Che fine far fare al denaro di Ezio Bigotti se venisse definitivamente sequestrato

 

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La prima iniziativa socialmente utile che propongo di sostenere con i beni sequestrati ad Ezio Bigotti (lo so che bisogna saper aspettare ma questo, come è stato evidente in questa prima fase dello scontro, noi sappiamo farlo) è il progetto che trovate di seguito illustrato.

Quando la giustizia avrà fatto il suo corso e i beni saranno definitivamente sequestrati, propongo di trasformare la faraonica villa del nostro (vedere Google Map), in una “Cascina delle Abilità” secondo lo schema concettuale che abbiamo messo a punto.

Mi dicono gli psicologi che seguono queste figure sofferenti per la devastante ludopatia (che ho già consultato fiducioso che un giorno il bene sarà sequestrato) che invece di cavalli per l’ippoterapia, come inizialmente avevo immaginato, è opportuno usare gli asini per piegare gli uomini all’umiltà e addestrarli alla complessità di relazione con personalità forti. I quadrupedi, infatti, se non “vogliono darti il consenso” non li convinci, né con la carota, né con il bastone. Metafora buona per uno come Bigotti che potrebbe rimanere a fare, nella sua ex proprietà, lo stalliere degli asini.

Spero che con questo altro esempio, in molti capiate perché vi stiamo chiedendo un aiuto. Abbiamo intenzione di non mollare e di trasformare il male (non c’è solo Bigotti) in una opportunità per chi soffre e ha bisogno di aiuto.   

Oreste Grani/Leo Rugens 


La Cascina delle Abilità

Cronaca di una seduta di terapia per chi soffre di  MAL DI GIOCO

Si chiamano ludopatici e in Italia sono circa tre milioni.

Quelli che al poker on line o alle “macchinette” si sono giocati affetti, lavoro, risparmi.

Per guarire chiedono aiuto a centri specializzati di psicoterapia.

Ecco la storia di un incontro di gruppo.

  • Alla seduta del XXXX, i giocatori ludopatici vengono in nove. Pagano ogni volta 25 euro. In certi casi, sono persone che ne hanno fulminati ventimila in un mese. E non li avevano in banca. Sono finiti nelle grinfie delle cosiddette finanziarie e dei più sinceri strozzini (gara aperta per chi è il più feroce). Per tre è la prima esperienza terapeutica, gli altri, da quasi un anno, formano un gruppo con buona dose di affiatamento. I nuovi sono un signore esuberante che conosce già due altri frequentatori (vengono dalla stessa città, condividono quello che, qui, non si deve chiamare vizio: “Guai a insistere con le connotazioni negative”, spiega la dottoressa XXXXXX, che discreta, conduce l’incontro), poi un ragazzo ventenne con una figlia di due mesi, titubante e imbarazzato, si presenta spiccicando quattro parole: si è rovinato ai “picchetti”, scommettendo sul calcio. Gli chiedono se era nel giro illegale: «No, no. Roba regolare».
  • Infine, un giovanotto più anziano che arriva con un po’ di ritardo e squaderna subito il suo stupore: «Sono sei settimane che non gioco più neppure al Gratta e vinci, da quando sono venuto qui a parlare. La cosa incredibile è che il gioco non mi manca, Prima finivo di lavorare, scaricavo la macchinetta, mettevo cento euro e poi altri cento, Non sono felice, ma sereno, sì». In realtà, si capirà presto, non è neanche sereno: ha paura, non capisce, la liberazione gli pare troppo facile e non si fida. Probabilmente ha ragione, e gli altri glie lo confermano presto, invitandolo a non abbassare la guardia, ora e anche per molto tempo d’ora in poi. Tre sono le donne, sei gli uomini. Siamo a Roma, zona Trionfale. La capitale è uno dei motori a pieno regime che sparano l’Italia in vetta alla classifica mondiale della spesa pro capite per le infinite vie del gioco a pagamento.
  • La XXXXXXXXXX è XXXXXXXXX sulle patologie compulsive. L’ha creata lo psicoterapeuta XXXXXXXXX che opera a XXXXXXX dove ha sede la casa madre dei centri di assistenza. A Roma assiste una quarantina di pazienti. Non è l’unica. Nel settore ormai sono tanti i centri a operare.

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Facile ricadere in, tentazione

  • Il primo dei novizi, l’omone esuberante e facondo, ha (o ha avuto) attività commerciali, negozi, ristoranti. Appare sicuro di sé anche in questa situazione non agevolissima (e innesca il dubbio che l’autoconsiderazione possa averlo fottuto), racconta come in palcoscenico. La sua storia, comunque, è tosta. Il suo “grossissimo problema” sono “le macchinette”: «Quando ho toccato proprio il fondo, con gli affetti, coi soldi… Ho chiesto una mano a un amico che gestisce una comunità». Accoglie tossici, però. «Qui non si fa nulla per le tue patologie. Ma ti posso prendere volontario per aiutare i ragazzi…», gli dice l’amico.
  • «Cominciò così. E andò avanti finché non feci uno sbaglio grosso. Ero col mio amico in un bar e misi due euro in una macchinetta. Lui fece una catastrofe. Mi disse che non mi rendevo conto della gravità del gesto. Da allora sono entrato dentro il percorso: due caffè alla settimana, dieci sigarette e una telefonata a mio figlio. Piangevo sempre». Intorno al disastro ne crescono altri: «Andavo al Sert. In città mi conoscevano tutti. Allora dicevo che accompagnavo un amico, C’è la vergogna. Poi, quando ci ricaschi, della vergogna non te ne frega nulla. Poi ho chiesto i contributi statali per andare in comunità. Psicologi, psichiatri, assistenti sociali mi hanno analizzato e me l’hanno negato: secondo loro era solo un disagio familiare. Ora non gioco. Per il momento, per il momento…! Vado in giro senza soldi ma se entro in un bar e vedo le slot machine, quando sento il ticchettio è una lotta continua ».
  • A turno, i ludopatici parlano. Il giovanotto ritardatario dipinge un quadro efficace e crudo: «Vai a casa, sei disperato e devi ridere. Vai a lavorare, vorresti ammazzare qualcuno e devi sorridere. Odi la tua faccia. Allora vai alla sala giochi dove almeno vedi facce come la tua».
  • Il novizio timido si sblocca un po’, racconta quelli che gli paiono progressi promettenti: «Ieri, ero in un bar, guardavo le macchinette, quelle con le uova, le guardavo anche con interesse. Ma senza bramosia».
  • C’è una fiammata emotiva e collettiva quando qualcuno tira in ballo gli slogan delle pubblicità per i giochi in tv, quelle che raccomandano un atteggiamento “responsabile” Succede quando una delle veterane si sblocca. A quanto si capisce, di solito è chiusa assai. Ora uno dei novizi dichiara che, fino al 1999, il gioco “proprio non lo conoscevo”. Lei si sconvolge: «Il problema fondamentale è quando non hai i soldi e non puoi andare avanti. Bisogna denunciare lo Stato che dà i Gratta e vinci anche alla posta. Io ho sperperato i risparmi di venti anni di lavoro».

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La convinzione di “RIFARSI”

  • Qualcuno ci si riconosce e piange. Uno dei veterani rincara: «Dire gioca responsabile a un malato è prenderlo per il culo». La dottoressa invita a chiudere la parentesi: «Soffermiamoci su di noi». Un “noi” che spesso si allarga. Lo spiega il ragazzo all’inizio esitante: «Dirlo in famiglia è la prima cosa. Io, quando ero arrivato in fondo, ho parlato con le persone più importanti. L’ho detto a mio fratello, avevo paura, invece lui è stato felice della confessione. Anche perché sono segreti di Pulcinella». Un altro, capelli lunghi e l’aria da vecchio hippy, l’ha dovuto dire in famiglia e al datore di lavoro. Perché i soldi per giocare li prelevava dai pagamenti dei clienti: «Io ho anche fatto un percorso psicoanalitico per tenere l’umore stabile. Ad agosto scorso non giocavo da un anno. Mi sentivo tranquillo. Ho fatto una prova. E ho preso una batosta pesantissima. Lì mi sono detto: non hai capito niente, non sei ancora arrivato da nessuna parte».
  • Quelli delle carte si considerano più a rischio degli altri: hanno combattuto battaglie più sanguinose. «Voi delle slot riuscite a smettere, io no», dichiara un veterano. Accanto a lui, un giovanotto – l’unico, fra l’altro, che dice di essersi rovinato col gioco on line – rincara: «Noi che si è cominciato da bambini, con le carte, ce l’abbiamo come abitudine di vita, nel DNA». I due delle carte fanno un po’ gruppo a sé. Si descrivono reciprocamente: «Ci si fa terra bruciata attorno. Lui ha perso moglie e bambina. Forse la seconda la ritroverà, la prima, di sicuro, no. Alla fine, il problema economico è l’ultima cosa. Quel che distruggi sono gli affetti e l’autostima».
  • Senz’altro il campione della seduta è minimo. Ma la dottoressa conferma un’impressione. La fiducia in se stessi. L’idea che ci “si rifarà” perché siamo “ganzi”, è una pulsione forte che spinge i maschi nell’abisso. Per le femmine le cause sono, spesso, diverse, innescate da fattori esterni: solitudine, traumi personali, disagi esistenziali.

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La Cascina delle Abilità

Progetto per la creazione di un centro riabilitativo per giocatori d’azzardo patologici

Premessa

Cosa si propone: si tratta di creare una struttura di alloggio e di riabilitazione, per accogliere le persone escluse, nella visione del mondo attuale e nella organizzazione societaria in cui siamo inseriti, dai “normali” processi vitali e produttivi, a causa di diagnosticate ludopatie.

Con quale finalità: promuovere la socializzazione di ludopatici, aumentando i movimenti di scambio tra loro e con assistenti e terapeuti (nel contesto della Cascina), per favorirne poi il reinserimento nella società civile, attraverso lo stimolo e lo sviluppo delle abilità residue nell’ambito di un approccio ecosistemico, in un percorso terapeutico integrato di sistemi organizzati e complessi di assistenza, informazione, formazione, orientamento, riequilibrio ecologico, cura con la parola apotropaica.

A chi si rivolge: a 30 persone di età e sesso diversi affette da ludopatie, che possano essere reintegrate nel loro contesto naturale al termine del processo riabilitativo. Le persone accolte saranno considerate come ospiti-pazienti e committenti-risorse economiche a un tempo, e saranno assistite da operatori socio-sanitari esperti, per l’ospitalità notturna, la ristorazione, le attività socio-motorie e lavorative, la formazione, il servizio medico-sanitario.

Con quali risorse professionali: la direzione del Centro è affidata al prof. XXXXXXX (proposta), che coordinerà un numero totale di minimo otto persone stabili (selezionate dalla direzione sanitaria), tra le quali: uno psichiatra, uno psicologo, due educatori, due tecnici, uno stalliere, un giardiniere. Nel corso delle attività, se dovessero evidenziarsi necessità, saranno ingaggiate a collaborazione ulteriori figure professionali.

Con quali strutture tecniche: al centro didattico, saranno affiancati stanze di alloggio, cucina, sala pranzo, salone ricreativo, un laboratorio professionale, un piccolo maneggio con tre cavalli, 2 ettari di terra per il lavoro agricolo.

In quale contesto: il progetto prevede l’utilizzo integrale dell’immobile requisito, nel suo contesto storico-archeologico-culturale-ambientale, mantenuto nella sua originaria vocazione. Il fabbricato e l’utilizzo del terreno saranno orientati a permettere una vita di qualità, il benessere ecosistemico e l’autonomia sociale, di sostegno alle attività quotidiane e di valorizzazione attraverso l’esperienza lavorativa.

Con quali attività: il risanamento della salute e il recupero socio-sanitario avverrà attraverso le principali seguenti attività formative-professionali: gestione della quotidianità e manutenzione, attività fisica-terapeutica, attività espressiva, attività di informazione-formazione, attività artigianale, attività agricola, ippoterapia (con gli asini in realtà) attività di svago. L’attività espressiva prevede: teatro e psicodramma, art therapy, musicoterapia. L’attività artigianale prevede: lavori di falegnameria. L’attività agricola prevede: giardinaggio, coltivazione orto frutticola, per la produzione degli alimenti da consumo e di prodotti biologici destinati al commercio.

Questo, tanto per cominciare. Man mano che studieremo i beni sequestrati , elaboreremo attività consone.

Oreste Grani/Leo Rugens

 

P.S.

Questo post lo mandiamo in copia alla Diocesi di Pinerolo, realtà ecclesiale affidata alle cure pastorali del Vescovo Derio Olivero che, siamo certi, apprezzà lo spirito provvidenziale del suggerimento.

Al Tribunale competente, ovviamente, non possiamo suggerire nulla.

Possiamo però laicamente pregare che se Bigotti dovesse risultare colpevole i suoi beni servano a risarcire i danneggiati dalle sue attività illecite ma anche ad attività come quella che, in spirito esemplificativo, abbiamo oggi presentato.

 

Alcuni ci stanno aiutando, altri rimangono indifferenti.

Per scelte personali (la condizione economica in cui vivo), culturali, politiche e di natura organizzativa, ho deciso di ricorrere all’aiuto del mercato chiedendo ai lettori di Leo Rugens un contributo (cifre semplici) per assicurare la sopravvivenza e l’indipendenza del blog.

Mi sono affidato a PayPal ma ho anche la possibilità, se me lo chiedete, di indicarvi un IBAN relativo ad un normale conto corrente.

Trovate quindi – a piede dei post – una novità rappresentata dalla richiesta, sistematicamente ripetuta, di sostegno con il possibile l’invio di piccole cifre.

Ci sarà tempo per chiedervi altro. Fuori dagli scherzi, grazie anticipatamente.

Per le piccole cifre (dai 5 ai 25 euro) abbiamo deciso di prendere soldi da chiunque con le ormai semplici modalità del versamento sul circuito PayPal usando il nostro indirizzo e-mail: 

leorugens2013@gmail.com

Oreste Grani e la Redazione