Saviano e Salvini le due pericolose facce della stessa medaglia
Saviano è l’oppio della sinistra
Salvini è l’anfetamina della destra
Federico Varese è un criminologo con cattedra a Oxford, studioso delle mafie e della loro internazionalizzazione, ha lo stesso cursus studiorum di Giulio Regeni, ha fatto da consulente a Le Carré nella stesura di Il nostro traditore tipo, si è candidato alle elezione di 2018 con LeU. Non proprio un cretino.

Federico Varese
Se osservate la data dell’articolo, 2014, capite da quanto tempo guardiamo con sufficienza Saviano, non per questo ci permettiamo di discutere sulla necessità o meno della scorta.
Per me, che non sono nessuno, Saviano è ciò che Varese descrive, non un grammo di più, anzi è uno che ripete a pappagallo ciò che i suoi autori gli propongono, per esempio riguardo il tema del gioco d’azzardo in Italia, mutuato o copiato da un testo di Marco Dotti (chi è costui?).
Se Saviano è uno che acquieta la coscienza di chi vive in centro città e vota PD o affini, Salvini è l’emblema del vizio nazionale di scaricare sui deboli le proprie paure e frustrazioni, anzi è il simbolo della fragilità identitaria di buona parte degli italiani.
Il piacere che molti provano rinunciando a pensare e affidandosi al ducetto di turno, ha già prodotto lutti immani, incluse le decine di migliaia di sorelle e fratelli annegati nel mare nostrum. La vita donata alle creature del mare che si sono cibate dei loro corpi è un segno che in altri tempi avrebbe spinto gli uomini di fede a invocare il castigo divino. È forse Salvini l’avanguardia della punizione celeste? Non sto scherzando.
Saviano è ancora in tempo a redimersi, Salvini no.
Alberto Massari