Alcuni, sotto l’effetto Siria, si accorgono del primato della politica estera

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Non noi che, viceversa, ci siamo consumati i polpastrelli a scrivere questa ovvietà.

Proviamo ancora una volta ad entrare nel merito e, per farlo, usando il metodo del “sasso nello stagno o dei cerchi concentrici” poniamo una prima domanda semplice semplice e apparentemente obsoleta: i due marò che fine hanno fatto?

Quasi ormai senza fantasia, vorremmo, quindi, banalmente, sapere che fine ha fatto la questione dei due/uno/mezzo marò sopravvissuti oggetto, secoli addietro, di una disputa giudiziaria (e geopolitica) con l’India.

A tal proposito ripubblichiamo un nostro antico post dedicato al perché quell’episodio, ormai dimenticato da tutti (la piccola Giorgia Meloni, con Ignazio La Russa e il Gigante Crosetto hanno evidentemente altro da fare), potesse non-non-non-non accadere.

Lo diciamo perché le trattative di governo, se fossimo stati consiglieri ascoltati (ed alcuni ma non certo noi hanno avuto il privilegio di esserlo) le avremmo fatte precedere da mesi (si poteva immaginare altri risultati da quelli usciti dalle urne?) di frequentazioni e conoscenze ravvicinate durante convegni, tavole rotonde, seminari appositamente indetti (parlo di eventi promossi dal M5S che facilmente e con poca spesa si faceva padrone di casa e stimolo per le iniziative culturali) coinvolgendo, di volta in volta, alcuni esponenti che era facile prevedere sarebbero stati i protagonisti di questo scomposto (tra poco vedrete quanto sguaiato) balletto di stupidi che, viceversa, si sentono furbi ma che mai potrebbero essere prudentemente definiti intelligenti. Noi, sia pur nella nostra marginalità, siamo sempre stati usi a cercare di trovare un comune sentire tra le persone provenienti da diverse storie personali, con processi di formazione culturale spesso originati agli antipodi. Soprattutto, prima di poter assumere un atteggiamento di fronte alla realtà (vi piace questa definizione di un accordo politico?) sarebbe sempre importante provare a conoscersi, abbattendo stereotipi e luoghi comuni. E non basta certo uno sguardo incrociato nei meandri del Parlamento. Quando qualcuno ha nostalgia di quando la politica era fatta da statisti, rimuove quanti e quali (mi ripeto per aiutare) convegni, seminari, tavole rotonde, libri facevano da supporto a questa dimensione adeguata alla complessità. Tutta ginnastica preparatoria, tutto studio faticoso, tutta contaminazione/messa in discussione del proprio ego e insufficienza di pensiero. Oggi nulla si fa  se non la magia inadeguata del web e l’abracadabra di quattro paroline messe in fila.

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Quando si poteva, nella bellissima primavera del 2013, si doveva scegliere la strada faticosa delle scale in salita, dei sentieri di montagna, piuttosto che dello scivolare lungo le ultra veloci fibre ottiche. Non c’è infatti altro da fare che, a partire da un qualunque processo storico (questo, quale primo esempio, è il passato e i marò sono almeno questo), trovare una chiave di lettura, condividere con l’interlocutore prescelto il significato di termini (patria, sovranità, rispetto della vita, nel caso scelto dei Marò) a cui corrispondessero oggi, ma soprattutto in un futuro prossimo, atteggiamenti concreti (secondo il senso etimologico latino del cum crescere) verso la realtà emergente.

Ragionare sul passato con alcuni con cui si ambisce fare patti politici e quindi scegliersi, nella reciprocità, come compagni di incursioni nel futuro, è inevitabile ed evitarlo non è stato un buon metodo. In assenza di un qualunque segnale (i panettieri e i forni sono evocatori di pagnotte, non rimuovendo che in Italia è andato alle elezioni perfino un Partito della Pagnotta) che faccia presumere che dietro (non è una volgarità sessuale) ci fosse una vera e propria scuola capace di insegnare che si pensa per modelli e non a cazzo di cane, ci siamo fatti da parte in attesa di vedere i frutti di chi non poteva non saperne cento volte più di noi.  Ma chi ha consigliato il vertice del M5S in questi lunghi cinque anni? Il centro destra di cui alcuni (troppi) parlano in modo pretestuoso, non esiste e la prova regina la avreste avuta se i tre (Berlusconi-Salvini-Meloni) fossero stati messi di fronte ad almeno dieci episodi del passato su cui confrontarsi. I tre non avrebbero mai, dico mai, avuto la stessa posizione. Certo che si deve spaccare il fronte avverso, ma l’unico modo politico di farlo non è suggerire banali tradimenti per calcolo opportunistico, ma facendo emergere i limiti della posizione stereotipata dell’altro nel suo insieme e nelle sue componenti. Ma per farlo bisogna almeno sapere spiegare la propria di posizione e usare gli strumenti di comunicazione ad un gruppo di persone in un dato luogo (ecco i convegni, i seminari, le tavole rotonde), in un certo momento. Si chiama agenda, si chiama calendario dei calendari. Solo ascoltare e fornire spiegazioni rispetto a dinamiche di episodi avvenuti o in essere, forma, on the job, una classe dirigente all’altezza di una complessità geopolitica quale è quella che spero ormai tutti riscontriate. Non si doveva solo accennare all’infosfera ma bisognava onestamente misurarsi con la dimensione culturale che un luogo di questa stressante novità propone. Il solo scegliere su quali aspetti della realtà politica e amministrativa porre l’attenzione, avrebbe, con largo anticipo, facilitato le eventuali trattative. O forse, banalmente, non farle neanche iniziare.

Ideas on a blackboard

Mi dicono quelli che sanno interpretare i segnali che questo è il significato del Comitato Tecnico-Scientifico del M5S insediato nelle ultime ore (!) da Luigi Di Maio e presieduto dal professor Giacinto Della Cananea, persona degnissima ma che nessuno negli ultimi cinque anni aveva neanche mai sentito nominare o aveva immaginato a fianco del gruppo dirigente pentastellato. Con rispetto al professore ma i conigli bianchi dai cilindri non si estraggono per magia ma, come mi ebbe ad insegnare uno di miei maestri (in questo caso Renzo Fabbris nel lontanissimo 1973) dopo averceli nascosti nel doppiofondo. Anche per quanto riguarda il settore sensibile della politica estera (tutt’uno con l’intelligence e la strategia di sicurezza nazionale) ci risultava che da cinque anni (giorno più, giorno meno) c’era Aldo Giannuli che sapeva il fatto suo in materia e pertanto abile nel dare i consigli opportuni ma abbiamo visto come è andata a finire questa certezza e questi punti di riferimento. Luigi Di Maio mi comincia a diventare simpatico per come lo stanno spingendo a passare dal mondo da cui si vede proveniva, cioè quello del pressapoco, all’universo della precisione. Perché, lasciate perdere cosa oggi vi mostrano le classi dirigenti planetarie con i loro limiti, il futuro è solo per quelli che sanno d’algebra (almeno!) cioè dell’arte del contare e del misurare in astratto che sostituirà, in geopolitica, quella stronzata riduttiva del “calcolo” cioè il modo usato dai greci e romani per contare usando i sassolini. Cioè i calcolus.  Prima, questo Di Maio non mi era antipatico ma non simpaticissimo perché sembrava, da troppo tempo, il “predestinato” e la qualcosa mi aveva insospettito. Oggi, viceversa, me ne frego se è stato predestinato da qualcuno nell’ombra, a suo tempo e, senza prudenza alcuna e a prescindere da qualsiasi ipotesi dietrologica, faccio la mia scelta: guai a chi lo tocca (che tipo strano questo Leone Ruggente e cosa si è messo in testa di poter scrivere?) perché da qualche ora, Luigi (come lo chiamano i suoi intimi) lo sento il soggetto debole (e noi, per giuramento antico e nostro piacere stiamo con i deboli), l’agnello sacrificale di un gioco al massacro in cui lo hanno balisticamente sparato senza alcun pensiero protettivo (manco un profilattico) utile alla traslazione in atto.

Un proiettile di burro che potrebbe banalmente andarsi a schiantare contro un bunker di cemento armato. Ho usato un primo elemento di stimolo citando l’Algebra perché è luogo mentale per eccellenza di contaminazione tra la tradizione classica occidentale e una parte della cultura orientale, soprattutto indiana (ecco il fatto evocativo dei due marò abbandonati) pervenutaci tramite gli arabi, ma ancora non risolta in politica e nelle scienze soprattutto quelle informatizzabili.

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Qualcuno sta sparando Luigi Di Maio in un mondo che solo gli sciocchi possono ritenere grezzo, dominato esclusivamente dalla corruzione e dall’avidità, dove chi non si adegua e perduto. Noi, invece, apparteniamo a quella minoranza che ritiene la realtà costituita anche di elementi sottilissimi, quasi invisibili (convinto di questo, con tanti amici, ho dato vita ad una struttura che abbiamo chiamato Hut8 Progettare l’Invisibile) che possono, se non capiti e letti con gli infrarossi, impedire al profano di arrivare ad agire consapevolmente sugli aspetti particolari che viceversa occhi sapienti vedono quanto siano in mutua relazione. Qualcuno sta sparando Luigi Di Maio nella “giungla nera” senza averlo prima iniziato a quelle abilità che consentono di isolare gli aspetti che gli possono interessare non avendo il predestinato strumenti per intervenire sulla conoscenza stessa della realtà. E questi limiti del leader del M5S, ad esempio, si vedono quando lo si mette a confronto con un professionista (sia pur stanco e contrariato come appariva ieri sera) quale Massimo Franco, paraninfa Lilli Gruber. Per stare in diretta non si deve solo avere postura acconcia e sguardo che buca lo schermo se si vuole saper approssimare allo scranno del comando dicendo sostanzialmente se non esclusivamente che cosa non ci interessa.

I forni e i panettieri, ripeto, servono a fare le pagnotte; se si vuole cambiare il Paese e i suoi attuali prevalenti paradigmi culturali, bisogna aumentare di molto la capacità di analisi che a sua volta sola sviluppa e garantisce la capacità progettuale ed esplicativa.

Il resto sono messe in mezzo, pie illusioni, strumentalizzazioni di bravi ragazzi comprensibilmente ambiziosi e convinti onestamente di potercela fare.

Ad andarsi a schiantare.

Oreste Grani/Leo Rugens che avrebbe dovuto, a qualunque costo, dire prima alcune cose che oggi non si sente più di tacere.

 

Alcuni ci stanno aiutando, altri rimangono indifferenti.

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la Redazione