Valentina Nappi e le verghe ebano

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In queste giornate calde, ho avuto modo di vedere quali verghe ebano riesca a “trattare” la corvina Valentina Nappi quando si dedica al piacere/dovere implicito nella sua scelta di vita professionale.

Quali e quante.  Quali, quante e di che macroscopiche dimensioni.

Ritengo sia stato un “assistere legittimo”,  come la rete consente. Se, viceversa, fosse reato per un vecchio signore accedere a quei luoghi telematici, pronto a pagare pegno.

Perché, in realtà, quello a cui ho avuto modo di assistere è uno spettacolo forte, parte di un caleidoscopio di quanto è possibile vedere – gratuitamente – nel mondo telematico, dove, lo sapete, la teoria del dono, anche sessuale, imperversa.

La diffusione infatti (e che diffusione!) dei media digitali e lo strutturarsi sempre più articolato e pervasivo di quell’infosfera in cui miliardi di esseri umani sono immersi, in parte, ormai, anche in modo obbligato, sta creando – paradossalmente – le condizioni di un ritorno alla centralità delle relazioni tra le persone basate sui principi della gratuità e della partecipazione. Anche. Si tratta (ebbi a leggere, anni a dietro, un pensiero sostenuto da parte di guru specialisti della materia) di un fenomeno sociale importante per dimensioni, destinato a mettere in discussione i principi di fondo su cui si regge la nostra quotidianità, basata, viceversa, per alcune centinaia di milioni di persone, sulla spirale del consumo e del tempo libero.

I meccanismi del “dono” in questo settore specifico (sesso, sesso, sesso), ad un vecchio signore, sfuggono, questo perché ritengo che la prostituzione (sia pur nelle varie forme evolute che siano, telematiche o meno) appartenga a pieno titolo alla “scienza triste” per eccellenza, l’economia. Luogo mentale e di relazioni dove sconti sono in pochi pronti a farne.

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Tornando alla disponibile Valentina Nappi, ora capisco meglio perché si fosse tanto incazzata (espressione triviale da attribuire ad una signora ma questo mi viene di dire) quando in un gioco di vero – falso – autentico le ebbi a mettere in bocca discorsi seri (e minacciosi per la convivenza civile) a suo tempo (anni ’70-’80) elaborati in ambienti massonici statunitensi (e non solo) perché il mondo andasse in una direzione e non in un’altra. Capisco ora che l’ho vista in azione, in set statunitensi, e alle prese con cittadini USA, rigorosamente neri, perché, vedendo crescere nel web una sua credibilità indotta anche dai miei post scherzosi, arrivò a minacciarmi di querela. Come alcuni lettori certamente ricorderanno, a differenza di quanto non sono stato pronto pronto a fare per nostri loschi personaggi che aspetto in tribunale, per la bianchissima, sinuosa, bruna campana feci quanto da lei richiestomi. Oggi forte di quanto ho visto farle, donandosi (?) anima e corpo, non riesco a non riassumere in un solo post quanto le avevo attribuito scherzosamente (a lei e a Tera Patrick sua collega americana) per riprendere un ragionamento sull’apatia indotta e sullo stordimento delle genti. Anche grazie alle nudità generosamente messe in campo da donne come la nostra compatriota che, a modo suo, ribadisce che il “fotter (alla Nappi) non vuole pensieri”. Altrimenti staremmo ragionando di Anais Nin, Giacomo Casanova o il divino Donatien Alphonse Francois de Sade.

Oreste Grani/Leo Rugens

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