulio apre un profilo Twitter, da cui posta qualche contenuto chiaramente connesso alla sua attività per il gruppo. Ma, all’apparenza, almeno dalle tracce lasciate in rete, nulla di più. Dopo un anno Giulio decide però di lasciare Oxford Analytica: «Aveva una grande passione per il Medio Oriente e per l’Egitto e ha preferito concentrarsi sugli studi», conclude Hutchings. Difficile però capire in che rapporti il ricercatore sia rimasto con questo ambiente. Con lui per lo stesso gruppo lavora anche Paz Zarate, cilena, avvocato specializzata in diritto internazionale, di base in Gran Bretagna. «Ero la sua mentore», ci ha spiegato in questi giorni via mail. Paz è tra i compagni di Giulio più attivi sia nella fase di ricerca del giovane, nelle ore angosciose che seguono l’allerta della sua scomparsa, sia dopo il ritrovamento per il corpo. E numerosi sono i link postati sui profili social della donna che rimandano agli appelli per chiedere giustizia. Quando però le si domanda che idea si sia fatta della morte di Giulio, la risposta è sempre la stessa di questi giorni: «No comment».
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Cara Dionisia, Foschini non è un cretino (facile dargli del …tanto in tribunale ci vado io!!!) ma è uno che segue un percorso disinformante molto sofisticato e come tale va affrontato e trattato. Anzi come tale ho incominciato a trattarlo. Vediamo se crolla e se mi chiama in Procura. Vediamo. Evitiamo di offenderlo con contumelie semplificatrici. Il caso Reggeni (come era il caso Shalabayeva) non è semplice. Anzi, è complesso e come tale va trattato, fino a quando i colpevoli non saranno stanati. Colpevoli per l’orrore perpetuato alcuni ed altri per non aver saputo difendere la verità e l’onore del nostro compatriota. Che, più innocente di tutti, è stato lasciato in mano ai mostri.
Oreste Grani Leone Ruggente come non mai
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“I cretini come i Foschini” nelle mie intenzioni ha un significato diverso da “I cretini come Foschini”, questo sì un insulto, che non ho assolutamente pensato di indirizzargli. Ritengo che i Foschini, al pari dei cretini, identifichino una categoria umana che tende a danneggiare gli altri oltre a se stessi, giacché ritengo che un uomo che menta consapevolmente affermando di dire la verità, quando non si tratti di un marito fedifrago, bensì di un giornalista danneggi innanzitutto la propria reputazione. Non so dire che quella di Foschini sia prostituzione intellettuale, non ne ho la prova certa, potremmo scoprire infatti che creda davvero a ciò che scrive, così da iscriversi autonomamente alla categoria dei cretini.
Dionisia
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