Trump e la maionese iraniana
Trump che deve aver preso una musata sulla questione coreana, si gira verso l’Iran. L’Iran confina geograficamente con un numero importante di Stati, tutti Paesi con storie complesse che certamente non aiutano a stabilizzare la regione: l’Iraq, e non devo aggiungere nulla; la Turchia, e andiamo peggio; l’Azerbaigian, da non sottovalutare; Turkmenistan, come sopra; l’Afghanistan, manco a dirlo; Pakistan, pericolosissimo in quanto perfino armato nuclearmente. Antistante, divisi solo dal Golfo Persico, c’è l’Arabia Saudita, vero Stato rivale che non a caso oggi si è schierata con Israele e gli USA di Trump. Al suo interno il grande Paese è in realtà un maionese di sciiti e sunniti rappresentati da una dozzina di popolazioni etnicamente diverse come non ci si aspetterebbe: Persiani, ovviamente in maggioranza ma a seguire e mischiati secondo la metafora culinaria che ho fatto della maionese ci sono Azeri, Curdi, Arabi, Lur, Baluci, Turkmeni, Qashqai, Gilaki, Manzandarani, Talysh e userò un termine improprio, Afgani.
Queste popolazioni sono a loro volta disposti nel territorio a macchia di leopardo e di religione sciita e sunnita. Gli Sciiti, a loro volta, per farvi perdere la bussola geopolitica sono Duodecimani, Alauiti, Ismaeliti, Zaiditi e altri vari ed eventuali che non ricordo. Ognuno ha le sue città sante. Per non far impazzire la maionese ci deve stato pur qualcuno all’altezza dell’emulsione. In Iran non c’è un modello politico come quello coreano. So che nulla è semplice ma direi che le due complessità hanno bisogno entrambe di prudenza soprattutto se uno vuole fare lo spiritoso contemporaneamente. Lo spiritoso mentre in casa non mi sembra che in troppi ormai lo stimino questo anziano signore sottovalutatore a sua volta di quanto potesse essere faticoso fare l’imperatore di un quarto di mondo. Dico un quarto (se ci arriva), perché, e si vedrà sempre di più, i giocatori sono tanti e tutti più colti e raffinati nel giocare al Grande Gioco. Direi che la questione iraniana affrontata con questa spavalderia in contemporanea a quella coreana, appare una simultanea a scacchi che non mi sembra sia nelle abilità del provincialotto capigliuto.
Ma forse mi sbaglio ed è un Alessandro Magno.
Oreste Grani/Leo Rugens
Ho il sospetto che non si sbagli, su mr. Trump…
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Non ci sbaglieremmo di molto, se affermassimo che il segreto di una buona maionese risiede in un abile gioco di frusta.L’uscita di Trump dal cilindro del mago,non è altro che l’effetto di quello,che nel gioco degli scacchi,si definisce attacco di infilata.Una mossa obbligata di quei networks di potere anglo-americani(per semplificare),che sono riusciti a prendere a pesci in faccia,in atmosfera ancora da guerra fredda, l’unico genio degli scacchi mai nato in Usa.Non sarà qualcosa di piu’ di un caso, se gli Usa(per semplificare) non è terra di abili scacchisti? In realtà oramai non hanno neanche un esercito all’altezza,per preparazione e predisposizione,dei suoi competitors geopolitici,ma in compenso un grande pupazzaio di marionette a hollywood alle quali spesso,delegano campagne politiche.
P.S
Non è ancora certa l’etimologia di maionese,sembra derivi dal catalano…curioso vero?
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