Gran Fratello e sorella Fiat: ovvero perché anche gli Agnelli prendevano ordini

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Il 21 ottobre 2014 ho postato un pezzo dedicato all’attività di finanziamento della Famiglia Agnelli e del Gruppo Industriale FIAT alla massoneria ed in particolare al Grande Oriente d’Italia, oggi nelle mani di Stefano Bisi, all’epoca dei fatti, in quelle di Licio Gelli e del Gran Maestro Lino Salvini. Il 29 agosto del 1982 si potevano leggere – sul settimanale L’Espresso – alcune considerazioni su questo rapporto certo (assegni circolari fatti emettere in banche compiacenti che non ritenevano necessario appurare l’identità del nome fittizio a cui venivano intestati i titoli da far girare e trasformare in soldi il pezzo di carta) che nel tempo in pochissimi giornalisti, studiosi, cittadini comuni hanno voluto/potuto ricordare. Eppure, quando questo denaro passava di tasca e andava a rafforzare quella struttura criminale e segreta, gli Agnelli erano la famiglia più potente d’Italia. Certamente forte in Europa e nel Mondo. Gianni Agnelli era considerato autorevole da milioni di nostri concittadini che ignoravano molti aspetti politici e culturali di chi guidava quella dinastia di amorali, avidi, arricchitisi con le guerre e grazie alla complicità con i Savoia, con il fascismo prima e la partitocrazia post bellica, dopo. Gli Agnelli, senza queste stampelle, non sarebbero mai diventati ciò che sono stati. In particolare, senza le spinte/direttive di quei circoli latomistici anglosassoni che, a loro volta, diedero vita a quell’arcipelago di strutture paramassoniche tipo Trilateral Commission o Bildelberg che vedevano l’avvocato più famoso d’Italia frequentarle assiduamente. Quelle strutture messe su, per intenderci, da gente come Henry Kissinger che, se solo lo volessero (solo Kissinger in realtà è vivo), potrebbero confermare chi era che dettava la linea in Italia, Fiat compresa. Altrimenti se gli Agnelli fossero stati liberi di fare a loro piacimento, tirchi come erano, tutto quel fiume di soldi Salvini, Gelli, Ortolani, con il cannocchiale l’avrebbero visto. Questa storia la riprendo quindi non perché gli Agnelli contino ancora qualcosa ma semplicemente perché riflettiate su chi sono i veri burattinai e come influenzino le vite delle persone. Piervittorio Buffa scrisse un pezzo che vi sono andato a ricercare proprio in spirito di servizio alla vostra memoria (e possibilità di deliberare) in quanto non è cosa semplice capire che un Agnelli passa ma non la quella massoneria. Difficile capire che ritenere all’epoca l’Avvocato un grande uomo, utile agli italiani, fosse un gravissimo errore, come lo sarebbe oggi una tale opinione di Mario Draghi. Agnelli era uno artificiosamente fatto diventare ciò che era così come l’orfano Draghi fu messo in carriera per servire i suoi padroni. Che certamente non sono i cittadini europei. Contributo informativo a questa staffetta ideale (Agnelli-Draghi) che potrebbe prendere corpo nelle vostre menti, riporto un post dedicato agli inizi della carriera del massone Mario Draghi perché non commettiate l’errore anche questa volta di ritenerlo un campione di intelligenza, di visione, di “patriottismo”. Androidi programmati. Punto.

Oreste Grani/Leo Rugens

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ANCORA CI DEVONO DIRE PERCHÉ GLI AGNELLI VERSARONO 3000 ASSEGNI (15 MILIARDI) A GELLI, FIGURARSI SE QUALCUNO CI DICE COSA C’È DIETRO AI 2 MILIONI VERSATI A RENZI

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Quando sento o leggo che a qualcuno piace il piglio di Marchionne, penso, ovviamente, con antipatia, all’adulatore di turno e in generale, alla FIAT. Ma non alle automobili che, viceversa, mi sono sembrate (quasi tutte) belle: dalla Topolino decappottabile, che la mia famiglia ha posseduto e in cui tre figli viaggiavamo, comodissimi (così, da piccoli, ci sembrava),”dietro”, come si diceva, fino alla 600, auto che, per prima, ho imparato a guidare, in Africa e senza patente.

Quando penso alla Fiat penso, inoltre, a tutto ciò che quegli arroganti degli Agnelli si sono portati via sfruttando la semplicità e la dedizione dei nostri emigranti (pur di compiacere il padrone, diventavano persino tutti juventini!), alla complicità della politica nazionale e torinese in particolare, ai sindacati “giallissimi”, ai massoni piemontesi, ai Servizi segreti compiacenti (la Fiat ha sempre fatto soldi anche con gli armamenti) e, in particolare, a quanto non hanno mai voluto spiegare della loro storia finanziaria. Certamente penso, con orrore, al loro periodo gheddafiano. Non è questo, però, il buco nero che vi suggerisco oggi di provare a ricordare. Ci sono mille cose (intrighi politici, scandali, tormentoni), che non cessano mai di essere ricordati dalla nostra Italia giornalistica e panflettistica ma non trovo, se non raramente, ricordato l’oscuro episodio dei tremila (3000), dico e scrivo, tremila (3000) assegni, corrispondenti a 15 (quindici) miliardi di lire (assegni staccati tra il 1971 e il 1976) che, dalle casse della FIAT, finirono in quelle del Gran Maestro Lino Salvini e di Licio Gelli.

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Successivamente si appurò che i due erano mestatori ma a quei tempi escludo che i Servizi Segreti dell’epoca, sempre a disposizione dell’avvocato Agnelli, per scovare e segnalare gli operai “commmunisti”, non sapessero ragguagliare la Famiglia torinese sulla pericolosità di eventuali legami con la loggia Propaganda 2. Dimenticavo di ricordare a me stesso  che i vertici dei Servizi Segreti erano tutti affiliati alla banda dei “grassatori” gelliani e, quindi, difficilmente, avrebbero sputato nel piatto in cui mangiavano. Su questa storia dei tremila assegni, quello svagato dell’avv. Gianni Agnelli, non ha mai voluto dare spiegazioni.Tanto meno, successivamente, Cesare Romiti. Ne la ministra repubblicana, super democratica, Susanna.  Alla fine, la questione rimase irrisolta. O, almeno, così mi pare ma, spero di sbagliarmi e di ricevere lumi dall’amica rete. Gli Agnelli, certamente, non hanno mai dato risposte, né alla magistratura, né alla stampa, né alla politica o ai sindacati né, tantomeno, alla pubblica opinione. Brutta gente gli Agnelli (tranne, mi sembrò, Umberto quando lo conobbi a Roma, nel 1979, alla fine del suo periodo politico da senatore democristiano); bruttissima gente, i loro servi e i servi dei loro servi. Oggi, non so bene dove collocare il furbo/nevrotico/maglionato/avido Sergio Marchionne. Comunque, non mi piace e non mio piacciono i suoi stimatori/adulatori. Qualcuno di voi, lo richiedo, sa con che scopo (difficilmente gli Agnelli avrebbero fatto filantropia) furono intestati quegli assegni (così tanti e per un tale importo complessivo) nel lontano periodo ’71/’76?

Oreste Grani/Leo Rugens

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P.S.

I due milioni di euro (quelli dichiarati) che risultano, oggi, raccolti a favore del progetto politico maggioritario di Matteo Renzi, riportati ai valori del periodo 1971-1973, sono molto vicini (ci si comprano le stesse cose e lo stesso numero di persone) ai quei famosi 3000 assegni per l’importo di 15 miliardi di lire di cui sopra. All’epoca, Salvini e Gelli, se li fecero dare da un solo padrone. Oggi, i due milioni della Leopolda, potrebbero essere stati raccolti grazie alla generosità di più burattinai. Ma sempre una storia di complicità e di marionette fatte agire per “fottere” gli italiani, si tratta. Difficilmente in quegli anni, i profani, capivano cosa covava a Torino. Altrettanto, difficilmente, si capisce cosa covi, oggi, a Firenze. L’unico dato certo della “sciarada” è che entrambe le città sono state Capitali d’Italia ed entrambe, ancora oggi, sono covi di pseudo massoni. O meglio, di logge che radunano, per i più diversi motivi, un’accozzaglia di affaristi in cerca di gonzi, agenti sempre al servizio di paesi terzi e,ovviamente, di “messi in mezzo”. Cercate bene, come suggerisco da tempo non sospetto, e troverete, intorno a Renzi, sempre e solo, gli avanzi, le proiezioni, le metamorfosi del mondo che generò la crescita improvvisa della Loggia Propaganda 2. La riempirono e la fecero riempire di soldi dai tanti imprenditori “americani” tipo Agnelli (Sergio Marchionne non inventa niente in quanto Gianni Agnelli fu sempre un “americano”, di cultura e di portafoglio) e, riempendola di soldi (dollari), al momento opportuno (così come continua ad accadere oggi intorno alla Fondazione Leopolda), indirizzarono  la vita della nostra Italia. Quando non bastavano i soldi, si passava ad atri metodi. I suggerimenti che da oltre oceano pervenivano, tramite la P2, erano pensati negli stessi ambienti che ancora oggi si organizzano per determinare le nostra politica, interna ed estera. Renzi è il burattino e gli amici di Michael Ledeen, i pupari. Gli Italiani sono gli spettatori paganti.