Augusto Fantozzi e la violazione dell’art.3 della Costituzione
Tra le decine di mascalzoni che si sentivano baroni e padroni delle università italiane, c’è anche quel Augusto Fantozzi (non il ragioniere Ugo) che, a suo tempo, con il suo studio professionale, fattosi coordinatore dei consulenti degli evasori di quanto dovuto allo Stato sugli omessi “versamenti” per le slot machine, riuscì ad ottenere che i criminali corruttori di milioni di italiani indotti ad contrarre il vizio devastante della scommessa elettronica, la facessero franca. Augusto Fantozzi, l’uomo a cui le forze politiche hanno consentito di cavillosamente ottenere che i criminali spacciatori di dipendenza da gioco non pagassero la maxi multa di 98 miliardi (che avrebbe stroncato una volta per tutte la piaga della droga elettronica almeno nei bar) è certamente un furbo amorale ma al tempo, con altre decine di maestri di ingiustizie, in questa inchiesta in atto nel mondo accademico, appare un piccolo manigoldo, costruttore di clientele e selezionatore di ossequiosi portatosi di borse e reggitore di code. Ministro, de ché? Professore, de ché? Gli arresti di ieri scoprono alcuni dei veri padroni d’Italia, i loro volti, le loro storie, le proprietà (le cattedre universitarie) che controllano come tanti piccoli feudi quasi fosse la loro roba. Come altre volte e in altre inchieste i primari-professori si era spartiti ogni centimetro quadrato degli-ospedali università. Quanto emerge dalle intercettazioni (sante, sante, sante) è la prova di come l’etica sia calpestata da parte di questi mascalzoni e oltre all’etica la legge delle leggi, cioè la Costituzione repubblicana nella fattispecie dell’articolo 3 che sancisce che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. I professori (di fatto pubblici ufficiali) dovrebbero essere assisi sulle loro cattedre non solo per formare ma con il compito di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di questa uguaglianza.
Quando da queste parti consideriamo traditori del Paese questi figuri che ciclicamente vengono beccati a farsi i cazzi propri nella cosa pubblica (e non parlo solo del banale rubare) intendiamo che nel loro agire violano la Costituzione e in quanto violatori della legge fondante la convivenza pacifica del popolo sovrano, vanno considerati dei mestatori sabotatori e istigatori alla sopraffazione di uno sull’altro degli italiani. Vanno considerati dei nemici dello sviluppo equo, armonico della società e in quanto tali pericolosi socialmente. Con tutte le aggravanti del caso. Loro sì, cattivi maestri. La violazione della Costituzione è il vero capo d’accusa per questi teppisti del diritto fai da te. Una parte del Paese, soprattutto tra i professori universitari, non considera la Costituzione un vincolo e non riconosce il valore fondante dell’articolo 3. Basterebbe questo disprezzo per l’articolo 3 per una santa guerra civile: di civiltà, appunto!
In Italia queste intercettazioni (sante, sante, sante) rivelano quanto sia diffusa una cultura del privilegio che non è conciliabile, torno a scriverlo, con il principio che la legge è uguale per tutti. E questa cultura parte da lontano e affonda le sue radici in una deriva del mondo occidentale che si spinge sempre più ad appiattire il nostro sistema di valori su formule esclusivamente di tipo economico quali il mitico mercato, la violenta competizione, la finanza come dea prima. E vien rimossa completamente la legalità, come se non fosse indispensabile anche per l’economia e la finanza. Gli arrestati e gli inquisiti di queste ore sono quelli (qualcuno potrebbe essere sfuggito alla retata) che, sconosciuti alla stragrande maggioranza degli italiani onesti e operosi, fanno e disfanno il destino tecnico-giuridico-finanziario di tutto il Paese. La gentaccia che parla in quel modo incontrovertibile delle pedine/uomini da piazzare e da mettere al servizio della propria avidità e sete di potere, sono quelli che passano gran parte del loro tempo a proteggere la criminalità che sola, a sua volta, si può permettere consulenze onerose come quelle che questi studi professionali impongono in un giro ricorsivo di ingiustizia sociale. Piatto ricco mi ci ficco e il Paese vede crescere l’ingiustizia matrice della possibile Guerra civile.
Quella di ieri non è solo la retata di prepotenti che considerano cosa loro (mafiosamente “cosa nostra” quindi e qui si che ci vorrebbe il 41 bis per la pericolosità sociale) il bene pubblico ma uno dei tanti esempi dei terreni dove si sarebbe dovuta misurare la vera capacità di cambiamento degli amici pentastellati per troppo tempo impegnati a mostrare al Paese che gli scontrini fanno fede in una onesta nota spese. Come vedete, amici del M5S, c’era ben altro da capire, contrastare, mettere sotto accusa nelle sedi istituzionali in cui avevate avuto il privilegio di entrare. La Magistratura e le Forze dell’Ordine non andavano lasciate sole senza una guida politica perché tra l’altro, a difesa di questo tipo di manigoldi, da alcune ore, sono scattate le altre corporazioni, prime fra tutte quella degli avvocati. Non meno potente e pericolosa. L’Italia è ancora in ostaggio delle corporazioni dopo anni dall’entrata in gioco della variante a cinque stelle. Che, di come funziona il potere in Italia, diciamolo, non ci hanno capito un cazzo. Altrimenti mai e poi mai avrebbero trascurato quei luoghi di osservazione che sono gli ordini professionali a cui in questi anni si sarebbe dovuto demandare almeno due compiti principali: il primo certamente garantire il massimo controllo possibile sui processi di selezione e formazione, che deve essere permanente e non solo nel momento della cooptazione iniziale. E, successivamente, assicurare, con occhi ipervedenti, il rispetto della deontologia. Ma queste scelte sono, come si capisce intuitivamente, di natura prettamente politica e, diciamolo, ideologico-culturale. Approcci che con questo cazzeggio della rete “sapiente” sono cose inconciliabili. E così mentre alcuni perdevano tempo a richiamare l’attenzione su perché e per come gli anglo-americani, dopo aver indotto i nazisti a ritenere che sarebbero sbarcati a Calais misero gli stivali a terra in Normandia, i troppi Augusto Fantozzi governavano la sostanza finanziaria della Repubblica. Perché spero che lo abbiate capito dove voglio andare a parare, è negli studi e introno alle cattedre di questi teppisti che si gioca la spesa pubblica.
Oreste Grani/Leo Rugens