Che minchia c’entra Umberto Croppi con Ezio Bigotti?

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23 marzo 2014 compare nel web un ragionamento di Umberto Croppi (quello) relativo a “Abbattimento di via dei Fori Imperiali: pensiamoci bene!“.

La firma attira la mia attenzione in quanto Croppi risulta essere presidente di Federculture Servizi, struttura operativa (il fare) di Federculture, quella rete di soggetti culturali un tempo nelle disponibilità di Roberto Grossi e di Claudio Bocci. Oggi, mi sembra, solo di Claudio Bocci e, ritengo, non più di Umberto Croppi, dopo l’inquietante arresto in quanto trovato coinvolto in reati poco onorevoli con figure non certo di primo pelo come Pietro Amara, Ezio Bigotti, Fabrizio Centofanti.

Umberto Croppi, intellettuale di destra atipico, da tutti ritenuto persona estranea ai magheggi affaristici di Alemanno, lo scopruiamo, dicevamo, nello stesso procedimento penale che interessa figure come quelle sopra citate.

Potete immaginare come ci siamo segnati questa incriminazione con il lapis rosso e blu avendo noi, opportunamente, di Ezio Bigotti e di Pietro Amara opinione pessima, considerandoli una vere termiti saccheggiatrici, uno con il trucco del global service ed altre paraculate del genere, del patrimonio pubblico e l’altro con le sentenze confezionate ad hoc. Nella stessa banda di biricchini troviamo Maurizio Venafro, quello assolto per MAFIA CAPITALE, l’ex capo di gabinetto di Zingaretti.

Venafro viene ora indagato per frode fiscale e corruzione per una consulenza, secondo i PM fittizia. Con lui, come abbiamo accennato, una serie di imprenditori e funzionari della Regione Lazio. Torniamo agli elementi inquietanti di questa vicenda di non solo tradizionale malaffare.

Nell’inchiesta, come anticipato, anche Ezio Bigotti, l’amico di Verdini che provava a sfilare gli appalti CONSIP ad Alfredo Romeo.

Ezio Bigotti è quello di cui Leo Rugens dice peste e corna, insinuando cose gravissime rispetto alla gara in cui voleva, a qualunque costo impadronirsi del Lotto 10.

labirinto di Cnosso

Il primo filone dell’inchiesta, che  ha portato la Guardia di Finanza a perquisire gli uffici la Regione Lazio, oltre a studi legali, aziende e abitazioni private, riguarda un’associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, alla ricettazione, al riciclaggio, all’appropriazione indebita aggravata dall’abuso di relazioni e l’evasione fiscale.

Ma gli affari degli imprenditori Fabrizio Centofanti, Paolo Baratta, Andrea Pisaturo, Luigi Coculo e di Umberto Croppi (ecco la sorpresa!!!!!), ex assessore della giunta Alemanno, che, attraverso decine di società avevano creato un sistema per emettere false fatture ed evadere il fisco, si intrecciano, lo torniamo a scrivere, con quelli degli uomini dell’entourage del presidente della Regione Nicola Zingaretti. Direi quindi di essere molto prudenti nelle relazioni politiche e amministrative con chi ha vinto le ultime elezioni regionali. Non sempre è oro quel che luccica.

L’imprenditore Giuseppe Cionci, che per il governatore ha curato a suo tempo la raccolta dei fondi durante la campagna elettorale è accusato di avere emesso fatture per operazioni inesistenti. Potrebbe essere solo l’inizio, visto che nei decreti di perquisizione si legge che «ingenti flussi finanziari in entrata provenivano da soggetti che avevano rapporti con le entità pubbliche», mentre flussi in uscita «erano diretti a soggetti riferibili alla pubblica amministrazione».

L’associazione gestiva decine di società che emettevano fatture per operazioni inesistenti finalizzate a un’evasione fiscale a sei zeri. Sei zeri sono tanti.

Coinvolte anche grosse aziende, come la Cofely di Ezio Bigotti, indagato, insieme a Enrico Colombo, proprio per i documenti contabili fasulli.

Venafro l’anguilla quindi ma a metterlo di nuovo nei guai è stata una consulenza da 72mila euro ottenuta, dopo le dimissioni dal gabinetto di Zingaretti, da Cosmec srl, una società schermo, almeno secondo i pm Stefano Fava, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, titolari del fascicolo. Di fatto sarebbero stati Coculo, Pisaturo e Centofanti (espressione delle Energie nuove srl) e Piero Amara della Dagi srl, «interessati a procedimenti amministrativi della Regione Lazio», a garantire quell’incarico a Venafro. Una consulenza fittizia, almeno secondo la procura.

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«Energie nuove e Dagi – si legge nei decreti – entrano in relazione con Venafro, capo di Gabinetto del presidente della Regione, per la realizzazione di concessioni di derivazione d’acqua per uso idroelettrico dal fiume Marta, nel comune di Tarquinia, in un procedimento amministrativo segnato dall’assenza di procedure di evidenza pubblica, in un periodo in cui l’indagato è ancora capo di Gabinetto». Un affidamento diretto alle due società da parte degli uffici della Regione che non convince affatto la procura.

Quella dell’ex capo di Gabinetto sarebbe però una «corruzione susseguente», scrivono i pm, perché «la consulenza fittizia viene sottoscritta da Venafro immediatamente dopo la cessazione della sua qualità funzionale». Ossia quando ha già dato le dimissioni dalla Pisana. L’ex capo di Gabinetto è indagato anche per l’emissione della falsa fattura.

Sono una trentina i nomi sul registro degli indagati nel fascicolo aperto dopo le segnalazioni dell’Uif di Bankitalia. All’esame della Finanza sono così finiti, da un lato, i flussi finanziari nei quali intervenivano soggetti giuridici appartenenti allo stesso gruppo societario, dall’altro, i soldi in entrata «generati da soggetti che avevano rapporti con enti pubblici». Ulteriori flussi di denaro erano poi diretti «verso soggetti riferibili alla pubblica amministrazione».

Tra gli imprenditori, anche Amara e Centofanti, già coinvolti nell’indagine Labirinto, che l’anno scorso aveva rivelato l’esistenza di una centrale di controllo di appalti pubblici. Ed è proprio nella cantina di Centofanti che i militari hanno trovato la documentazione sulle società.

In altro momento compare sulla stampa l’annuncio di quindici arresti, nomi eccellenti tra i quali figurano l’avvocato siciliano Piero Amara, l’imprenditore Enzo Bigotti, indagato nell’inchiesta Consip, l’avvocato Giuseppe Calafiore, socio e collega di Amara, il notaio Giambattista Coltraro, ex parlamentare siciliano eletto nella lista Movimento popolare per Crocetta.  Due inchieste parallele, una della procura di Roma, l’altra della Dda di Messina. In entrambe, sono state disposte misure cautelari nei confronti di Amara, l’avvocato accusato di avere comprato sentenze amministrative a vantaggio dei suoi clienti e depistato alcune indagini, inclusa quella sulle tangenti Eni della procura di Milano.

Associazione per delinquere, corruzione, falso, intralcio alla giustizia sono i reati contestati a vario titolo. Secondo l’accusa, negli ultimi cinque anni, gli indagati sarebbero riusciti a condizionare anche alcuni processi civili e avrebbero tentato di depistare alcune inchieste. Tra le accuse anche l’evasione fiscale e le false fatturazioni.

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L’inchiesta di Messina riguarda un’attività di spionaggio delle indagini e ha portato all’arresto dell’ex pm Giancarlo Longo, fino a qualche mese fa pm alla procura di Siracusa e poi trasferito, per motivi disciplinari, al tribunale civile di Napoli.

Longo, scrive il Gip nella misura cautelare emessa a suo carico, «in qualità di pubblico ufficiale svendeva la propria funzione». Ancora: «Ha dimostrato di possedere una personalità incline al delitto, perpetrato attraverso la strumentalizzazione non solo della funzione ricoperta, ma anche dei rapporti personali e professionali». «La gravità delle condotte da lui poste in essere in qualità di pubblico ufficiale che svendeva la propria funzione, – prosegue – concorreva alla redazione di atti pubblici ideologicamente falsi, si faceva corruttore di altri pubblici ufficiali, con piena accettazione da parte degli stessi, che venivano per giunta da lui remunerati con soldi pubblici, intratteneva una rete di rapporti dall’origine oscura e privi di apparente ragion di essere oltre che, in certi casi, contraria ai più elementari principi di opportunità, depone nel senso della assoluta insufficienza a contenere il pericolo di reiterazioni criminosa attraverso misure diverse e meno afflittive della custodia cautelare in carcere». Il magistrato avrebbe aperto fascicoli, su inchieste già in corso, per ottenere informazioni dai colleghi e fornirle ad Amara. Tra le contestazioni, gli ottantottomila euro, oltre a una vacanza a Dubai per l’intera famiglia, che Amara avrebbe pagato a Longo per ottenere informazioni su alcuni procedimenti in corso, come quello milanese su Eni, con il successivo tentativo di depistaggio.

Tra gli indagati per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale c’è anche il nome di Umberto Croppi, l’ex assessore del Comune di Roma e qui mi si chiude il cerchio imbarazzante. Indagato per concorso in corruzione, invece, l’ex presidente della IV sezione del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio, per il quale il gip di Roma ha respinto la richiesta di misura cautelare per mancanza di esigenze cautelari (è in pensione). Secondo l’accusa, avrebbe emesso una serie di provvedimenti favorevoli ai più importanti clienti di Amara. Le manette sono scattate invece per l’imprenditore Fabrizio Centofanti, mentre si trova ai domiciliari l’imprenditore Enzo Bigotti.

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Mi scuso se il post contiene alcune ripetizioni che sono volute in quanto di un labirinto si tratta e se non ci si vuole perdere favorendo così la sorte dei delinquentoni che avevano loro stessi costruito il dedalo di relazioni, flussi di denaro, pressioni oscene a che la giustizia non trionfasse mai, bisogna capire e ancora capire il grado di pericolosità dei soggetti implicati.

Non si tratta, infatti, solo, a nostro modestissimo avviso, di  una banda di avidi ma di gente che si era messa in testa (per anni!) di essere loro la legge e che lo Stato era a loro disposizione confondendo la parte corrotta e corruttibile con il tutto. Compaiono nelle fonti aperte sigle da non sottovalutare come ENI, Regione Lazio (uno stato per importanza demografica e di fatturato oltre che per presenza della capitale Roma) e temi quali l’acqua (un bene primario e strategico) e l’amministrazione della giustizia, caposaldo della democrazia. Non li considererei solo dei lestofanti ma anche degli eversori. Questo se si legge la filigrana che li unisce e che potrebbe essere di natura culturale se non veteroideologica. Solo così mi spiegherei il fascista Umberto Croppi coinvolto in questa losca e ancora non ben chiarita vicenda.

Oreste Grani/Leo Rugens

 

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la Redazione