Maschi è ora di rispettare le nocchiere della nave che ci deve traghettare al futuro
“In azienda no, una donna mi fa paura. Con la sua sensibilità, con tutte quelle arti che un uomo non sa usare. Anche nelle trattative preferisco avere a che fare con un uomo“. Questo pensiero veniva espresso, oltre dieci anni addietro, da tale Emilio Riva, il più grande imprenditore della siderurgia (ILVA) italiana dell’epoca. A fronte di una dichiarazione misogina di questo tipo, nel l’isola che non c’è, lo avrei fatto convocare da una commissione di psicologi e, verificate le opinioni/fantasmi che il Riva coltivava nel profondo, avrei capito in tempo cosa sarebbe successo all’ILVA, gli avrei fatto fare un lungo periodo di terapia. Mi sembra infatti che ci fossero i presupposti per capire che per uno disturbato come appariva Emilio Riva, la galera non sarebbe bastata. La cultura maschilista che ora in troppi e tardivamente stanno scoprendo (le molestie e le violenze) hanno radici nel profondo e fanno parte della inadeguatezza dei leader a gestire relazioni ed emozioni. La femminizzazione del mondo del lavoro (non parlo ovviamente degli organici nell’alto forno dell’avido Riva), l’intelligenza emotiva messa alla guida delle organizzazioni, il contenimento del botta e risposta tipico di troppi uomini, la capacità di fare silenzio come pre condizione alla riflessione e alle scelte lungimiranti che sappiano coniugare logica e immaginazione e navigare situazioni difficili e ambigue, unita alla capacità di comprendere in modo sinergico e globale oltre che analitico e per dettagli, è quanto ci manca in un panorama dominato dai troppi Berlusconi, Corona, Briatore. Spesso gli uomini di questa risma, nelle fattezze delle donne vedono solo ciò che di loro possono usare, presto e in modo non condizionante il futuro di cui invece le femmine sono le custodi. Le comunità sono ancora troppo affidate alla logica (se non addirittura alla forza fisica) dei maschi. La sopravvivenza e lo sviluppo democratico delle società del futuro, invece, non possono che avere le donne come protagoniste, con la loro fertilità, oltre che organico-riproduttiva, di pensiero e, soprattutto di sentimento, con la capacità di generare soluzioni nuove, alternative e impreviste, anche in condizioni caotiche e critiche (siamo a questo lasciati in mano al maschile) oltre alla solita logica, ormai impotente e ricorsiva, del profitto e del conflitto.
Le donne, amici maschi allungatori di zampe, vanno certamente guardate anche per le loro fattezze ma mai dimenticando la loro preziosità che è quella di essere, loro stesse, testimoni di complessità. Le donne organizzano, riservatamente, nel loro ventre (e quando non lo fanno lì, lo fanno nella loro mente) la società futura. Sono loro le nocchiere di questa transizione al dopo. Direi che ora di non rovinare tutto per un palpamento, o poco più, non autorizzato. Lo dico dopo essere stato giovane e, sicuramente, qualche volta, mal-destro (in realtà sono mancino) e ora che sono vecchio e stanco certo che le doti migliori delle mia compagna di vita (che pure ho intensamente desiderato e carnalmente amato) sia il suo saper leggere il divenire delle cose (le nostre come coppia e quelle del mondo che ci circonda) con una saggezza che, misurata con la mia, vale mille e mille volte di più. Che le donne si ribellino dunque e che denuncino tutto: se anche qualche volta qualcuna esagererà nel racconto e nel riferire cose inesatte, starà solo pareggiando il conto a nome di tutte le altre sue sorelle vilipese.
Oreste Grani/Leo Rugens
P.S.
Quella stronzata Emilio Riva (ILVA) la dichiarò al Corriere della Sera, quando era “un gigante” dell’acciaio, con i piedi d’argilla.