Il misterioso “morbo di Putin” che uccide i giornalisti

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Ero giovane quando incominciò a diffondersi una malattia che non dava scampo: l’AIDS.
Da adulta mi sono imbattuta nel “morbo della mucca pazza” e in non so quante “aviarie”.
Oggi dovrei spaventarmi per il morbillo, che ho fatto nell’infanzia.
Tuttavia la malattia che colpisce di più la mia fantasia è quella che uccide i giornalisti che ficcano il naso dove non dovrebbero nei territori dell’ex C.C.C.P.
Cominciamo da Maksim Borodin, ultimo in ordine di sparizione, volato, sobrio, da un balcone dopo aver avvertito un amico che nel condominio girava gente armata e in divisa, passiamo per Antonio Russo (Chieti, 3 giugno 1960 – Tbilisi, 16 ottobre 2000) morto schiacciato dai cingoli di un carro armato, si disse al tempo, e arriviamo all’icona (meglio, dire “emblema”) dei giornalisti colpiti dal “morbo di Putin” che, nel caso di Anna Stepanovna Politkovskaja (in russo А́нна Степа́новна Политко́вская; New York, 30 agosto 1958 – Mosca, 7 ottobre 2006), assunse le forme di proiettili di piombo.
La lista dei giornalisti morti in Russia pare del tutto sconosciuta ai Salvini e a gli amici della Terza Roma, memorabile il Caimano che simula una sventagliata di mitra alla Al Capone durante una conferenza stampa, giusto per far capire che un vero capomafia se ne fotte di tutto e di tutti.
All’Istituto Pasteur dichiarano di non conoscere alcun agente patogeno che induca i giornalisti a morire ammazzati nelle modalità più varie e avanzano l’ipotesi che, più che un agente patogeno debba essere un agente uscito dai laboratori del KGB oggi FSB.
Noi temerari del blog, fiduciosi che chi di dovere perseveri a vegliare inostri sonni, per quanto digiuni di biologia e di medicina, riteniamo che sebbene l’agente patogeno non sia stato ancora isolato, il nome di “morbo di Putin” ben si attagli alla malattia sopra descritta. Infatti, appare da molti indizi che, l’eziologia della patologia che porta alla morte questi soggetti, indichi ngli scritti e del lavoro delle vittime, l’occorrenza del nome “Putin”. Il suddetto nome, unito a definizioni quali “criminale”, “mafioso”, “teppista di Leningrado”, “incolto”, “suggestionabile”, “amico di Berlusconi” et alii, in particolare “petrolio”, “armi”, “polonio”, “Cecenia”, “Trump”, “terre rare”, “Prodi”, “Gian Marco Moratti”, “Saras”, “De Margerie”, “Skripal'” determina la cessazione repentina della vita dei portatori sani di queste parole.
La curiosità del mondo medico e accademico rimane la varietà delle cause finali che portano alla morte i giornalisti: piombo, incidenti, sparizioni, investimenti, balconi.
A oggi non si conosce ancora il “paziente zero”.
Dionisia
PS Anche alcuni giornalisti italiani, nel corso del tempo contrassero un morbo simile: De Mauro, Pecorelli, Tobagi, Alpi, Hrovatin, De Palo e Toni per citarne solo alcuni dei tanti, senza citare le sigle delle istituzioni che al tempo raccoglievano informazioni, soldi…
Alcuni ci stanno aiutando, altri rimangono indifferenti.
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la Redazione