Berlusconi non solo è un gran bugiardo (un falso testimone ed altro) ma è anche un politico pippa

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Ci si inoltra nella giungla-paludosa dell’attività partitocratica (i politici agiscono come abitanti di questo non luogo fisico in cui la prima caratteristica di questa “second life” è la perdita della memoria) come se nulla fosse accaduto. Ad esempio, quando l’androide Berlusconi Silvio va in televisione, con la cartuscella arrotolata nella mano destra perché la “macchina artificiosa” assuma una parvenza umana, quegli italiani che lo ascoltano e lo guardano senza vomitare il cibo appena ingurgitato (i telegiornali sono a ridosso dei pranzi e delle cene) difficilmente sanno/ricordano chi sia Stefania Ariosto. Se lo ricordassero, l’Auditel se ne accorgerebbe e l’attenzione al gran cazzaro tenderebbe a zero. Fino al 21 luglio 1995, la signora Stefania Ariosto, milanese come il Berlusca, era del tutto sconosciuta al grande pubblico. Ma non alla ristretta cerchia di amici, politici e non, che ruotava intorno al leader della da poco nata Forza Italia. La Ariosto era, infatti, la bella e raffinata compagna di Vittorio Dotti, avvocato della Fininvest, per una stagione breve, vicepresidente della Camera e, all’epoca dei fatti, capogruppo di Forza Italia. Quel giorno di luglio la Ariosto si presentò ai magistrati milanesi, dichiarando al PM Francesco Greco (non un fesso qualunque) di essere impaurita perché a conoscenza di fatti importanti, che intendeva spontaneamente raccontare. Vicende in cui, tra gli altri, erano implicati lo stesso Berlusconi e il suo fedelissimo Cesare Previti.

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Ora vado a ricordarvi un dettaglio di cui, sono certo, pochi hanno memoria e su cui, invece, io non ho mai mollata l’attenzione: dopo questo passo legale quella che poi sarà nota come la “teste Omega” fece sapere di aver ritrovato un coniglio sgozzato davanti alla porta di casa. Io penso che quei pezzi di delinquenti (Previti, condannato definitivo; Dell’Utri, condannato definitivo; Berlusconi, condannato definitivo) cercarono di intimidire “mafiosamente” la teste Omega, con qualche buona ragione, facendo sgozzare l’innocente coniglio e facendolo recapitare davanti all’abitazione della signora che dovevano temere per qualche motivo gravissimo. Subito, in verità, le fu assegnata una scorta e le notizie su chi fosse la signora cominciarono a circolare. Dai suoi racconti dettagliati, compreso le ricostruzioni di cene e feste (ma invece di gozzovigliare questi non potevano passare il loro tempo a governare il Paese?), prese il via il filone (ma quanti furono da quel momento i filoni berlusconiani?) denominato “toghe sporche” che va opportunamente ricordato perché è l’esempio di come, altre cento volte, prima e dopo la resistibile ascesa di Arturo Ui/Berlusconi, quella banda fosse abituata a risolvere le questioni legali e a fare in modo che non ci fossero conseguenze a seguito dei loro comportamenti criminali. I giudici milanesi sulle dichiarazioni certe e riscontrate della Ariosto inquisirono alcuni colleghi romani, tra cui l’ex capo dei GIP Renato Squillante e il suo collega Filippo Verde, per corruzione in atti giudiziari.

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Tutto partiva dalle vicende relative alla mancata vendita della SME, il comparto agroalimentare dell’IRI alla CIR di Carlo De Benedetti. L’accordo era stato trovato (non sottovalutate mai la fogna putrescente che ha circondato queste spoliazioni della cosa pubblica prima malversata, gestita a ribasso e poi offerta agli “amici degli amici”, con coppola o meno, al prezzo che gli stessi signori privati decidevano come se questi beni, questi impianti industriali, questi brand affermati nel mondo, fossero “cosa loro”), ma poi la holding di Stato, allora guidata da Romano Prodi (sempre lui, come Berlusconi, De Benedetti, Letta alla faccia del turn over, dopo oltre un quarto di secolo!!!!!!!), aveva fatto marcia indietro, anche per le pressioni del Presidente del Consiglio, a cavallo all’epoca, altro criminale acclarato e definitivo Bettino Craxi, l’unico, ad oggi, deceduto e perché la cifra concordata non appariva congrua rispetto ad altre tre offerte ricevute nel frattempo. Tra queste una della IAR, società costituita dalla stessa Fininvest, Ferrero e Barilla. De Benedetti (altro, nel tempo, pluricondannato), allora, aveva fatto ricorso al Tribunale di Roma, che però, udite-udite, gli aveva dato torto. Non entro nel merito delle padelle o delle braci (criminali che, già 25 anni addietro, si scazzavano con criminali) ma del fatto insolito (se non per la prima volta verificatosi) che dei magistrati ipotizzarono un’accusa gravissima, nella forma e nella sostanza, e cioè che la sentenza fosse stata favorita dal versamento di tangenti ai magistrati da parte della Barilla e della Fininvest, anche per mezzo dell’avvocato romano Attilio Pacifico. Sempre per non dimenticare mi permetto di ricordare che una vicenda corruttiva simile si sarebbe verificata anche in occasione di un altro scontro giudiziario tra Berlusconi e De Benedetti, quello per il controllo della Mondadori.

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Era la prima volta che in Italia accadevano fatti di quella gravità, alla luce del sole. Non sono i magistrati che perseguitano i coniglietti Berlusconi-De Benedetti ma loro che hanno il vizio, da sempre, di non poter neanche immaginare di non avere le caramelle che desiderano. E in questa logica, violano le regole e le caramelle/cose che vogliono, banalmente, le rubano. Dicevo che con l’età dell’oro berlusconiana si inaugura la stagione di una Procura della Repubblica che si trova costretta, vista la gravità degli avvenimenti, a mettere sotto accusa i vertici di un’altra. La compagna di un parlamentare, sempre di Forza Italia, avvocato della Fininvest, accusava, con una dovizia di particolari sconcertanti, il leader dell’opposizione ed ex presidente del Consiglio di aver pagato tangenti a magistrati. E con lui, associati a delinquere, alcuni suoi collaboratori tra cui proprio quel galantuomo di Cesare Previti che Berlusconi aveva scelto, al suo esordio governativo, per fargli guidare il Ministero della Difesa, con le implicazioni che tale nomina comportava in termini di sicurezza nazionale e internazionale. Queste cose, questi comportamenti certi del grande imprenditore Berlusconi, dovete ricordare, quando vi si fa nuovamente sotto per “ri-solarvi” con quella cartuscella in mano. Berlusconi è riuscito a mettere al Ministero dell’Interno (con annessi e connessi in termini di sicurezza nazionale) un delinquente come Claudio Scajola e uno come Cesare Previti alla Difesa. Punto. Il resto sono chiacchiere. E, come vedete, taccio di Marcello Dell’Utri, perché a chiarire dei due, in modo definitivo,  in realzione al biennio ’92-’93, ci stanno pensando coraggiosi investigatori. E non “coraggiosi capitani” come quelli che avrebbero dovuto salvare l’Alitalia. Parlo non quindi di dispositivi di sentenze (chi sarei mai io per poterne parlare?) ma di Berlusconi politico: un vero disastro per gli interessi del mio Paese. Una vera pippa, un bauscia, una rapa qualunque che arrivò a scegliere come ministro (e tre!) uno come Giuliano Ferrara che, di secondo lavoro, per sua stessa ammissione, faceva l’Informatore della CIA, dopo essere cresciuto “scolasticamente” a Mosca e nel PCI a Torino. Che è tutto dire, pieno come era quel partito, nella città della FIAT e di Togliattigrad, di massoni e spie al soldo del KGB.

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Comunque se proprio vogliamo tornare sul terreno prettamente giudiziario, Berlusconi ha sempre usato i tre gradi di giudizio per aggiustare le sentenze altrimenti avrebbe attualmente un cumulo di anni da scontare che i suoi 120 previsti di durata sulla Terra non gli basterebbero. Con oggi, in coda al post, inauguro un doveroso ricordo (per chi vuole ricordare) di chi sia il nostro: un bugiardo patentato e un politico sega. Due estratti di sentenze che hanno attinenza alla vita del vostro eroe. Due tra le tante. Tanto per non dimenticare.

Oreste Grani /Leo Rugens che in questi anni si dovuto perfino vendere “cari ricordi” ma non i libri che ancora oggi mi aiutano a ricordare.

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