Se Al Sisi è uno di noi, mi dimetto da me stesso
“I torturati sono una classe di persone a sé stante. Si possono fare ipotesi su dove sono stati, ma mai su quello che hanno riportato indietro.”
le Carré
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Luigi Di Maio riferisce che per Al Sisi “Giulio Regeni è uno di noi” [One of us]; bene ha fatto il portavoce numero uno del M5S a porre per prima la questione circa la morte del ricercatore friulano in occasione di un incontro dal sapore di petrolio e gas. Nove miliardi il valore dei rapporti con il governo che dopo mesi e mesi ha lasciato senza colpevoli un delitto.
Vogliamo prendere per buona la tesi dello scontro di potere interno all’Egitto che ha visto Al Sisi messo in difficoltà da una fazione che ha preso un italiano ricercatore per Cambridge e lo ha fatto a pezzi scientificamente per ucciderlo quando era abbastanza maciullato de essere irriconoscibile a sua madre? E sia, a patto che i vantaggi per il popolo italiano, non per gli azionisti dell’ENI o di chi altri, sia tale da compensare il sacrificio di Regeni, da oggi eroe nazionale cui dedicare onori e medaglie come a un combattente caduto sul campo.
Quali vantaggi possano giustificare una normalizzazione dei rapporti sono certamente custoditi nella mente di Luigi Di Maio e nella strategia che gli ha fatto compiere un viaggio così impegnativo.
Se la morte di Regeni significasse un primo passo verso una ridefinizione del ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e non un riposizionamento dell’ENI e affini, allora potremmo tollerare la menzogna, al limite della profanazione del cadavere: Al Sisi non è uno di noi.
Se dall’Egitto non dovesse mai arrivare in Italia la verità, che perlomeno si riporti a casa la nostra dignità
Alberto Massari