Giuseppe Grillo da Genova giustamente ha cazziato il vertice del M5S

GrilloFool

Non sono il solo, fatte le dovute differenze, a cazziare i vertici (e non solo quelli) del M5S. Mi sembra che Giuseppe Grillo da Genova, ieri, opportunamente, abbia tirato/girato le orecchie ai bravi ragazzi e ragazze che hanno ereditato, cinque anni addietro, la speranza di  9 milioni di italiani arrivando in un Parlamento repubblicano, dove entravano sull’onda dello tzunami pentastellato, senza neanche, a volte, aver mai conosciuto personalmente né Casaleggio né, tanto meno, Beppe Grillo. Nove milioni che, diciamolo, non erano pochi. Anzi, se fossero stati trattati con maggiore rispetto e lungimiranza, oggi, a fine 2017, il 40/42 per cento dei voti espressi sarebbe, certamente, a favore del M5S. Gli altri, esponenti di una partitocrazia sempre più autoreferenziale, avrebbero subito (come sta comunque avvenendo) l’erosione dell’assenteismo, dell’indifferenze, dell’apatia. Stati d’animo che non dovevano colpire anche il MoVimento. In tale favorevole condizione, andavano rafforzate quelle scelte consapevoli e al tempo emotive del 2013, aumentando il peso specifico di ogni singolo voto raccolto. Ora, viceversa, si dovrà invece andare a riconquistare quei numeri assoluti ma non sarà, prepariamoci, impresa facile. Non stiamo dicendo cosa minore se, come è vero, c’era in gioco la democrazia e quindi la libertà, bene per cui, nei millenni, la gente è stata pronta a dare la vita.

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Qui non si chiedeva di farsi sparare ma banalmente di studiare un po’ di più, di essere molto, molto, molto più umili ed ascoltare, con maggiore sensibilità, le voci che emergevano dalla rete e non solo. Non tutto è perduto ma certamente con alcune scelte/comportamenti ci si andati a caricare di handicap che era meglio non concedere ai non ancora sconfitti malfattori partitocratici come si è visto in Sicilia e ad Ostia, dove domani ci si potrebbe salvare ma per il rotto della cuffia. Non vi dico se oggi si votasse a Ponte di Nona cosa potrebbe rimanere di quel 70%. Favoriti dalle violenze quotidiane verso cui i contrasti di forze sanguinarie nel Mondo spingono, pressati da continui segni e rumori di guerra, inesperti di materie capaci di guidarli nel cogliere le radici dell’aggressività, i nostri “sorteggiati a cinque stelle”, lasciati eccessivamente alle cure dello spontaneismo internettiano, sono cresciuti poco per quantità (anzi, lo abbiamo detto, sono arretrati nel conto dei numeri assoluti) e, soprattutto per qualità. Nella società ipercomplessa che si sono trovati a dover affrontare, la strategia sarebbe stata saltare le separazioni e, invece, a volte, percepisco che, dopo quasi cinque anni, alcuni parlamentari non conoscono di persona gli altri prescelti dalla sorte o da una manciata di voti consapevoli. I cittadini a cinque stelle sono stati sospinti, nelle istituzioni repubblicane, sostanzialmente, dalla abilità a comunicare speranza di Beppe Grillo. La capacità di sintesi iconoclastica dell’artista fece il resto ma questo effetto intelligente doveva essere protetto/rispettato dagli eredi prescelti dalla sorte dimostrando che si sapevano fare le cose raffinando il “saper comunicare” il “saper fare”. Perché molti amministratori eletti nelle liste a cinque stelle sono anche bravi e ovviamente onesti. Ma non basta. E su questo, paradossalmente, gente che aveva dato vita al super blog, sta mostrando limiti. E lo dice un vecchio signore che, quando può, usa ancora carta e penna. Il mercato lasciato in libertà, alla sua auto normatività, diceva uno (Max Weber) che comunque ci può ancora dare lezioni a tutti, conosce soltanto una dignità delle cose e non una dignità della persona.

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Troppo lavoro sulle cose da fare (anche spesso ben fatte) e pochissimo, se non niente, sulle persone, intendendo i sorteggiati dalla grande lotteria elettorale. Amici del MoVimento, sappiate che si vede che si sono fatti passare cinque anni (sono 1800 i giorni passati!) senza studio e senza processi formativi utili/necessari/indispensabili per rispondere alle sfide di una società ipercomplessa. Per non “andare indietro” (così apparite fare) bisognava partire dall’inizio a comprendere il perché si dovessero cambiare i paradigmi culturali dell’Italia che stavate ereditando. E lavorare per sostituirli e con quali. Perché e come farlo e come comunicare questa eventuale consapevolezza acquisita. Non basta saper fare quindi ma dovrete lavorare molto di più su saper comunicare quello che eventualmente avrete saputo fare. Per apprendere l’arte del comunicare bisogna non solo avere competenze ma essere padroni dei saperi che ti devono sostenere nel fare. E bisogna saperlo fare senza separare i saperi e respingere/non riconoscere i sapienti. Arte politica quindi che, senza mettere mano subito all’educazione e alla formazione, non si potrà apprendere per osmosi magica o per discesa dello Spirito santo che ha altro da fare. Lo sviluppo esponenziale dei fattori di complessità (anche geopolitici) vi lasciano poco tempo per decidere questo onesto improcrastinabile cambiamento di rotta. E, mi raccomando, amici pentastellati, evitate di continuare a ritenere comunicazione l’uso (a volte maldestro) dei mezzi di comunicazione. Tanto meno l’informazione, pura e semplice degli avvenimenti, comunicazione.  Non dovete immaginarvi come dei venditori / viaggiatori e piazzisti dal momento che la vostra merce/prodotto sono idee e, soprattutto, valori. Ma quali, se mi posso permettere di chiedervelo?

Oreste Grani/Leo Rugens