È Renzo Piano l’architetto del M5S di Beppe Grillo? Sì… No… Un po’ – Una considerazione 2013-2018
Circa un anno fa, passai davanti alla porta dell’ufficio dell’architetto Renzo Piano presso il Senato della Repubblica e rivolgendomi a un senatore del M5S gli domandai se avesse idea dei rapporti che intercorrevano e intercorrono tra il fondatore del movimento, Giuseppe Grillo, e il neo senatore a vita genovese nominato dal Presidente Giorgio Napolitano. Mi fu risposto di no; vediamo di rimediare e in fretta…
Dopo il pianto del “buffone” di fronte alla violenza che i genovesi e la Superba hanno subito da una famiglia di magliari trevigiani aiutati da un personaggio che non nomino per il fastidio fisico che mi provoca e che presiedeva Autostrade, è l’ora della pacata ragione del secondo genovese più famoso al mondo, Renzo Piano.
Si da il caso che, invitato da amici a visitare la Morgan Library a Manhattan, abbia potuto constatare nuovamente la classe del genovese che realizzò nel 2003 un mirabile spazio espositivo e di raccordo tra due edifici che erano le case private di un banchiere, John Pierpont (J.P.) Morgan. Onestamente non sapevo che Piano ne fosse l’artefice ma la luce, il legno e il vetro, il continuum tra dentro e fuori ci lasciarono a bocca aperta, non così un rapporto del 2013 della J.P. Morgan, a cent’anni dalla morte di John Pierpont, che lamentava la crescita in Italia di “partiti populisti” (leggi M5S, dato che all’epoca la Lega Nord era ai suoi minimi storici): “I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”.
Ora, se fossi un senatore del M5S una riunione con l’architetto italiano più famoso a NY e di fiducia della semi onnipotente banca d’affari la organizzerei, chi sa che qualche buona idea, gratis come il progetto del nuovo viadotto o ponte che dir si voglia, non salti fuori.
Dopo l’immagine della Casa Bianca, trovate le riflessioni di Dionisia del 2013.
Alberto Massari
Venerdì 15 Febbraio 2013, il Presidente Giorgio Napolitano è stato in visita alla Casa Bianca per un incontro con il Presidente Barack Obama. Non è la prima volta che si incontrano.
Il Presidente Napolitano fu, dicono le fonti ufficiali, il primo membro del P.C.I. a ottenere il visto per gli USA, nel lontano 1978, sebbene all’epoca non abbia incontrato alcun presidente, bensì discusso di altro (Trattativa Stato-mafia… e l’Anonimo continua a parlare, anche del Generale Dalla Chiesa).
Anche Beppe Grillo è stato alla Casa Bianca nel 1998 e ha incontrato l’allora Presidente Bill Clinton. Come c’è arrivato? L’articolo del Corriere della Sera che riporto integralmente lo racconta, parzialmente.
Nel 1998 l’architetto Renzo Piano riceve il premio Pritzker per l’architettura, premio istituito nel 1978 da Cindy e Jay Pritzker. I premiati sono tra i più conosciuti architetti del mondo. La premiazione avviene ogni volta in un luogo diverso e nel 1998 tocca alla Casa Bianca. La scelta di uno dei simboli della democrazia e del potere degli Stati Uniti d’America consacra inequivocabilmente, a vent’anni dalla nascita, la serietà del The Pritker Architecture Prize. E con esso l’internazionale architetto genovese Renzo Piano.
Tutto ciò deve avere fatto una certa impressione anche all’architetto della “gioiosa macchina urbana” costruita nel cuore di Parigi, chiamata Beaubourg, nonché avergli procurato una certa felicità. In occasioni come queste, si tende a chiamare a sé le figure più vicine, i parenti e gli amici, al fine di condividere il peso della gioia, della gloria e in questo caso anche della medaglia di bronzo che qualifica il premio.
Le cronache ci raccontano che due degli accompagnatori di Renzo Piano furono Giorgio Forattini e Beppe Grillo, presentati con orgoglio dall’architetto al Presidente Clinton. Una bella dimostrazione di amicizia, non c’è che dire, nonché di stima, quella dell’archistar; ne saranno stati orgogliosi anche i due.
Un paio di considerazioni.
Il 1998 per Beppe Grillo è un anno particolare, vediamo i titoli de La Repubblica: Telecom, scontro finale; Telecom, offensiva del Tesoro; Di Pietro contro Telecom; Ecco l’Apocalisse del 2000 con il medico che diventa Dio (l’attacco di Grillo a Big Pharma); Sono io l’angelo sterminatore del nuovo medioevo (di Curzio Maltese). Non c’è che dire, Renzo Piano doveva essere ben consapevole e fiero e rassicurato del valore dell’amico che si portava appresso.
Giorgio Forattini, dal canto suo, nel 1998 pubblicava ancora su La Repubblica le sue vignette, ma gli attacchi durissimi alla sinistra (D’Alema in particolare, accusato a ragione di inciucismo) lo avevano messo già in uno stato di forte tensione con l’editore, tanto che due anni dopo interrompe la storica collaborazione con il quotidiano.
I rapporti tra Grillo e Forattini non ci sono noti, quelli con l’architetto Piano sì, dato che la seconda moglie di Grillo, Parvin, dice che Renzo Piano telefona in continuazione per sapere come sta Beppe, ha paura per lui dal primo V-Day (da un’intervista di Marco Travaglio a Beppe Grillo del 13 giugno 2012).
Dai locali della Liguria alla Rai, la pubblicità, le denunce alla Stet-Sip-Telecom, Parmalat, Big Pharma, le piazze, il Vaffa Day, il blog, il MoVimento 5 Stelle, la conquista di Parma, nel mezzo la Casa Bianca. Un po’ troppo per un semplice buffone, un comico.
Grillo nelle Americhe era già stato, in Brasile e negli Stati Uniti, da dove inviava filmati satireggianti che non mi parvero particolarmente interessanti. Forse sbagliavo. Non c’è dubbio, però, che Renzo Piano lo abbia introdotto in un luogo di tutt’altra natura.
Quel giorno, alla Casa Bianca, chi fu l’accompagnato e chi l’accompagnatore?
L’artista genovese, insignito del prestigioso premio Pritzker, “scortato” anche dall’ amico Beppe Grillo, che ha presentato al presidente Clinton
Gran galà alla Casa Bianca: Piano riceve da Hillary il Nobel per l’architettura
DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON – Si è celebrata la festa dell’architettura mercoledì sera alla Casa Bianca. Sono arrivati da tutto il mondo per festeggiare Renzo Piano che, al termine della cena ufficiale, è stato insignito del Premio Pritzker, cioè il Nobel per l’architettura, dagli esponenti della famiglia Pritzker, alla presenza della first lady Hillary e di Bill Clinton. Non è un caso che la cerimonia si sia svolta alla Casa Bianca: l’occasione è il ventesimo anniversario del famoso premio che per l’appunto ha incoronato il sessantenne architetto genovese. Fra i cinquecento invitati gran parte erano architetti, direttori di musei, critici, studiosi. Alcuni amici come lo svizzero Mario Botta e Gae Aulenti sono venuti per partecipare a quello che è stato un indimenticabile omaggio all’Italia, alla sua cultura e genialità che in Renzo Piano ha un esempio appropriato. È quello che hanno osservato anche i membri della giuria internazionale. Soprattutto J. Carter Brown, già direttore della National Gallery di Washington, e l’architetto indiano Charles Correa hanno insistito sul costruttore che ha saputo reinventare l’architettura. Sul grande schermo, sotto l’enorme tenda nel giardino all’entrata della Casa Bianca, si succedevano le immagini dei lavori commentati dalla giuria. Sfilavano il Beaubourg di Parigi, l’Aeroporto Kansai di Osaka, i Musei Menil e Cy Twombly di Houston, il Beyeler di Basilea, i lavori per la Potsdamer Platz a Berlino, il nuovo mirabile Centro Tjibaou a Noumea in Nuova Caledonia, lo Stadio di Bari, il Lingotto di Torino, la Chiesa per Padre Pio a San Giovanni Rotondo, il Centro nazionale per la scienza e tecnologia ad Amsterdam. Poi sono stati pregati di alzarsi i predecessori, i numerosi Premi Pritzker: l’americano Kevin Roche, il cino – americano Yeoh Ming Pei, autore del Grand Louvre, l’austriaco Hans Hollein, Frank Gehry, padre del Guggenheim di Bilbao… È stata la first lady Hillary Clinton a moderare gli interventi, sottolineando come la Casa Bianca, alle soglie del 2000, si interroghi sul futuro del mondo: ha già ospitato incontri con scienziati, scrittori, poeti, ma per la prima volta vede riunito il piu’ grande e importante gruppo di architetti. Un po’ agitato, Piano ha detto che era un onore ricevere questo premio perché l’architettura è arte diversa dalle altre, “contaminata dalla scienza, dalla tecnologia, dalla storia, dalla geografia, dall’antropologia”: “Il passato è una grande opportunità, ma il futuro è l’unico luogo dove possiamo andare”. Parole apprezzate dal presidente Clinton, che ha incominciato il suo discorso citando Frank Lloyd Wright che sosteneva che un architetto deve essere un originale interprete del proprio tempo, proprio come Renzo Piano seduto al tavolo del presidente. Poi, alla fine della cena, l’architetto italiano si è alzato per andare a salutare gli amici che lo hanno accompagnato dall’Italia: Giorgio Forattini e Beppe Grillo [vedi la vignetta di Forattini in Indovinala Grillo!], che si era già messo in tasca un ciuffo d’erba della Casa Bianca per ricordo. Da principio il comico era in imbarazzato perché il suo spettacolo attuale parla per dieci minuti di Clinton, della moglie e dello scandalo Lewinsky, poi si è adeguato alle circostanze. “Una buona cena – ha detto – e non abbiamo pagato niente, poi Bill è anche simpatico”, ha sentenziato. Infatti Renzo Piano era assai fiero perché era riuscito a presentare Clinton all’amico Grillo e l’incontro era stato cordiale.
Minervino Fiorella
(19 giugno 1998) – Corriere della Sera
Dulcis in fundo queste parole tratte da La Stampa del 12.2.13:
Alle 11,12 del 4 aprile 2008 dall’ambasciata americana a Roma parte il telegramma intitolato «Pranzo con l’attivista italiano Beppe Grillo: “Nessuna speranza per l’Italia”. L’ossessione della corruzione». A firmarlo è Ronald Spogli, ambasciatore a Roma, e il destinatario è il segretario di Stato, Condoleezza Rice, a cui spiega in cinque pagine che Grillo è un «interlocutore credibile» nella comprensione del sistema politico italiano, grazie al fatto di essere «unico» per denuncia della corruzione nelle vita pubblica, ricorso al web e appello agli oppressi.
Il documento è stato ottenuto da «La Stampa» nel rispetto delle norme del «Freedom of Information Act» e inizia con un preambolo in cui si presenta il «politico italiano Beppe Grillo» come «un comico divenuto attivista che durante un pranzo nella residenza del consigliere economico dell’ambasciata ha affermato: “Non c’è speranza per l’Italia”». Segue la descrizione di Grillo: «È un eccentrico, si appella agli oppressi d’Italia e così riesce a portare nelle piazze centinaia di migliaia di persone per protestare contro l’ordine costituito». Soprattutto «i suoi commenti risaltano per il contrasto con quelli dei nostri interlocutori tradizionali su economia, politica e in particolare sulla corruzione» (vedi articolo completo).
Non si sa come e perché l’ambasciatore americano abbia invitato il “buffone”, o forse sì?
Dionisia