Blogger, massoneria e il fiore di loto
Blogger direi che in molti cominciate a sapere a cosa ci si riferisce quando se ne parla.
A questa primi ragionamenti e definizioni oggi si può aggiungere che intorno a non pochi blog ruota il mondo variegato con cui, con mille altre possibilità e forme intelligenti, si articola la guerra cibernetica. Ho scritto “forme intelligenti” ritenendo infatti possibile affidare ai blogger attività tra le più sofisticate dal punto di vista dei contenuti e delle funzioni strategiche di attracco e di difesa. Ovviamente avendo lavorato preventivamente sul piano dell’autorevolezza della fonte.
Non mi meraviglio pertanto che un vecchio boxer dell’Intelligence (pre e post Internet) come Giancarlo Elia Valori si sia mosso come un elefante (sentendosi viceversa psicologicamente un fiore di loto?) in questa vicenda che lo vide opposto a Daniele Andaloro, episodio apparentemente minore che sento viceversa il dovere di rinverdire e che opportunamente la rete mantiene tra i suoi ricordi. Come sta accadendo a ritmo esponenziale anche questa storia ci è stata segnalata da chi – evidentemente – con alto senso civico e di amore per la Polis ha deciso di non dimenticare nulla, ipotizzando/sognando arrivato il tempo della resa dei conti con lo pseudo massone GEV.
Nella rete quindi è testimoniato, sin dal 13 ottobre 2010, il testo che riproduciamo. Nella nostra semplicità, il 10 dicembre 2013, aprimmo le mosse di quel torneo/duello (che ancora dura) con l’elefante GEV, sperando che gli elefanti, indiani o africani che siano, per questo accostamento, non si incazzino troppo.
Si legge in rete:
Daniele Andaloro è un blogger e un amico di Infiltrato.it: ci racconta l’assurda storia di un elefante, Giancarlo Elia Valori, che prova a schiacciare il topolino Daniele.
Un blogger, il capo della massoneria contemporanea e il fiore di loto
tratto da danieleandaloro.blogspot.com
Oggi ho sentito l’esigenza di prendermi un piccolo spazio personale all’interno del blog, facendomi largo tra le parole dei più autorevoli giornalisti e scrittori che quotidianamente trovano risonanza in questo minuscolo megafono di informazioni.
E vorrei farlo raccontandovi un fatto accadutomi qualche tempo fa..!
Qualche mese fa, dalle pagine di questo blog, è stato pubblicato un post dal titolo “Giancarlo Elia Valori: il massone che fu espulso dalla Loggia P2”, contenente una foto del Valori, un riferimento ad alcuni suoi dati personali tratti dal sito dei Cavalieri del Lavoro ed un articolo di Gianni Barbacetto che riguardava lo stesso.
Non era la prima volta che, per pura passione civica, riportassi articoli, video e foto tratti dai vari siti d’informazione e che riguardassero le inchieste più scottanti e le vicende di dominio pubblico di uomini, politici e personaggi pubblici facenti parte della società civile.
Non avrebbe dovuto stupire, quindi, che anche le notizie inerenti colui il quale era stato definito dall’ex pm Luigi De Magistris come “il capo della massoneria contemporanea”, trovassero cittadinanza in questo blog.
Più volte, infatti, sono stati pubblicati, oltre all’articolo di Gianni Barbacetto, anche quelli di giornalisti come Pietro Orsatti, Antonio Mazzeo ed anche tutta una serie di informazioni tratte dal libro “Il caso Genchi, Storia di un uomo in balia dello Stato”, di Edoardo Montolli, dai quali emergeva l’intreccio politico-economico-giudiziario intorno aGiancarlo Elia Valori: “nell’inchiesta Why not, avocata all’indomani dell’acquisizioni dei tabulati di Giancarlo Elia Valori, unico a vantare un’espulsione dalla P2 di Licio Gelli; nelle indagini sulle scalate BNL e Antonveneta, nelle quali risultava in contatto con molti di quei protagonisti, da Francesco Gaetano Caltagirone a Marcellino Gavio a Stefano Ricucci; i contatti telefonici che ebbe nello stesso periodo delle indagini sulle scalate con tre generali delle fiamme gialle e soprattutto con il procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, che proprio quelle indagini conduceva (e che aveva sequestrato l’archivio Genchi) ed anche le chiamate con indagati e politici come Latorre e Cossiga; nelle indagini Cirio e UMTS, nelle quali risulta ancora una volta in contatto con Achille Toro, il quale si stava occupando anche del crac Cirio, tra i cui indagati c’era un altro dei migliori amici di Elia Valori, Cesare Geronzi.
Ancora riguardo i rapporti intessuti a livello internazionale dal potente manager, dalla Cina alla Corea del Nord, dal Medio Oriente alla Libia, dalla Romania di Ceasescu all’Argentina di Juan Domingo Peron. Ed infine i suoi contatti con gli ambienti dei servizi segreti, in particolare con il generale Giuseppe Santovito, con il faccendiere Francesco Pazienza e con il giornalista di Op Mino Pecorelli”.
A fronte di tutte queste informazioni, rese attraverso la semplice trascrizione di articoli già esistenti sulla rete e pubblicati su altri blog e siti internet, non mi era pervenuta mai alcuna richiesta di rettifica o quant’altro, circa la loro presenza tra le pagine di questo blog, anche perché sarebbe stato inutile attaccare chi si fosse solo limitato a riportare articoli scritti da altri, avendo, tra l’altro, sempre cura di riportarne la fonte da cui venivano tratti.
Ma in un giorno di giugno c. a. succede una cosa inaspettata:
ricevo una mail certificata da parte dell’avvocato di Giancarlo Elia Valori, con una richiesta ben precisa: “Il Professor G.E.Valori si oppone al trattamento dei dati per i seguenti motivi legittimi: DIRITTO ALL’OBLIO PER DIFFUSIONE DATI PERSONALI SUL SITO IN QUESTIONE”.
Il legale si appella al diritto del proprio cliente alla tutela del trattamento dei propri dati personali, precisamente nome e cognome del prof. Elia Valori.
Quest’ultimo, attraverso la lettera precisa: “La diffusione dei miei dati personali sulla pagina del sito mi comporta un ingiusto pregiudizio. Si richiede dunque o l’oscuramento del mio nominativo sull’articolo: Giancarlo Elia Valori, il massone che fu espulso dalla Loggia P2 oppure la possibilità di accedere all’articolo solo mediante una ricerca (“la c.d. interdizione dell’indicizzazione” così come prevista dai vari Provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali)”.
La lettera si conclude con una ulteriore precisazione:
“Il prof Elia Valori si riserva di rivolgersi all’autorità giudiziaria o al Garante (con segnalazione, reclamo o ricorso: art 141 s.s del Codice) se entro 15 giorni dal ricevimento della presente istanza non perverrà un riscontro idoneo”.
Colto alla sprovvista e poco abituato a simili pretese, non essendo neanche un giornalista, ho provveduto a trasformare in forma anonima l’articolo, pur comprendendo di stare alterando l’articolo scritto da un giornalista.
Esattamente un mese dopo, la corte di Cassazione scriverà una sorta di memorandum sui rapporti tra informazione e riservatezza: la libertà di stampa e il diritto alla privacy sono entrambi beni costituzionali, ma la prima «prevale»sulla seconda. «L’attività di informazione è chiaramente prevalente rispetto ai diritti personali della reputazione e della riservatezza, nel senso che questi ultimi, solo ove sussistano determinati presupposti, ne configurano un limite», scrive la Corte. Un principio valido anche per il giornalismo d’inchiesta che è forse «l’espressione più alta e più nobile dell’attività di informazione».
Nel frattempo, però, senza arte ne’ parte, se non quella di essere un cittadino di questa Repubblica che oltre al dovere di informarsi ha scelto anche quello di informare, sono stato costretto a piegarmi alle pretese del potente di turno. E quale potente..!
Che si tratti di una intimidazione “gentile” nei confronti di chi non può permettersi certe libertà, in un paese come il nostro, in serio pericolo democratico, trapela tra le righe. E’ semplice colpire chi non ha mezzi e notorietà per potersi difendere. E davanti alla prospettiva di dover rispondere con avvocati agli avvocati, resta solo, ahimè, fare un passo indietro.
Ma io non mollo: continuerò ad informare, continuerò a riportare tutto quanto possa testimoniare le bassezze e le meschinità di quanti, in questa nostra Italia, si permettono di manovrare le sorti di un intero paese, nell’incuranza di chi crede di essere impotente di fronte a tali prepotenze.
Continuerò a credere che il cambiamento passa attraverso la conoscenza e come questa sia ultimo baluardo rimasto ai cittadini onesti per difendere la dignità.
Fin qui il blogger Andaloro a cui, sia pur non richiesti e in ritardo, inviamo la nostra simpatia.
Ora questo marginale e ininfluente Leone Ruggente, decidendo di non entrare nel merito degli sviluppi della vicenda non per indifferenza ma al contrario (e spero che sia chiaro) perché trovo preziosissimo quanto accaduto all’epoca, compresa la reazione onesta e coraggiosa (per quello che poteva) del blogger Daniele Andaloro, va oltre.
Questo perché oggi (anche per questo il sangue versato a Genova non dovrà essere vano), in molti – finalmente – si stanno appassionando a vicende (i consigli d’amministrazione e il potere spartito sempre tra i soliti) che abilmente in passato rimanevano circoscritte ai manovratori acquartierati nell’ombra.
E quando da anni in questo luogo telematico citiamo Giancarlo Elia Valori ci riferiamo proprio a questo tipo di oscuro manovratore. E come tale, ora che è tempo di piena luce, proveremo a trattarlo.
Nel titolo compaiono tre parole: blogger, e abbiamo detto qualcosa, massoneria e ci vorrebbe troppo per chiunque, figurarsi una mezza sega come il sottoscritto. Rimane da ragionare del fiore di loto, ovviamente, metaforicamente e simbolicamente.
“Per gli antichi egizi la luce aveva l’aspetto di un bianco fiore di loto a cinque petali, che sbocciò sulle acque primeve, irradiandosi nell’infinito”. Così Lia Luzzatto e Renata Pompas.
Espressione raffinata e sufficiente per chiudere, in modo tombale, la questione viceversa aperta con un volgare/avido collezionista di careghe (così si chiamano le sedie a Genova nostra) quale è GEV che del “fiore di loto” non può avere niente.
In ultimo, ma non come cosa ultima, diamo fondo ad un po’ di conoscenza attinente al Loto e proviamo a mettere al suo posto (orami un angolo buio) questo vecchio signore desideroso eternamente di potere (è un reato diffamatorio dare ad un vecchio vizioso del vecchio vizioso?) che spaccia le sue eventuali comprensibili debolezze umane per ciò che aleggia intorno ai misteri della Natura, lei sì Purissima Maestra di Vita. Misteri della Natura e del pensiero latomistico.
Oreste Grani/Leo Rugens che rimane in attesa della lettera dell’avvocato di turno
Sutra del Loto
Il Sutra del Loto o meglio Sutra del Loto della Buona Dottrina — sanscrito Saddharmapundarīka-sūtra; cinese Miàofǎ Liánhuā Jīng (妙 法 蓮 華 經?); giapponese Myōhō Renge Kyō (妙 法 蓮 華 經, Myōhō Renge Kyō?); coreano Myobeomnyeonhwagyeong (묘 법 연 화 경), tibetano Dam-pa’i chos padma-dkar-po’i mdo — è uno dei testi più importanti nell’enorme corpus della letteratura del Buddhismo Mahāyāna contenuto nel Canone cinese (sezione del Fǎhuābù) e nel Canone tibetano, ed è il fondamento delle scuole buddhiste Tiantai (in Cina), Tendai e Nichiren (in Giappone).
Il Sutra del Loto è anche generalmente abbreviato in Fǎhuā Jīng (法 華 經?) in cinese, Hokkekyō (法 華 経, Hokkekyō?) in giapponese e Beophwagyeong (법 화 경) in coreano.
Storia
Secondo alcuni filologi il Sutra del Loto fu probabilmente composto nella sua forma definitiva nel tra il I e il II e.v. in Kashmir o forse nel Gandhara o ancora nei pressi di Kapisa (odierna Begram in Afghanistan), territori allora inseriti nell’Impero Kushan.
Alcune parti del testo sembrerebbero posteriori e potrebbero essere state aggiunte a più riprese fino al VI secolo in Cina.
Altre parti, segnatamente i capitoli I, XIX,e XVII, sembrerebbero risultare più antichi, anche precedenti alla nostra era.
Comunque sia, secondo alcuni recenti studi, sembrerebbe che il Sutra del Loto abbia subìto almeno quattro rimaneggiamenti, il nucleo originario dell’opera sarebbe quello in versi a cui sono stati aggiunti delle prose, poi ancora altri versi e infine le relative prose.
Per alcune tradizioni Mahāyāna il Sutra del Loto riporterebbe alcuni insegnamenti profondi del Buddha Sakyamuni trasmessi solo ad alcuni discepoli, e tale affermazione è presente nello stesso sutra.
Secondo una leggenda, sempre Mahāyāna, i suoi contenuti, di un livello superiore rispetto agli Āgama-Nikāya delle scuole del Buddhismo dei Nikāya, non potevano essere compresi al tempo del Buddha Sakyamuni, perciò esso fu custodito per cinquecento anni nel regno dei Nāga, e quindi reintrodotto nel mondo di sahā (sanscrito, cinese 娑 婆 suōpó, giapp. shaba), il nostro mondo, nei primi secoli della nostra era.
Composizione e Traduzione
Secondo uno dei traduttori in lingua occidentale, Burton Watson, il Sutra del Loto è stato inizialmente scritto in un dialetto del medio indiano, e poi tradotto in sanscrito sotto l’Impero Kushan per dargli maggiore dignità letteraria.
Questo sutra è molto noto per essere focalizzato, tra l’altro, sui “mezzi abili” (sanscrito उपाय upaya, cinese 方 便 pinyin fāngbiàn, giapponese hōben, tibetano thabs) principalmente in forma di parabole, e per essere il primo sutra ad utilizzare il termine Mahāyāna, o Grande Veicolo.
In Cina il Sutra del Loto fu tradotto diciassette volte, di cui sei in versione integrale. Di queste traduzioni ne sono giunte a noi solo tre, tutte inserite nella sezione Fǎhuābù del Canone cinese.
La prima risale al 290 ad opera di Dharmaraksa (223-300) con il titolo Zheng fahua jing (正 法 華 經, T.D. 263, 9.63-133).
La seconda, la più diffusa in assoluto sia in Cina che in Giappone, è una traduzione in sette fascicoli di Kumārajīva (344-413) compiuta nel 406 con il titolo Miaofa lianhua jing ( 妙 法 蓮 華 經, T.D. 262, 9.1c-62b).
La terza, che risulta parziale, fu compiuta alla fine del VI sec. da Jnanagupta (523-600) e Dharmagupta (?-619) con il titolo Tiānpǐn miào fǎliánhuā jīng (添 品 妙 法 蓮 華 經, T.D. 264). Quest’ultima traduzione in cinese si rifà a quella di Kumarajiva ma aggiunge il capitolo Devadatta (XII capitolo) che non compare nella traduzione di Kumarajiva.
Secondo alcune antiche tradizioni del Buddhismo cinese e del Buddhismo giapponese, il Sutra del Loto avrebbe un prologo e un epilogo, cioè il Sutra dell’Infinito Significato (無 量 義 經, pinyin: Wúliángyì jīng, giapp.: Muryōgi Kyō, T.D. 276, 9.383b-389b) e il Sutra della Meditazione del Bodhisattva Samantabhadra (觀 普 賢 菩 薩 行 法 經, pinyin: Guān pǔxiánpúsà xíngfǎ jīng o anche Pǔxián jīng, giapp. Kan fugenbosatsu gyōhō kyō o anche Fugen Kyō, T.D. 277, 10.389-394).
Alcune tarde versioni sanscrite del Sutra del Loto sono state rinvenute agli inizi dello scorso secolo a Gilgit (in Pakistan, è una versione del VI sec.) e in Nepal (versione del XII sec.) ma, secondo Francesco Sferra «c’è motivo di ritenere che l’originale su cui si basò Kumarajiva fosse in molti punti differente dal testo sanscrito a noi pervenuto. Sembra anzi che la traduzione cinese sia stata condotta su un testimone più antico di quelli a noi pervenuti nell’originale sanscrito come dimostrerebbero numerosi particolare e la differente suddivisione dei capitoli».
Il Sutra del Loto venne tradotto in tibetano nel IX sec. dal monaco indiano Surendra e dal monaco tibetano Yeshe De con il titolo Dam-pa’i chos padma-dkar-po’i mdo, tale traduzione, che concorda con le tarde versioni sanscrite dei manoscritti rinvenuti in Nepal, è inserita nel Canone tibetano.
Struttura del Sutra
Il Sutra del Loto comprende ventisette capitoli nelle versioni sanscrite e tibetane, che diventano ventotto nella versione di Kumarajiva riveduta da Jnanagupta e Dharmagupta.
Di seguito l’ordine dei ventotto capitoli secondo la traduzione cinese: I capitolo; II capitolo; III capitolo; IV capitolo; V capitolo; VI capitolo; VII capitolo; VIII capitolo; IX capitolo; X capitolo; XI capitolo; XII capitolo; XIII capitolo; XIV capitolo; XV capitolo; XVI capitolo; XVII capitolo; XVIII capitolo; XIX capitolo; XX capitolo; XXI capitolo; XXII capitolo; XXIII capitolo; XXIV capitolo; XXV capitolo; XXVI capitolo; XXVII capitolo; XXVIII capitolo.
Commentari sul Sutra del Loto
Tra i numerosi antichi commentari che autori Mahayana hanno redatto sul Sutra del Loto, vanno ricordati:
- Saddharmapuṇḍarīka-sūtra-upadeśa (妙 法 蓮 華 經 憂 波 提 舍 pinyin: Miào fǎ liánhuā jīng yōupōtíshè, giapp. Myōhō renge kyō ubadaisha, T.D. 1519 e 1520), opera di Vasubandhu (IV sec. e.v.), autore indiano di scuola Cittamatra, tradotta da Bodhiruci e Danlin.
- Miàofǎliánhuājīng wénjù (妙 法 蓮 華 經 文 句, anche Fahua wenju, Parole del Sutra del Loto, giapp. Myōhōrengekyō mongu, T.D. 1718) opera di Zhiyi (538-597), autore cinese di scuola Tiantai.
- Miàofǎ liánhuā jīngxuán yì (妙 法 蓮 華 經 玄 義, anche Fahua xuanyi, Il profondo significato del Sutra del Loto della Legge meravigliosa, giapp. Myōhō renge kyōgen gi, T.D. 1716, 33.618-815) di Zhiyi.
- Fahuaxuanyi shiqian (法 華 玄 義 釋 籤, Commentario sul Fahua xuanyi di Zhiyi, giapp. Hokkegengi shakusen, T.D. 1717) opera di Zhanran (711-782), autore cinese di scuola Tiantai.
- Fǎhuā yóuyì (法 華 遊 意, Riflessioni sul Sutra del Loto, giapp. Hōke yui) opera di Jízàng (549-623), autore cinese di scuola Sanlun.
Dottrina
Esporre la dottrina veicolata dal Sutra del Loto è compito arduo. Fin dalla sua prima apparizione il Sutra del Loto ha svolto più funzioni. Nel corso dei secoli ha veicolato delle credenze importanti per le comunità buddhiste dell’Asia centrale e, soprattutto, dell’Asia estremo orientale. In Cina, è il sutra fondamentale della scuola Tiantai, dove lo stesso fondatore, Zhiyi, ha prodotto al riguardo di questo sutra più opere esegetiche. In Giappone, riveste questo ruolo nelle scuole del Buddhismo Tendai e del Buddhismo Nichiren. Lo stesso Dogen Zenji, fondatore giapponese della scuola Zen Soto ebbe a dichiarare nella sua opera fondamentale, lo Shobogenzo: «Il Sutra del Loto è il re dei sutra: riconoscetelo come il vostro grande maestro. Comparato a questo sutra tutti gli altri si pongono soltanto come suoi contenuti, perché esso soltanto esprime la Verità ultima. Gli altri presentano soltanto insegnamenti provvisori, non le vere intenzioni del Buddha».
Lo stesso monaco Zen italiano e fondatore del monastero Fudenji, Fausto Taiten Guareschi affermò, alcuni anni fa, che lo stesso: «Shobogenzo sembra un commento al Sutra del Loto».
Gli studiosi contemporanei si sono prodigati in molteplici analisi testuali per spiegare il grande successo rivestito in Oriente da questo sutra.
Gene Reeves rileva come, a differenza dei trattati dottrinali, le ‘storie’ rappresentate nel Sutra del Loto «incarnano gli insegnamenti e, per così dire, danno umanità ad essi in un modo in cui i principi astratti non possono fare. Se si intende comprendere questo Sutra completamente, occorre studiare attentamente le sue storie. Così diverrà possibile vedere che l’uso esteso delle storie è una sorta di affermazione del concreto. Le storie – sembra voler dire il Sutra – sono importanti incarnazioni del Dharma tanto quanto ogni affermazione astratta. Esse raccontano di azioni che danno corpo al Dharma. È in tali azioni, che in questo Sutra sono considerate pratiche bodhisattviche, che il Dharma è più concretamente incarnato e pertanto più prezioso e più reale».
E, ancora più avanti, sempre Reeves: «L’intera ambientazione del Sutra del Loto è sovrannaturale; in esso, dal primo capitolo all’ultimo, non c’è nulla che pretenda di essere storico. Ma, mentre in altri contesti le storie miracolose possono essere state usate per affermare in questo mondo qualche potere extramondano, la loro funzione nel Sutra del Loto è piuttosto diversa. Ciò è in parte dovuto, io ritengo, al fatto che l’intera ambientazione del Sutra è sovrannaturale. Nella Bibbia, per esempio, i miracoli hanno luogo nella Storia, essi compaiono all’interno di un resoconto storico. Ma nel Sutra del Loto, sebbene ci siano brevi riferimenti agli eventi storici, il lettore comprende fin dall’inizio che i miracoli hanno luogo all’interno di un racconto. E tali racconti sono degli espedienti, degli abili mezzi, per impartire insegnamenti. Non hanno la pretesa di essere dei resoconti storici».
Quindi il Sutra del Loto sarebbe un compendio di insegnamenti espresso per mezzo di storie fantastiche tese non solo a comunicare una serie di dottrine, quanto piuttosto a ‘rivelare’ al lettore una diversa interpretazione del mondo.
È evidente che nel Sutra del Loto ci siano dei continui richiami polemici contro le scuole dello Śrāvakayāna (o Hinayana) ma è altrettanto evidente che, a differenza di altri sutra Mahayana successivi, secondo questo sutra anche gli sravaka e i pratyekabuddha, ovvero i seguaci del Buddhismo dei Nikaya, raggiungeranno il pieno “risveglio” (anuttara-samyak-sambodhi), la piena “buddhità” (buddhata o tathagatagarbha), in quanto stanno già operando come dei Buddha. Ciò avviene per una concezione radicalmente olistica (olismo) e omnicentrica della realtà richiamata costantemente in tutto il Sutra.
Per le piccole cifre abbiamo deciso di prendere soldi da chiunque con le ormai semplici modalità del versamento sul circuito PayPal usando il nostro indirizzo e-mail: leorugens2013@gmail.com
oppure un bonifico a Oreste Grani – IBAN IT98Q0760103200001043168739
(Rimane da ragionare del fiore di loto, ovviamente, metaforicamente e simbolicamente)
Mi chiedo, ma Chi gli ha dato questo soprannome?
https://malgradotuttoblog.blogspot.com/2010/03/giancarlo-elia-valori-il-massone-che-fu.html?m=1
Ma è Pecorelli a inventare e diffondere quel soprannome allusivo, che accenna ai suoi contatti in Oriente e che lo fa andare su tutte le furie: “Fiore di Loto”.
Quindi se Lo chiami “Fiore di Loto” si incazza….
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Caro Matteo ho immesso il ragionamento sul fiore di loto non per alludere banalmente e ironicamente al più accanito e puzzolente mangiatore di teste d’aglio crudo d’Europa ma perché nel labirinto culturale latomistico il fiore di loto (con gli annessi e connessi che ho solo cominciato a riportare) e motivo di complessi ragionamenti. Non commettere l’errore, per arrivare a capire GEV, andando dietro a rizomi solo fatti di legami affaristici, di sottovalutare i contenuti di tipo culturale che sono impliciti. Parliamo di secoli e secoli di dibattito che non consiglio di affrontare con eccessive semplificazioni. Non a caso anche nella nostra semplicità stiamo cercando di mantenere alto/altissimo il confronto. O si è destinati a soccombere. Prima di tutto culturalmente. Faccio ciò che faccio sperando di fare cosa gradita ma chiedendoti di non immaginarci poter esclusivamente dedicare il nostro tempo a GEV il quale tra l’atro non è immortale e come tutti mortali potrebbe morire. E se morisse di cosa potremmo continuare a ragionare? Rimarrebbe infatti oltre la morte la puzza d’aglio o poco più.GEV è uno dei diavolacci ma non è l’unico.
Con affetto.
O.G.
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Caro Oreste,
Non era mia intenzione ignorare il tuo comprensibile e condiviso punto di vista.
La mia era semplicemente curiosità.
Pecorelli è un’altra pagina della storia di Gev, avvolta ancora dal mistero….
Poi sulla mia particolare attenzione al GEV sono d’accordo infatti come tu sai il mio interessa va altre….Caracciolo o Keswick che siano….oppure ai 3 moschettieri in Eni….
Posso assicurarti che nella mia marginalità ho letto molti libri interessanti….a partire dalla fine anni 90.
Io ho una “passione” per GEV ma nella Sua organicità al Sistema…e sono certo che il Silenzio che Lo circonda sia ambiguo….
Silenzio che non ho riscontrato, mantenuto dai vari media o giornalisti, per i vari De Benedetti, Bisignani, Andreotti, Gelli, Cuccia, Elkann…..
Silenzio anche da parte degli “apriscatole” ….
Un Silenzio che per me PARLA.
Un Silenzio che avvolge Lui e di conseguenza anche i Suoi Amici ai “piani più alti”….Silenzio che cela le Risposte che Questo Paese meriterebbe di ottenere e che senz’ altro Lui conosce benissimo.
E poi ci sono “elementi” facenti parte di un’intervista fatta al Suddetto che mi hanno fatto molto colpito.
INTERVISTA:
“Quando e perché hanno cominciato a descriverla come uno degli uomini più potenti d’Italia?
Ma davvero? Il potere è l’esecuzione di una grande idea. Al pari della sapienza, è fatto di relazioni, di rapporti, di fiducia. E di stabile credibilità. D’altra par-
te, diceva Charles De Gaulle, niente rafforza l’autorità quanto il silenzio. Che è l’inizio della saggezza.
Finisce raramente sui giornali. È questo il segreto di chi è veramente potente?
I giornali, lo dice la parola stessa, si occupano delle cose di giornata. Le grandi scelte coprono, spesso, l’arco di una o più generazioni. Si lavora sempre
per il domani, e questo i mass media non possono vederlo.
Che cos’è per lei il potere?
Serve a realizzare progetti. Da solo, non feconda la realtà.”
Ecco, dopo di Lui rimane il Progetto….e Lui secondo me, finché morte non Li separi, ne é LA CHIAVE
Questo è il mio modestissimo ininfluente pensiero e ringrazio Leo per darmi la possibilità di esprimerlo.
Da cosa nasce cosa….
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Matteo, tu hai ragione da vendere su GEV e la sua centralità.
Forse non mi faccio intendere e non riesco per tanto a dare il mio giusto/dovuto contributo alla tua passione civica.Per quanto riguarda Pecorelli ad esempio penso di aver detto in altri passaggi del blog che è stato a 60mila lire al mese, il mio primo datore di lavoro e che nel “loro rapporto” massonico c’era ciò che che c’era meno l’omosessualità essendo Pecorelli di gusti diversi da quelli di GEV. Così come penso di aver scritto della mia strettissima amicizia e stima con Alberto Statera che certo di GEV non era un estimatore. Come si vedrà non basterà però provare a scrivere di lui. Senza una strategia questi hub dei poteri forti (sarebbero sostanzialmente la massoneria) bisognerà spettare che muoiano. Vogliamo aspettare così a lungo? Per quello ti invito a continuare nella tua dedizione ma atteggiamento tale da non farti vivere lo scontro come campale. Io devo coordinare anche altro e per non indebolire il disegno complessivo che rappresento farò quello che posso ma non quello che considero inutile se non controproducente. Grazie per quello che fai e te lo mando a dire sia da cittadino che da operatore del mio settore specifico di appartenenza. Che spero abbia capito quale sia.
O.G.
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Ci mancherebbe Oreste!
Il vostro blog e il vostro lavoro non possono e non devono MONOPOLIZZARE l’attenzione su GEV.
Io ribadisco solo di essere stato fortunatissimo nell’aver trovato in Leo quell’attenzione, per certi argomenti e Personaggi, che in altre decine di Fonti d’informazione non si trova.
Per di più affrontate le Questioni in modo estremamente serio e didattico.
Cosa rara e preziosa….
Io a Leo devo solo fare i complimenti e se riesco, da Leo, devo cercare di imparare qualcosa.
“Io devo coordinare anche altro e per non indebolire il disegno complessivo che rappresento farò quello che posso ma non quello che considero inutile se non controproducente.”
Sfondi un portone aperto Oreste.
Se pensi io desideri il contrario stai tranquillo che non è così.
Comprendo varie sfaccettature del tuo sopra virgolettato discorso.
Se posso essere utile molto bene ma è sacrosanto e fondamentale, anche per me, che Leo vada per la Sua strada e dia priorità o risalto a ciò che Li merita o che può prevederLi.
Non so se mi sono spiegato bene 🙂
Un abbraccio grande e buon lavoro
Matteo
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Molto bene, amico caro, cittadino probo. E grazie ancora.
O.G.
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