Politica estera e Ur-lodges. A proposito di quel nemico dell’Italia di Valery Giscard d’Estaing 


vge_macron_non  

Un consiglio ai miei lettori. Chi ne sa più di me sostiene che se si vuole misurare la politica di un paese  verso un’altro esiste un test pressoché infallibile. Se due paesi scoprono di avere interessi comuni e vogliono preparare la pubblica opinione al miglioramento dei loro rapporti, i loro diplomatici (o suggerisco io – per i futuro – i loro operatori di intelligence culturale) vanno a scovare nella storia qualche esempio della loro vecchia amicizia. Quando nei rapporti diplomatici si intravede un barlume di cambiamento (in positivo) nei brindisi, ovviamente riservati, compaiono, ad esempio, espressioni come “qualcosa che si addice alle nostre due antiche civiltà”. Se si ha la possibilità/capacità tecnologica di ascoltare una tale espressione (o similari) state avendo una vera informazione intelligente su cui è possibile costruire scenari di previsione. E questo è uno dei modi di inventarsi al professione del diplomatico. Perché dico una cosa tanto riduttiva e offensiva del mondo della diplomazia? Non certo per farina del mio sacco dal momento che io notoriamente sono un’uomo pigro e particolarmente provinciale ma perché quelli che ne sanno dicono che un diplomatico italiano riceve poche direttive. La pigrizia dei ministri (e aggiungo io la impreparazione, immaginando cosa sappia o non sappia fare di sua iniziativa ad esempio uno come Angelino Alfano), l’instabilità dei governi (alla Farnesina girano ministri come trottole), le incertezze a Palazzo Chigi che tendono a non spiacere a questo e a quello, creando una strana condizione di vaghezza e di assenza sostanziale di una strategia. Lasciato a se stesso (questo raccontano gli occhi indiscreti e le orecchie attente) il diplomatico (se non è uno sfaccendato per sua natura, cosa che potrebbe essere) impiega buona parte del suo tempo a cercare di capire la politica interna ed estera del paese dove è stato destinato. Poi stila rapporti: molti ambasciatori (anche persone di grande valore) lasciano intendere (nelle memorie che spesso scrivono quando si ritirano), che hanno la ragionevole certezza che il signor ministro degli Esteri di riferimento non legge quei rapporti che pure in qualche modo arrivano sulla sua scrivania. Spesso perché sono ministri piazzati alla Farnesina fuori da ogni criterio meritocratico e di competenza. Torno a richiamare la vostra attenzione sula figura di Angelino Alfano e ditemi se mai potreste immaginarlo capace di intellegere rapporti che riguardino l’Iran, la Corea del Nord, la vicina Libia, o la vicinissima Tunisia?

Roma: Alfano, piano di Gabrielli e Marino in 8 ambiti

Ma torniamo ai soliti raccontini possibili grazie alla “macchina del tempo”. Lo dico perché continuerò a ripetere che la politica estera è tutto e senza una macchina del tempo difficilmente si possono capire gli avvenienti contemporanei. Ad esempio si sente spesso parlare dei G7/8/20  o quanti volete. Io mi fermo al racconto di come nasce il G5.

Intorno alla nascita del G5 gira, a mio giudizio marginale ed ininfluente, la chiave interpretativa di molto di quanto è poi accaduto tra la Francia e l’Italia nel periodo che va dal maggio del 1974 al maggio del 1981. Un periodo estremamente significativo se si considera cosa è accaduto durante quegli anni. A cominciare dalla morte di Aldo Moro, passando per Ustica e Bologna. Quel periodo è il periodo in cui Valery Giscard d’Estaing è presidente della Repubblica francese. Giovane, non come Macron, ma molto giovane e intraprendente.

04Giscard

Valery Giscard d’Estaing è l’inventore del G+qualche numero. Prima di fare il Presidente, il nostro fu per molti anni ministro delle Finanze cioè in Francia responsabile dell’economia e del Tesoro. Lo era quando avvennero episodi che agitarono il mondo come pochi dalla fine della Seconda guerra mondiale: lo era il 15 agosto del 1971 quando le monete, saltato l’accordo di Bretton Woods, cominciarono ad oscillare disordinatamente incasinando i commerci di tutto il mondo. Così almeno si disse. Un’altra crisi scoppio nell’ottobre del 1973, quando il presidente egiziano Sadat attaccò Israele. A quell’attacco militare pensò il non ancora vecchio Kissinger ma sul piano economico e finanziario i danni furono peggiori di quelli geopolitici militari.  In pochi mesi il prezzo del petrolio quadruplicò e l’oro schizzò alle stelle (come metaforicamente si dice). In quella turbolenza la lira fu massacrata. Qualche mese dopo , stremati da questi giochi speculativi fummo costretti a chiedere prestiti (mi sembra oltre due miliardi di dollari) alla Germania e a consegnare il nostro oro in garanzia. Tenete d’occhio chi sale e chi scende (e chi muore) da questo momento e come la partita si apparecchia per gli anni a venire nelle sedi più diverse. Il ministro tedesco che ci fa il prestito è, ad esempio, Helmut Schmidt. Per tenere sotto controllo questo guazzabuglio innescato non si sa bene da chi, si costituisce un gruppo, quasi informale (dico così perché all’epoca non si chiamava G Niente), di ministri economici composto di rappresentanti di cinque paesi: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania e Giappone. Il mini club si riuniva in gran segreto nella biblioteca della Federal Reserve e per tanto loro stessi, in modo autoironico (ma possono mai essere ironici dei ministri delle finanze?) si definivano “bibliotecari”.

G7_leaders_1978

Dei cinque bibliotecari, due fecero ulteriore carriera divenendo uno Presidente dei francesi e l’altro Cancelliere dei tedeschi. Parliamo quindi di Giscard e di Schmidt che la sorte (o altro) fece diventare il leader della Germania dal momento che fu beccata una spia della DDR/KGB tra gli stretti collaboratori di Willy Brandt che uscì di fatto di scena per la corsa al Cancellierato. Fu in quel momento che Giscard fece la proposta di trasformare il club dei cinque “bibliotecari” in qualcosa di maggiore importanza. Come loro due avevano fatto il balzo, era opportuno che i rappresentanti di vertice dei cinque Stati si preparassero a guidare il mondo che contava. Fu Giscard a invitare nel castello di Rambouillet (vicino a Versailles) i potenti della terra ma chiedendo la massima segretezza/riservatezza tanto che al seguito ogni capo di Stato si potevano portare solo due collaboratori.  Tenete conto che nel tragico G8 di Genova (2001) ci sono state delegazioni con oltre 600 membri! E l’Italia perché non era tra gli invitati? Intanto perché non era tra i “bibliotecari” che si riunivano in gran segreto e poi perché (e questa è la mia chiave interpretativa) era proprio tra i Paesi che andavano cucinati. Soprattutto nei pensieri di Giscard. E qui torniamo al periodo che ho indicato inizialmente: maggio 1974 – maggio 1981. Mi potrei fermare senza ricordare come Hiperyon (capito cretino con scoppoletta al seguito?) si struttura a Parigi proprio in quegli anni e come da quel momento in poi il doppio gioco dei servizi francesi fa il resto. Altro che la solita CIA. La crescita esponenziale della Lotta armata in Italia, con tutto quello che ne consegue, è questione mediterranea. È questione palestinese, libica, egiziana, tunisina, algerina, libanese, maltese e dei rapporti che potevamo o meno intessere con queste realtà. Israele compresa e USA ovviamente di riflesso. La lotta armata è una questione tra Italia e Francia come la vicenda attuale di Battisti conferma. Battisti che se dovesse rientrare non è certo per merito dei francasi e dei loro servizi. Se non ci fosse stato a Presidente della Repubblica un incazzoso e fiero Sandro Pertini, noi per il signor Giscard, dovevamo solo stare a cuccia in attesa delle decisioni franco-tedesche. Finita la possibilità di fare incontri realmente ultrasegreti i G + qualcosa, sono cresciuti fino a diventare quelle cerimonie per gonzi che oggi si possono anche far organizzare agli ingenuotti (in questo campo) alla Silvio Berlusconi. Che non a caso si beccò il cerino del G8 genovese con quello che ne seguì. Ma chissà a quali paesi appartenevano – in maggioranza – i ragazzotti in nero che devastarono Genova e la nostra già tanto scossa credibilità internazionale? Certamente la Francia, erede del pensiero elitario di Valery Giscard d’Estaing, in quegli negli anni e in quelli successivi, ha protetto non solo Cesare Battisti e le altre decine di terroristi che si sono rifugiati a Parigi. La Francia, in quegli anni (1974-1981), ha impostato la sua politica estera decidendo che l’Italia non doveva mai arrivare a poter a sua volta decidere avendo una serenità interna e quindi la possibilità di lavorare alla propria sovranità e al proprio benessere.   

Se non è guerra questa cosa lo è?

Oreste Grani/Leo Rugens che non dimentica quando il “francese/trasteverino” lo accusò di essere sostanzialmente inattendibile in quanto esageratamente filo M5S. Tra Giuseppe Grillo da Genova e Valery Giscard d’Estaing, per tutta la vita che mi rimane da vivere, scelgo il mio mangiatore di trenette al pesto e di farinata di ceci.

henry-kissinger-3occhi

P.S.

Valery Giscard d’Estaing è stato affiliato ad una delle più bieche e sanguinarie Ur-Lodge del Pianeta: la “Three Eyes”, in combutta con gente come David Rockefeller e Henry Kissinger. Nella Three Eyes, la fonte “Giole Magaldi” (mai smentita), sostiene che nello stesso momento in cui qualcuno si libera di Aldo Moro (che massone certamente non era) quell’antitaliano di Giorgio Napolitano, vien e affiliato alla super loggia massonica di cui sopra. Era l’aprile del 1978 e Moro era ancora vivo e detenuto nel Carcere del Popolo, ad opera delle BR.                      

Basterebbe guardare i visti sul passaporto di Napolitano per avere una prima conferma. I modi con cui da quel momento si è rapportato al fratello Henry, ci rafforzano nella nostra opinione che Napolitano non è certamente un Sandro Pertini.

Vediamo di aggiungere qualche dettaglio alle interferenze “francesi” (non solo USA quindi) nella politica italiana: è stato il massone francese D’Estaing (insieme a Kissinger) a forzare il passaggio di consegne nella P2 a vantaggio di Licio Gelli, facendolo diventare Maestro Venerabile. Ma se la P2, a guida Gelli, è opera della Three Eyes e nella Super Loggia Tre Occhi, il francese operava a braccetto con l’americano, come ci mettiamo miei cari pistaroli, eccessivamente semplificatori di cose che semplici non sono? Gelli era stato piazzato a fare il segretario organizzativo del braccio armato della Tre Occhi (in Italia e ovunque fosse necessario) per spinta e decisione di Kissinger che all’epoca era solo il consigliere per la sicurezza nazionale USA, di Richiard Helms, semplicemente  il direttore della CIA ed in fine John Edgar Hoover, direttore semplicemente dell’FBI. Ma in Europa (e pertanto in Italia), le decisioni si prendevano in accordo con il Presidente della Francia, in quanto massone e non capo dei nostri vicini. In ultimo ma non come ultima cosa: in quegli anni, quando in Italia si rafforza il potere di Licio Gelli (in realtà con esso le interferenze del francese Valery Giscard suo sostenitore), la famiglia Agnelli fa pervenire, in modo certo e documentato, oltre 3.000 assegni per un totale di oltre 15 miliardi di lire nelle casse di Lino Salvini e Licio Gelli, gestori dei soldi P2. E non mi pare che Gianni Agnelli non fosse “buon amico” di Henry Kissinger e di Valery Giscard d’Estaing. Mi fermo (per oggi) ma mi pare che quegli anni ’70 vadano riletti certamente attraverso la morte di Aldo Moro ma non dimenticando la fine della dittatura dei colonnelli greci o della rivoluzione democratica dei “Garofani rossi” in Portogallo. Avvenimenti che vedevano la Tre Occhi schierata, da anni, a sostegno del dittatore portoghese Salazar e, dal 1967, dei militari golpisti greci. Quando cadono i  due sanguinari regimi siamo nel 1974 e ai signori con “tre occhi” queste attività democratiche, in Europa e nel Mediterraneo, non andarono proprio bene.

Per capire chi tramava forse è ora di allargare lo sguardo. almeno all’intero Pianeta. Per Marte e Venere c’è sempre tempo

Ri-firmo per non sbagliarmi.

Oreste Grani