Pierluigi Piccini (MPS e David Rossi) parli ora o taccia per sempre
In queste ore ho rivisto, in video e in tv, Pierluigi Piccini, già, per non pochi anni, sindaco di Siena. Altri anni, prima di quando fosse eletto sindaco, Piccini li aveva vissuti, da romano trapiantato a Siena, ad impratichirsi di banche (del MPS in realtà) per conto del PCI: è andato in pensione da dirigente di quella mucca da mungere, penso con una robusta liquidazione (sarebbe interessante conoscere i numeri) e con una pensione che suppongo da vero privilegiato. Se si pensa come e quando, da compagno funzionario di partito, era partito da Roma, certamente non si può dire che abbia sofferto la fame. Altri anni li aveva passati a fare l’assessore alla cultura in una delle città più belle del mondo e che avrebbe dovuto, per vocazione, essere anche raffinatamente colta. Invece Siena, dopo altre stagioni, ha conosciuto solo ed esclusivamente quella del malaffare e dei rapporti personali sotterranei, a volte, come ora si dice, inconfessabili. È vero che Piccini ha ragione quando dice che bisogna evitare, in presenza del morto David Rossi, di mandare tutto in “caciara” facendo riferimento, in chiave gossip, ai festini sesso ed altro, ma comunque è lui che invece di esprimere solo dubbi (o fare argomentate accuse) sulle dinamiche del suicidio/omicidio del suo ex collaboratore e amico, ha fatto allusioni e amplificato voci. Voci maligne che girano a Siena da sempre e che, in altra stagione, lo hanno perfino riguardato: quando sono stato per mesi nella città del Palio, durante la famigerata primavera del 2011, ho il ricordo che, nell’infuocata /manipolata/ predeterminata campagna elettorale per l’elezione del Sindaco (uscì l’ebete Franco Ceccuzzi e mentre lo scrivo penso se sia un reato dare dell’ebete a qualcuno), le persone che mi avvicinavano, qualche riferimento irripetibile sulla moralità di Piccini stesso, di Giuseppe Mussari e di altre persone veramente importanti (VIP) in città, me lo vennero a fare.
Anzi, alcuni di cui non ricordo i nomi, mi dissero che tutta la storia che l’Italia intera ha poi pagato (parlo della fine della virtuosa esperienza politica e culturale di Siena) ebbe come motore liti tra amici che si scoprirono non più affettuosi e leali tra loro come lo erano stati in un bel tempo andato. Mi arrivarono a sussurrare che alcuni erano stati intimissimi tra loro e che la carneficina finanziaria e amministrativa del Monte e della Città del Palio, era in realtà frutto di una degenerazione di affetti morbosi che si erano scoperti finiti il giorno dopo il grande tradimento attuato da Giuseppe Mussari, nei confronti di Pierluigi Piccini, suo mentore e guida intellettuale e politica quando gli soffiò il posto di Presidente della Fondazione MPS. Nessuno è poi andato con serietà investigativa dietro a quelle chiavi interpretative, che in qualche modo potevano essere tenute in considerazione nella valutazione dei moventi. Quando si studia il crimine, la gelosia (ed altro) è fattore da non sottovalutare. Non è mandare tutto in caciara. Se in quella città così delicata per gli equilibri del Paese, per anni, c’è stato un clima amorale che ha favorito per lassismo il crimine, bisogna dirlo. Se si sono consumati chilometri lineari di cocaina o bevuti ettolitri di champagne o vini di annata ormai cari come gli stupefacenti, e i soldi della collettività, conseguentemente, si dovevano malversare perché i vizi costano, è ora di parlare. L’omicidio/suicidio di Rossi potrebbe essere anche accaduto in un clima paranoico di sospetti di tutti contro tutti, dove la posta in gioco doveva essere per coloro che eventualmente lo abbiano ucciso, la loro stessa vita viziosa da perpetuare. Se le carezze e le penetrazioni si verificavano fra uomini, tra donne, tra uomini e donne, tra nessuno e nessuno in quanto erano solo fantasie morbose, non è cosa da poco. Torno a dire che i soldi servono a pagare lo stile di vita e, a volte, lo stile di vita risulta eccessivamente costoso per i vizi. Se uno ne ha contratti.
Ma giustamente, come suggerisce il luciferino (così lo apostrofava con me Alberto Statera che di Siena giornalisticamente se ne intendeva) non facciamo caciara sugli eventuali amori difficili che fossero quelli dell’avventura di una bagnante, di un soldato, di un bandito, di un impiegato, di un fotografo, di un viaggiatore, di un lettore, di un miope, di una moglie, di due sposi, di un poeta, di uno sciatore, di un’automobilista. E fin qui Italo Calvino. Ma la lista degli amori difficili potrebbe continuare senza fine passando per i funzionari di partito, i giovani avvocati, i massoni confusi, i contradaioli euforici.
Lasciamo perdere gli amori difficili e atteniamoci ai se e ai ma, che alcuni superficiali considerano cose non concrete. Il se di oggi è che se Maurizio Migliavacca, dirigente del PCI, poi DS, poi PD, avesse ascoltato con maggiore attenzione cosa Pierluigi Piccini gli raccontava su quanto era accaduto a Siena intorno alla Banca più antica del Mondo, in quella suite 504 (mi sembra che quello fosse il numero ma gli anni passano ed io invecchio), oggi non solo non ci sarebbe stato il disastro finanziario che c’è stato ma forse (certamente anzi) anni dopo, per l’effetto domino che non si sarebbe verificato, il povero David Rossi non sarebbe morto. Dico queste cazzate riferendomi ad un mondo politico (la sinistra) che è cresciuto nel mito del volo delle anatre e del battito delle ali di una farfalla come elementi scatenanti i futuri avvenienti. Se quel giorno (dieci anni addietro ormai), invece di uscire dall’albergone di via Pinciana, Hotel Splendide Royal, attonito per quanto Piccini gli aveva raccontato, Maurizio Migliavacca fosse anche stato capace di agire politicamente nei confronti del vertice del Partito, ci saremmo risparmiati quel groviglio bituminoso che ancora soffoca la verità di quanto è accaduto prima e dopo quell’incontro che inventai perché tutto quanto di tragico poi è accaduto non accadesse. Io, e chi mi aiutò a realizzare quell’appuntamento, quando chiuderemo gli occhi, lo faremo con la famosa “coscienza a posto”.
Gli apatici accomodanti o ignavi, non credo altrettanto. Questo mi evocano le incursioni delle Iene in questi giorni tragici su Amato, su Piccini, sulla tragica morte di David Rossi. Si poteva evitare tale fine? Certamente, se dieci anni addietro (lo riscrivo!) si fosse aperto un tavolo a seguito delle denunce che Piccini fece, con anni di anticipo, in mia presenza e di altri che volutamente non nomino, su cosa covava nel MPS e nella città del Palio. La storia si fa con i se e con la ricerca delle responsabilità dei vigliacchi e dei complici. Tutto posso dire di Pierluigi Piccini tranne che, messo nelle condizioni di parlare (e questo era mio compito farlo e lo seppi fare) quel giorno si comportò da vigliacco o da complice. Anzi, prefigurò tutto quello che accadde dopo. Così come, anni dopo, altrettanto inutilmente, feci io dicendo che bisognava fare di tutto perché l’ebete Ceccuzzi (è un reato dare dell’ebete a qualcuno?) non fosse eletto sindaco di Siena. Con la complicità di Denis Verdini e della sua Forza Italia, di Walter Veltroni e non mi ricordo cosa, di Nicola Vendola e del suo SEL, di Antonio Di Pietro e del suo IDV, di Stefano Bisi alias Gustavo Raffi e i mestatori del GOI, della Curia e della Lobby degli Omosessuali, potentissima a Siena. Ovviamente l’elezione avvenne con i soldi fatti girare in città da Giuseppe Mussari e il povero David Rossi. E grazie alle pressioni, persona per persona, di chi aveva questioni aperte con la banca.
Non finisce quindi qui, giustamente, d’accordo con Piccini, perché tutto non sia buttato in caciara. Cominci lui – pertanto – a raccontare tutto (e non solo qualcosa) senza trasversalità e allusioni tipiche dei massoncelli o, ad altre latitudini, dei mafiosi. È l’ora, viceversa, della chiarezza lapidaria mazziniana, senza se e senza ma. Doveri quindi e poi diritti. Ma a Siena è venuto sempre prima il diritto alla liquidazione e alla pensione e poi il dovere di difendere la Repubblica. Questo penso e questo dico, forte della mia povertà e ancora della mia memoria di ferro.
Oreste Grani/Leo Rugens