L’attacco alla libertà di pensiero di Stefania Limiti, indizio utile per interpretare realtà iper-complesse
Schiena dritta questa Stefania Limiti su tutto quello che studia e scrive ed in particolare sulla questione del diritto alla riservatezza delle fonti. Se una nella vita fa la giornalista o la studiosa/storica di cose complesse è bene lo faccia con questa forte personalità. Dicevo, cose complesse, dove, in realtà, si dovrebbe cominciare ad usare il termine scientifico di ipercomplessità. Mi sembra opportuno, inoltre, che chi si candida a studiare l’ipercomplessità, lo faccia con amore della verità e, in questo suo agire impegnativo, sia difesa da quanti più possono farlo, riconoscendo in queste figure quel coraggio che spesso, presi singolarmente, non abbiamo. Quando (mi scuso se mi sbaglio) ci sia avvicina a dover infilare la cruna dell’ago del passaggio dalla semplicità alla complessità (cos’altro è se non questo il ricostruire come sono andate le cose in avvenimenti tragici, dove, spesso, chi ti dovrebbe facilitare, in realtà, non ti aiuta se non, addirittura, ti contrasta?), si penetra il mondo dove aleggia il Segreto di Stato o, spesso, “segreti inconfessabili” e ci si spinge, così facendo, dal noto all’ignoto, sul limite rappresentato appunto dal passaggio dalla complessità alla ipercomplessità. Questo passaggio (nell’universo iper) lo considero tale in termini di variabili coinvolte, di concause e di parametri, come direbbero quelli che sanno di questa materia. Un indagine, nel tempo e nello spazio (questo fanno i coraggiosi alla Limiti), necessita di una “concezione della velocità e del tempo” che definire “nuova” è riduttivo ma certamente comincia a suggerire cosa rende difficilissime queste indagini.
Le cose (altre ovviamente ma quasi fossero l’animata proiezione delle stesse) continuano ad accadere e tengono tutto unito in un solo quantistico groviglio che vede spesso i protagonisti (tranne le vittime) di allora ancora dinamici e proattivi, per cui anche affermare, fissare responsabilità, accusare, diviene la scienza del sapere agire nella contemporaneità, con cervello memore. Dote investigativa appunto che comincio a chiamare “capacità di misurarsi con l’ipercomplessità”, sostenuti da una ferrea volontà di agire ma che non è assolutamente scontato vada a buon fine e porti alla condivisione risolutiva di dati, informazioni, conoscenze. Non è detto che la comunicazione di questi fatti certi corrisponda ad un processo di assunzione di coscienza e di comportamenti da parte di chi viene raggiunto da questi “materiali” (i libri, inchieste giornalistiche, documentari, sentenze di tribunali) didattici e formativi. La confusione tra mezzi di comunicazione e la comunicazione, a volte non aiuta a vedere fruttare tanto sforzo elaborativo e di onesta ricerca della verità. Direi che questi testi (e tra questi metto quelli di Stefania Limiti) è ora che entrino, come spunto di riflessione, nei luoghi adibiti alla formazione, a cominciare dalle scuole, a finire nelle università. Certamente nei materiali didattici dei master che pretendono di trattare il tema dell’Intelligence delle fonti umane atte nel contrasto alle forze eversive, che siano formazioni terroristiche o criminalità internazionale. O le due minacce operativamente e ideologicamente strettamente unite. Nel momento in cui si privilegia esclusivamente (o lo si è fatto) lo sviluppo di superpotenti strumenti tecnologici per contrastare, “ascoltando/vedendo”, l’agire dei potenziali protagonisti del terrorismo insorgente, la ipercomplessità sociale, antropologica, culturale ci obbliga a non dimenticare il contributo determinante delle fonti umane come risposta frugale e lungimirante alla Torre di Babele che potrebbe precedere l’Apocalisse.
Linguaggi che si confondono in un mondo dove il Capo degli USA pensa di cavarsela dicendo che bisogna credere a Putin (l’oste a cui chiedere se il vino è buono) per le interferenze nelle elezioni in USA. Vi immaginate se l’uomo del Cremlino se ne usciva dicendo: “Sì, abbiamo interferito, perché questo è un tale coglione che gli possiamo fare di tutto!”. E mentre veniva detto questo al mondo attonito, il direttore della CIA (che dovrebbe essere uno stipendiato della Casa Bianca), ribadiva che le interferenze su 126 milioni di cittadini americani ci sono state, proprio da parte della Russia e del gruppo dirigente guidato da Putin. Linguaggio e comunicazione dove Trump si distrae a dare del ciccione a Kim Jong-Un dopo che lo stesso gli ha dato del vecchio rincoglionito. Aiutoooooo! E voi pensate che le macchine autoapprendenti della NSA possano rimettere in ordine questo guazzabuglio di gentarella piazzata alla guida del Pianeta? A diverse latitudini quindi (se un voto in Sicilia vale 25 euro, quanto una fellatio a Parigi e i russi sono determinanti per far eleggere il Presidente degli Stati Uniti d’America) la democrazia è in crisi, senza se e senza ma, e chi l’ha voluta mettere in crisi, si prepara a passare all’incasso.
Questa cambiale, amico Paolo Mieli, l’hanno predisposta e compilata, a partire proprio dagli ultimi anni ’60, le donne e gli uomini del complotto ur-lodgista massonico che, a suo tempo (ecco l’aspetto del cinquantenario del mitico 1968 che arriva e che varrà la pena di approfondire), tra l’altro, hanno fatto uccidere, con cinica lungimiranza e visione sanguinaria, Martin Luther King e, successivamente, Robert Kennedy, perché il mondo democratico non avesse punti di riferimento nel momento in cui le oligarchie a vocazione tirannica e monarchica avessero deciso di soggiogare, usando gli immensi capitali nel frattempo accumulati, miliardi di cittadini innocenti. Che siano in Sicilia convinti di andare a votare in libertà, a New York, Mosca. In Sicilia, tornando all’esempio che può sembrare locale, dove, viceversa, la politica e la criminalità, unite in un solo sentire, avendo azzerato (questo metaforicamente sono le esplosioni dilanianti), anni prima, gli uomini e le donne che potevano, seguendo quei macroscopici capitali accumulati di cui finalmente si ha prova certa e non sentore, fermata la Storia, si adoperano per vincere perfino delle elezioni regionali. Perché nulla, anche aspetti minori, sfugga al comando del crimine massonico.
E aggiungo, mentre finisce la puntata capolavoro di Report (erano le 16:50 di ieri quando scrivevo questo post) un pensiero laterale ma in realtà centrale: caro Mieli, vogliamo smentire l’esistenza di questo mondo parallelo che fa capo alla più grande isola off share del mondo, cioè il Regno Unito di Sua Maestà la Regina Elisabetta II, a sua volta il vero Capo della Massoneria di origine anglosassone? Vogliamo smentire l’esistenza del complotto, che vede coincidere la trama finanziaria svelata da Report con l’appartenenza alle Ur-Lodges di tutti i complici silenti (politici e alti burocrati) di questo schifo di cui ormai ci sono le prove? Vogliamo negare che quelle somme immense non servono solo a placare pulsioni nevrotiche di insicurezza di alcuni o a pagare vizi e dipendenze, ma ad assoldare falangi di politici, militari, religiosi, intellettuali perché nulla cambi? Perché, nell’iperspazio complesso architettato dai massoni criminali, anche l’ultimo dei cittadini che fosse onesto, potrebbe essere lui la farfalla che sbatte le ali fino a determina il crollo del castello di carta. Farfalla o libro ben scritto contenete, nelle pagine leggere, verità pesantissime. Nulla deve sfuggire ad un tale perverso comando a vocazione totalizzante e alimentato da un feroce odio antidemocratico e sanguinario. Perché di questo si tratta e fino a quando non se ne capisce fino il fondo la natura perversa che anima questi mostri avidi e folli radicati e alimentati nella loro sete di potere rimane difficile combatterli e fermali. Solo quando muore un Hitler vi convincono e incuriosiscono i documentari sulla sua dipendenza dai farmaci e dalle visioni esoteriche che lo soggiogavano ma, come vi è chiaro, questa curiosità e ripugnanza a posteriori si sostanzia troppo tardi rispetto a quando, in vita, scatena l’Olocausto e la Seconda guerra mondiale. Bisogna lavorare sulla contemporaneità, oggi che la comunicazione lo consente.
Da ieri (incrociate le informazioni che emergono da “Report” e dalla ben riuscita “Non è L’Arena” e vedrete aprirsi un mondo) nessuno può dire di non sapere in mano a chi sta quando un ometto come Gianfranco Fini, a sua volta in mano ad una coppia come i fratelli Tulliani, viene nominato, da un criminale come Silvio Berlusconi, ministro, per elaborare la politica estera della Repubblica Italiana! Politica estera, ma avrei potuto dire Difesa, Interno, Sanità, Istruzione, Tesoro. Doppiamo saper guardare dietro al sipario. Bisogna, in modo particolare, diffidare di chi vuole buttare in ridicolo le tesi dell’esistenza dei complotti massonici. Vedete, anche alcune verità che emergono “spontaneamente” sono effetto dell’esistenza di questi mondi occulti: la caccia a Fini è una tipica vendetta ma non decisa certo in una direzione di giornale.
Oreste Grani/Leo Rugens
P.S.
Ma veramente pensate che non si sapesse chi fossero Licio Gelli, Nino Rovelli, Eugenio Cefis, Camillo Crociani, Michele Sindona, i Marchini, Silvio Berlusconi, i Caltagirone, Sereno Freato, Giuseppe Trabucchi, Raffaele Ursini, Ferdinando Ventriglia, Italo Viglianesi, gli Agnelli, Giuseppe Arcaini, Orazio Bagnasco, i Bonomi, Giuseppe Cabassi, Roberto Calvi, Vincenzo Cazzaniga, Giuseppe Ciarrapico, i Ferruzzi, Raul Gardini, i Gavazzi, Mario Genghini, i Lefevre, Salvatore Ligresti, i Matarazzo, i Matacena, i Franza-Mondello, i Pirelli, Bruno Musselli, Lorenzo Necci, Umberto Ortolani, Giancarlo Elia Valori, Carlo Pesenti, i Perrone, i Rizzoli, Luciano Sgarlata, Bruno Tassan Din, Giorgio Valerio, i Vaselli tanto per citarne alcuni e scusandomi per gli eredi di quelli che ho dimenticato nella lista di questi criminali a cui dobbiamo la condizione in cui oggi è l’Italia? Niente favole di destra o di sinistra, niente letture ideologiche per darci o meno dei comunisti o dei populisti qualunquisti: questi sono stati, tra gli altri, quelli che con la corruzione sistematica e la complicità stimolante della partitocrazia, hanno saccheggiato il Paese. Per quello ancora oggi trovate, nei paradisi fiscali, cinquecento milioni di dollari di risparmiucci a nome dei Crociani, o dei Bonomi (forse molti di più), o dei Rovelli (per loro ci vorrebbero i miliardi). E in futuro troverete quelli di Silvio Berlusconi o di Gabriele Volpi. Non quelli di Ezio Bigotti perché, nel suo caso, lo abbiamo stanato in tempo.
Intorno a questi nomi si sono mossi, in quegli anni, politici, generali, preti, magistrati, avvocati, commercialisti, sindacalisti, giornalisti perché i signori del primo elenco potesse diventare sempre più ricchi e potenti e in modo indisturbato. Questo negli anni ’70/’80. Poi, a questa banda/e, si sono aggiunti centinaia e centinai di piranha che, mentre voracemente si ingrassavano, indebolivano sempre di più il tessuto connettivo del Paese. All’Italia, oggi e nel futuro prossimo, mancano solo i soldi rubati da questi parassiti che per anni, i media, vi hanno spacciato per imprenditori. Gli unici “imprenditori” (tirare la vita è stata un’impresa per milioni di persone oneste) sono stati i lavoratori italiani. E qui mi fermo perché, sento di aver buttato via una vita a non operare, anche con violenza mirata, contro questi vigliacchi, incolti, sgherri di re e regine che, come si vedrà sempre di più, sono la “casta oligarchica sanguinaria massonica” che sta dietro a questa poltiglia maleodorante. Prima fra tutte, la Corona d’Inghilterra con le sue tante “Isola di Man”.