5°-KAMI 4.0 e le necessarie scelte culturali

lo Stato intelligente

Nella rete è possibile trovare, se si cerca con un minimo di attenzione, riferimenti ad un convegno tenutosi il 23 marzo 2012, “Lo Stato Intelligente”.

A quel convegno, le donne e gli uomini che lo idearono, organizzarono e animarono, arrivarono dopo anni (più di tre lustri) di lavoro preparatorio. Siamo stati lenti, potreste dire. Coscienziosi, potremmo rispondere. E forse con qualche “nemico” di troppo. Anche ieri qualcuno di noi era a rispondere alla Procura della Repubblica per le affermazioni che, in sede telematica, vengono fatte a proposito della nostra storia. In questo luogo telematico, KAMI 4.0 stiamo conferendo parte dei materiali elaborati nei 15 anni a cui facciamo riferimento tentando di non saltare passaggi nella ricostruzione che vi impediscano, se foste interessati a conoscere la storia di questo percorso, umano e organizzativo, di capire le radici e l’eventuale valore culturale di un tale sforzo elaborativo. Procediamo nel cacciare le carte senza un filo cronologico ma, come si dovrebbe fare, ricostruendo, documento/post dopo documento/post, un percorso complesso che può essere avvicinato/iniziato (e per tanto conosciuto) da più lati dell’oggetto prismatico che alla fine abbiamo la sensazione di aver disegnato/costruito.

Scegliemmo la data del 23 marzo per motivi che oggi vi saranno chiarissimi leggendo i testi che avevamo preparato per l’occasione:

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Dedicammo il convegno alla figura di Alan Mathison Turing per quanto si può leggere di seguito:

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La nostra punta di diamante dell’epoca, la filosofa transdisciplinare, prestata per sua espressa volontà autolesionistica al giornalismo, Emanuela Bambara, durante il convegno, intervenne, in veste di relatrice a nome della nostra struttura, con una tesi audace sulla necessità di una intelligenza dello Stato che ancora oggi, quando proponiamo quel testo ai nostri interlocutori contemporanei ci accorgiamo li sorprende lietamente per lucidità di analisi e per visione lungimirante. In particolare, dopo lunghe discussioni al nostro interno, avvenute prima della giornata del 23 marzo 2012, alcuni di noi erano dell’idea di proporre, durante il convegno, con assoluta chiarezza, la fine della subalternità dell’Intelligence al premier politico di turno e di suggerire, in sostituzione, la collaborazione stretta tra l’Organismo di coordinamento delle Agenzie con il Quirinale luogo di garanzia istituzionale maggiore che ci era sembrato, da sempre e per tante e valide ragioni, più consono a una tale delicata attività di comando e responsabilità.

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Questo pensavamo e questo, anni addietro, pubblicamente, abbiamo sostenuto. Oggi molti pensano che sia arrivato il tempo del grande cambiamento. Dopo il convegno e non per come fosse andato ma per l’attacco che nel web qualcuno (rimasto vigliaccamente anonimo) decise di portare ad uno di noi, il gruppo che, viceversa, era pervenuto compatto al quel momento pubblico, si divise, quasi disperdendosi. Le nostre tesi, da quel giorno, non hanno avuto mai una sostanziale smentita. Anzi, sempre di più si parla di Quarta rivoluzione industriale, di Infosfera, di Intelligenza dello Stato, di Business Continuity, di necessità che l’Intelligence sia colta, diffusa, partecipata. Da quel giorno sempre di più le tesi sostenute da Luciano Floridi si fanno robuste e condivisibili. Sempre di più, questa trasformazione culturale paradigmatica, in molti auspicano che avvenga in un rapporto di conoscenza e di aumentata stima reciproca fra il mondo civile e quello militare. Sapevamo cosa fosse opportuno dire in quel ormai lontano 23 marzo 2012; sappiamo cosa sia necessario dire e fare ora e, soprattutto, a Parlamento rinnovato, dalla primavera prossima. Non ci siamo sbagliati allora, non ci stiamo sbagliando ora che abbiamo saputo aspettare le condizioni geopolitiche favorevoli alla nostra visione delle cose.

Sempre in spirito di servizio e sostenuti da amor di Patria.