Ilario Lombardo è quel giovane nato a Cosenza ed emigrato a Roma per fare il giornalista?
Mi piace poter leggere nel “Il voto di scambio politico-mafioso“, volume didattico e politico scritto a quattro mani da Mario Michele Giarrusso e Andrea Leccese che: “…l’amicizia omertosa di tanti politici spregiudicati spiega la persistenza di un fenomeno vergognoso che dall’Ottocento ad oggi, piuttosto che essere debellato, è riuscito anzi ad accrescere esponenzialmente le proprie dimensioni e pericolosità. Nando dalla Chiesa ha ragione da vendere: “la vera forza della mafia sta fuori dalla mafia”.
La vera forza della mafia – continuano Giarrusso e Leccese – risiede nella sua capacità di creare legami con la politica e la pubblica amministrazione.
La criminalità di tipo mafioso ci appare come un sistema plutocratico basato su una fitta rete di illecite relazioni d’ogni genere. Se la mafia avesse potuto contare solo sui mafiosi, i tanti duri colpi subiti l’avrebbero azzerata. Se essa non avesse avuto a disposizione una miriade di italiani disposti a mettere in soffitta la legge e la morale per ambizione, vanità, carrierismo o sete di denaro, sarebbe stata sconfitta da tempo. Quello che spaventa è che la mafia può invece contare sulla permeabilità di ben più estesi territori umani. Ed è questo che fa più danni: la forza delle organizzazioni criminali sta nei comportamenti complici e funzionali”.
E sottolineo il termine “funzionali”, ribadendo che a questi comportamenti dannosi ci si può pervenire con varie modalità o gradi di consapevolezza. Compreso la superficialità più assoluta e apparentemente incolpevole.
Ad esempio, mi piace che un giornalista de La Stampa di Torino e del Il Secolo XIX di Genova (ho cominciato, a otto anni, a leggere questo quotidiano genovese, tutte le mattine, prima di andare a scuola), metta, sotto attenzione, le Ferrovie, ex dello Stato, e che rediga una lista dei convogli più pericolosi per i cittadini. Che lo faccia un calabrese mi piace ancora di più perché era un suo corregionale quel Ludovico Ligato che venne ucciso, crivellato di colpi, il 29 agosto 1989 proprio per “come” (anche troppo privatamente) si era interessato, da altissimo dirigente, delle cose delle Ferrovie. Mi piace e mi interessa perché fino a quando ci saranno giornalisti investigativi ci sarà speranza per la Libertà e la convivenza civile.
Non deve averla pensata così di Ilario Lombardo la bella Dionisia (vi mostro il ritratto rigorosamente di schiena vista l’aria che tira dalle parti di Torino e del suo quotidiano più autorevole), perché eravamo al 24 ottobre 2017 quando ha usato parole forti (ma le donne si sa come sono!) nei confronti di Ilario Lombardo, giornalista (ritengo professionista), nato a Cosenza, attivo nelle redazioni romane delle testate per cui scrive. In effetti, Lombardo, tra il serissimo e il tentativo di usare un linguaggio sfottente, aveva provato, con un articolo biricchino (vedere con chi e in che circostanze siamo stati soliti usare questa espressione), di isolare il senatore a cinque stelle Michele Mario Giarrusso, tratteggiandone, alla vigilia delle delicatissime elezioni regionali siciliane del novembre 2017, un ritratto denigratorio, nella forma e nella sostanza. Forse, ci siamo detti, ritenendo che, colpendo il senatore, esponente di rilievo del MoVimento, avrebbe colpito il M5S. Ma perché, ancora ci chiediamo dubbiosi e dispiaciuti, un giornalista per bene, in organico a due gloriose testate, avrebbe dovuto avere interesse a colpire il MoVimento che, ad oggi, si vede, ha il consenso di oltre il 32% degli italiani?
Pur nella nostra marginalità e ininfluenza, in una redazione di quattro sfigati (in realtà ci sono due bellissime donne che la allietano), ci siamo chiesti del perché di tanto accanimento ritenendo che il linguaggio del cronista fosse veramente eccessivo, tra l’irriguardoso per l’istituzione (Giarrusso era un senatore e lo è nuovamente eletto con la fanfara!) e il fazioso. A questa preoccupazione ne abbiamo aggiunta un’altra, certi che il discredito e l’isolamento sono, da sempre, elementi utili ai criminali quando devono valutare se colpire o meno chi li infastidisce con un fattivo contrasto e non solo con chiacchiere a mezzo stampa.
Non ci era sembrato credibile che Lombardo si abbassasse a fare, sia pur inconsapevolmente, il surrogato letterario di cosche e intrecci con ambienti siciliani che, alla fine, si sostanziano in forze politiche riconducibili, ciclicamente e carsicamente, all’ex cavaliere Silvio Berlusconi.
In effetti, alla fine, speriamo non con soddisfazione di tipo personale di Lombardo, le elezioni regionali in Sicilia, il M5S, le ha perse per un soffio, sconfitto anche da ambienti che ogni giorno di più la magistratura inquirente e giudicante conferma che non sarebbe stato opportuno che vincessero.
Chissà se, almeno personalmente, Lombardo è dispiaciuto che abbiano vinto i peggiori esponenti di quell’intreccio mafioso che riorganizzatisi intorno a Nello Musumeci era meglio per la Sicilia, per l’Italia e per il nostro Mediterraneo, ripeto, non vincessero.
Perplessi e dispiaciuti per come Lombardo, forse troppo giovane, non avesse saputo distinguere i buoni dai cattivi.
Eravamo preoccupati di questa “sparata” (la pistola, i tratti somatici, la gestualità!) ma al tempo fiduciosi che le battutacce di Lombardo non avrebbero scalfito la stima che da anni gli elettori mostravano per Giarrusso. Diciamo queste cose in questo blog atipico, marginale e ininfluente, perché ci permettiamo di essere, da anni, sfegatati tifosi del M5S.
O sapendo cose (i rischi in ballo) che forse il cronista, pur ritenendole vere, ha tenuto in scarsa considerazione.
Alla fine, sia pur con i modi un po’ ruvidi di Dionisia, ci siamo preoccupati di lasciare traccia nel web della superficialità di Lombardo. Ritengo non essere un reato dare del superficiale a qualcuno, ma in caso sono pronto a risponderne.
Le elezioni erano imminenti e il danno di immagine poteva essere notevole in una terra dove le macchiette dell’antimafia e i mafiosi esistono realmente.
Le lezioni regionali in Sicilia sono state perse, in quel momento, per una manciata di voti, riteniamo anche per articoli faziosi come quello di Lombardo. Ma i siciliani, qualche mese dopo, hanno chiuso la discussione. E lo hanno fatto, non solo riversando sul senatore, inutilmente attaccato, una valanga di voti, ma su tutti gli altri cittadini onesti in lista con il M5S. Tanto che, come spero il cronista Lombardo sappia, a scrutinio avvenuto, non si sapeva a chi “dare i resti”, come si dice a Roma.
Tutti i candidati (forse, come è prevedibile, qualcuno troppo semplice per “acchianari” in quel luogo complesso che è il Parlamento repubblicano) che potevano essere eletti in Sicilia, sono stati eletti e, in cuor nostro, speriamo che a Lombardo, questo atto democratico, non dispiaccia nella sua validità anche numerica.
O scopriremmo che, oltre a provare ingiustificata antipatia per Giarrusso, ha anche in odio il dogma egualitario costituzionale che garantisce che, tranne i mafiosi, siamo tutti uguali da Palermo a Torino.
Oreste Grani e la Redazione tutta
ILARIO LOMBARDO MANDA UN AVVERTIMENTO MAFIA STYLE A MARIO GIARRUSSO. IL M5S REAGISCA SUBITO PRIMA CHE SIA TARDI
Giarrusso non è Falcone e Ilario Lombardo non è Sandro Viola ma le parole disgustose che il giornalista de La Stampa, Lombardo, indirizza a un cittadino che da trent’anni e passa dedica la sua vita alla lotta alla mafia, e lo fa con discreta abilità, meritano attenzione:
Mario Michele Giarrusso nella sua breve esperienza di senatore si è regalato una pistola, ha dovuto subire il peso di una scorta e ha fatto scomodare il governo di un Paese dell’Unione europea che ha scritto una smentita, mosso l’ambasciata e chiesto alla commissione antimafia italiana una presa di posizione netta.
Non male per la prima legislatura del senatore Giarrusso, un 5 Stelle di quelli un po’ da stereotipo, tutto urla e complottismo, che nella sua così indubitabile lettura degli eventi, dopo la morte della reporter Daphne Caruana Galizia, uccisa in un tremendo e misterioso attentato, ha chiesto le dimissioni del governo di Malta «non perché accusato di corruzione e sotto indagine dalla magistratura, ma per la evidente complicità, quantomeno indiretta per omissione, nell’omicidio». L’avvocato Giarrusso (ché questa era la sua professione pre-parlamentare) parla senza prove in mano ma fino a qui, comunque, tutto fila liscio. Nella sua libertà di cittadino europeo può dire un po’ quello che gli pare, come chiunque altro apra un giornale al bar e dica la sua sulla qualunque. ….
Dove c’è odore di mafia Giarrusso ficca il naso, solo che questa volta non ha calcolato le distanze diplomatiche per misurare la sua requisitoria contro l’alleato mediterraneo. …
Ma il catanese Giarrusso ha carattere vulcanico, un’indole etnea a eruttare all’improvviso, figlio di un’isola che alla mafia ha sacrificato eroi e macchiette. Con quel faccione arruffato da stregatto immusonito, Giarrusso, dal giorno in cui ha provato a traghettare i suoi riluttanti e inesperti colleghi a votare l’ex pm Piero Grasso come presidente del Senato, si è ritagliato il ruolo dello sceriffo contro gli indicibili matrimoni di interesse tra politica e mafia ovunque nel mondo. L’impegno gli ha fatto guadagnare questa estate le mire di qualche capobastone che di minaccia in minaccia ha costretto il senatore ad avere una tutela provvisoria per muoversi a Catania. Ma, previdente, ci aveva già pensato lui stesso, all’alba della legislatura, a dotarsi di una protezione: una pistola, che in un documentario danese, il primo a entrare nelle viscere dei debuttanti grillini in Parlamento, mostrava di portarsi con sé anche a letto. Una scena che rivela e teatralizza la sua autocoscienza d’attore, la sagoma di un gigante che caracolla scomposto e inciampa in un’incontinenza verbale che neanche nella disciplinatissima caserma del Movimento riescono a fermare. Vedi articolo originale
Lombardo non deve avere colto che il messaggio di cordoglio che Papa Francesco ha rivolto alla famiglia di Daphne, seguente alla dura condanna dell’attentato da parte di mons Scicluna che invitava i maltesi a “difendere la democrazia” del loro paese manifestano una preoccupazione enorme della Santa Sede nei confronti di quel covo di malfattori che vanno sotto il titolo di Cavalieri di Malta, il cui vertice il papa ha recentemente decapitato.
Lombardo pensa sia uno scherzo che Graviano minacci un senatore della Republica e poco ci manca che non insinui che sia Giarrusso stesso a essersi inventato la minaccia.
Lombardo da oggi sarà ben monitorato nei suoi pensieri giacché ha dimostrato di essere della stessa pasta di quel Viola che, con parole quasi identiche, condannava a morte Falcone attraverso un processo spietato di isolamento.
Lombardo appartiene a quel genere umano vigliacco che scrive la parola “eroe” sulle lapidi perché non può scrivere “se l’è cercata”, mentre chi è vivo e combatte la mafia non può che essere una “macchietta”.
Lombardo è di quelli che se non “hai le prove in mano” di mafia non puoi parlare, peccato che se hai tre decenni di studio del fenomeno criminale, Giarrusso con la sua attività li può vantare essendo partito dalla Rete, forse qualche idea ce la può avere.
Avere le prove, avere le prove avere le prove… una formula che rispetto alla mafia sento ripetere da quando ho coscienza di me stesso, ma non c’era bisogno di prove per capire chi fosse il costruttore di casa nostra (1969 a Milano), tale Antonio Virgilio, siciliano, salito alla ribalta delle cronache negli anni Ottanta perché sfuggito alla cattura in quanto pezzo da Novanta della mafia e morto latitante non molti anni fa. I “gorilla” e l’ufficio megagalattico parlavano da soli, quando mio padre lo raggiunse per difendere le proprie ragioni. Qualcuno che lo conosceva bene per ragioni investigative me ne parlò a oltre quarant’anni dall’esperienza di mio padre come di un costruttore molto attivo nel bresciano… oltretutto attingeva i propri capitali dalla banca del padre di Berlusconi. Le prove, le prove…
I deputati del M5S stiano ben attenti a questo Ilario Lombardo e alle sue parole vomitevoli e intimidatorie, facciano quadrato attorno al loro senatore, mascariato da una nota del portavoce della Commissione antimafia, non fate che domani lo “stregatto” diventi un “eroe”. Ne va della democrazia dell’Italia.
Dionisia