Che il togliersi la vita non sia sofferenza vana
E ora, dopo la pausa personale, rimettiamoci al lavoro, consapevoli che in non pochi Paesi (anche gli USA lavorano con questo metodo amministrativo-finanziario), fare deficit non è tabù.
E questa affermazione la faccio a cuor leggero e a poca distanza da un’importante asta sui Bot a 12 mesi che ha visto il Tesoro italiano piazzare asset dal valore di 6 miliardi di dollari a fronte di un’ampia domanda eccedentaria. Per molti infatti l’impennata dello spread italiano rappresenta un’opportunità di investimento perché i fondamentali macroeconomici italiani sono tutt’altro che negativi e, in questo contesto, non è certamente la spesa in deficit a rappresentare un rischio.
Sono altre le debolezze.
Tanti governi, a partire da quello americano, come ho scritto, stanno facendo deficit spending. Non ci sarà nulla di strano nel fatto che anche l’Italia faccia altrettanto. Si dice anzi che questa sia una tendenza che andrà ad aumentare nei prossimi anni. Per compensare la riduzione dello stimolo monetario si utilizzerà sempre di più la leva fiscale e la volatilità sui mercati non prefigura, necessariamente, un crollo finanziario imminente. Possono essere altre le cause e le debolezze di grandi sommovimenti. E nel dirlo mi ripeto. Negli ultimi anni la volatilità è stata una costante nei Paesi finiti sotto la lente delle cronache politiche internazionali nei momenti di massima tensione: basti pensare alla Francia prima delle elezioni presidenziali o al Regno Unito post-Brexit.
Sono ben altre le complessità (e tre!) e noi nella nostra marginalità riteniamo che si addensino tutte in quella che con semplicità viene definita la “politica estera”. Il problema pertanto è capire se ci troviamo di fronte ad una classe dirigente consapevole di cosa stia o meno accadendo in termini geopolitici mondiali, in particolare modo nel bacino mediterraneo, o solo a delle persone, sia pur oneste (parlo del M5S non potendo nel modo più assoluto estendere questa patente alle vecchie lenze della Lega ex Nord), ma fragili dal punto di vista di una capacità elaborativa di strategie sufficienti ad affrontare le complessità emergenti.
Fragili, a nostro modestissimo avviso, in politica estera. Fragilissimi nel rapporto, anche da questa manovra lasciato irrisolto, tra centro e periferia, tra ciò che è attinente ai giovani e ai vecchi o alle luci e alle ombre di un passato oscuro che si proiettano sul futuro e, in particolare, in quattro mesi, diciamolo senza falsi pudori, nessun armadio aperto. Nessuna nuova nomina ai Servizi che apra la stagione della discontinuità, altro tema dicotomico (continuità/discontinuità) ignorato totalmente. Niente che faccia intendere che si ha consapevolezza (al di là degli enunciati che si effettuano negli incontri di Ivrea o al Circo Massimo) delle problematiche che si preparano nella relazione tra l’uomo e la macchina.
Tutti questi “niente” che attribuiamo (forse con eccessivo rigore) perché continuiamo a ritenere che non sia la finanza il cuore della rappresentazione teatrale umana.
Capisco che con dei soci di governo freschi-freschi del dover rispondere di una sparizione di 49 milioncini (la restituzione prevista in 76 anni è il primo atto amorale che mai ci saremmo aspettati) non sia facile mantenere le vere promesse fatte, ma a tutto c’è un limite. Come si vedrà, sempre di più, nelle aule di tribunale dove dovessero essere giudicati gli alleati leghisti.
Lasciamo ad altri (la rete è piena di specialisti in questo senso) tutti i ragionamenti legati o meno ad una visione ragionieristica dello Stato e della Pubblica Amministrazione che esce dalla manovra finanziaria.
Noi prendiamo atto che di utopistico, di prospettico, di fedele alla cultura visionaria di Gianroberto Casaleggio (tanto per fare un nome scelto a caso!) non vi è traccia nei primi atti concreti (dove è il cum crescere/il crescere insieme dei cittadini?) del tanto atteso Governo del Cambiamento.
Niente che caratterizzi un fattore ideale nutrito da regole che ristabiliscano il rispetto reciproco (tanto per cadere nella trappola di un esempio osceno, a me 912 rate e a te, al massimo, qualche decina, ancora da calcolare bene e da regolamentare) e il diritto universale alla vita e alla libertà. Vita e libertà che devono responsabilmente non essere realizzati a discapito dell’altro da se. E qui è notte senza luna.
Mi fermo perché non era e non è compito mio un tale oneroso ragionamento sussidiario, ancora e sempre svolto in spirito di servizio e gratuitamente, su temi tanto impegnativi.
Mi attesto sul terreno del fare e in piena sintonia e scelta sinergica con l’Associazione HUT8 Progettare l’Invisibile, mi rimetto in cammino lungo il terreno accidentato che mi sono scelto sin dalla “forzata” nascita di questo blog, decidendo di svolgere esclusivamente attività di stimolo e proposta utile a quella “riforma delle coscienze” necessaria ad indicare un nesso tra conoscenza e moralità per favorire quel nuovo umanesimo su cui fondare la propria azione. Quello volevamo fare e quello torniamo a fare, liberi e forti grazie alla nostra pensione richiesta e ottenuta sei anni dopo il diritto maturato e la nostra carta acquisti (40 euro al mese lasciati invariati e sufficienti dopo la manovra del Governo del Cambiamento).
Torniamo alla centralità dei nostri interessi che sono categorie trascurate da questo primo atto di governo: l’equità, la fiducia, il capitale sociale, la democrazia, il rispetto dell’altro da se, precondizioni irrinunciabili di un buon governo dell’economia. E aggiungo che l’alveo di tutto questo pensiero è l’etica. L’etica, totalmente ignorata dal razionalismo utilitaristico e calcolatore della scienza economica.
Comunque, come si dice, la speranza è l’ultima a morire e vorrei provare, come spiaggia (non la chiamo ancora ultima) ideale, il mio Governo del Cambiamento, sul terreno, del fare.
La figura geometrica ideale a cui ci rifacciamo (e che trovate riprodotta a seguire) ci consente di attaccare la “materia uomo” da più lati/direzione di marcia/livelli di complessità.
Questa libertà di scelta ci suggerisce, ad esempio, quale primo elemento di confronto culturale, ciò che è implicito/esplicito nella “Interrogazione a risposta scritta” che riportiamo per intero, ritenendo di fare cosa gradita, sia ai cittadini-lettori che all’autore del passo formale, il parlamentare (è anche generale di Brigata in ausiliaria) Antonio Del Monaco del M5S.
ATTO CAMERA
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01187
Dati di presentazione dell’atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 49 del 25/09/2018
Firmatari
Primo firmatario: DEL MONACO ANTONIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/09/2018
Destinatari
Ministero destinatario: MINISTERO DELLA DIFESA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 24/09/2018
Stato iter: IN CORSO
Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-01187
presentato da
DEL MONACO Antonio
testo di
Martedì 25 settembre 2018, seduta n. 49
DEL MONACO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il 10 settembre 2018 è stata la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, un fenomeno complesso ed eterogeneo sempre più diffuso; infatti, può esistere una tipologia di dolore psichico particolarmente accentuato ed estenuante, capace di fare la differenza tra la scelta di vivere o di porre fine alla propria dolorosa esistenza, in quanto l’essere umano, pur avendo paura della morte, quando il dolore e la sofferenza diventano insopportabili, può decidere di togliersi la vita. Questo triste fenomeno, purtroppo, è in crescita anche tra i militari. Le Forze armate costituiscono una parte della popolazione generale che ha facile accesso alle armi da fuoco; si tratta di una popolazione a rischio di suicidio, a causa della letalità dello strumento di cui dispone;
riguardo alla psicologia militare applicata, già la formazione dei comandanti è realizzata in diversi momenti della loro carriera professionale. In particolare, prima della partenza per le missioni fuori area, durante la missione (con la presenza di uno psicologo) e al loro rientro dalla missione, con dei debriefing. Prima e dopo le operazioni, infatti, si svolgono specifici interventi sulla gestione dello stress a favore di tutto il personale, con appositi moduli per potenziare nella linea di comando le capacità di riconoscere e gestire i segnali di stress, anche per intervenire nella soluzione della problematica;
inoltre, anche durante i corsi di formazione avanzata per ufficiali (corso di Stato Maggiore) e sottufficiali (corso di branca) e nell’ambito dei corsi a premessa di particolari incarichi di comando (corso comandanti di compagnia, corso comandanti di reggimento, corso comandanti di brigata) sono previste lezioni a cura di ufficiali psicologi sui temi delle devianze, del mobbing e, più in generale, su materie attinenti alla promozione del benessere organizzativo;
anche negli istituti di formazione Rav sono previste attività di stress management per imparare a riconoscere e gestire i segnali di stress personali e dei militari con cui si lavora;
il suicidio di un militare del reparto ha un impatto negativo su tutto il personale della caserma. In questi casi, vengono realizzati interventi di psicologia dell’emergenza per tutto il contingente del reparto, finalizzati non solo ad abbattere il rischio di emulazione (effetto Werther) ma anche per sostenere l’azione di comando nella gestione psicologica dell’evento e delle reazioni del personale;
presso tutte le brigate di manovra è presente un ufficiale psicologo che lavora a favore della salute psicologica del personale dei reparti dipendenti; inoltre, in caso di necessità, i reggimenti possono richiedere il concorso degli ufficiali psicologi coordinatori presenti presso gli alti comandi/vertici di area ovvero presso l’ufficio di psicologia e psichiatria Militare dello Sme. I colloqui individuali si svolgono in fase di reclutamento, nell’ambito delle attività di selezione, e, successivamente, su richiesta del militare interessato che si rivolge autonomamente al professionista o alla struttura sanitaria di riferimento. I colloqui partono sempre da una domanda dell’interessato e risulta complicato condurre un colloquio psicologico con un militare che ha ricevuto l’ordine di recarsi dal professionista;
sono realizzate numerose attività di formazione sulla leadership, con l’obiettivo di promuovere nei comandanti la consapevolezza del proprio stile di comando e per ampliare il bagaglio di comportamenti in grado di sostenere l’impegno del personale collaboratore. L’attenzione al personale collaboratore e al contesto risulta strategica per l’adozione di una leadership flessibile, in grado di adattarsi a tutte le situazioni in cui opera un comandante delle forze armate –:
se, al fine di implementare tale lavoro di prevenzione primaria, non ritenga opportuno adottare iniziative per aumentare gli psicologi nelle brigate, fino ad arrivare a livello reggimento e reparti equiparati.
(4-01187)
Antonio Del Monaco, evidentemente memore dell’esperienza professionale nell’Esercito, nel comunicato che altrettanto riproduciamo relativo alla ripresa di un utilizzo pieno di alcune “caserme” al Sud, trova modo, in un passaggio del documento dell’agosto u.s., di tornare sul tema del disagio per il personale (fa un riferimento ai suicidi) e lo attribuisce anche alla distanza delle strutture dove si presta servizio rispetto alle proprie terre d’origine. Oltre a questo aspetto, nel comunicato, cogliamo alcune riflessioni che in un futuro prossimi ci riserviamo di commentare, considerandole spunto per un pensiero più ampio sul Mediterraneo e la geopolitica implicita in questa eventuale maggiore attenzione.
On. Antonio del Monaco (M5S), favorevole alle caserme al Sud, censimento anche di quelle esistenti e sottostimate
CASERTA – Pubblichiamo il comunicato stampa dell’Onorevole Antonio del Monaco del Movimento 5 Stelle relativamente alla collocazione delle caserme militari nel Sud d’Italia: “Accolgo con grande gioia la dichiarazione del ministro Trenta riferita alla ricollocazione della maggior parte delle caserme al Sud, tenuto conto che negli ultimi anni è cambiato completamente lo scenario geopolitico internazionale che ci vedeva operativi contro un eventuale nemico proveniente dall’Est; per cui le caserme erano in passato dislocate soprattutto nella zona del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Con la caduta del Muro di Berlino, sparito quello che era il possibile nemico, oggi il pericolo potrebbe venire più dal Mar Mediterraneo, dalle sponde del Maghreb e da tutti quei paesi che fronteggiano le nostre coste meridionali; pensiamo al terrorismo di matrice islamica o alle guerre civili, per esempio. Perciò è importante esaminare con attenzione quello che è lo scenario attuale e guardare con maggiore interesse al territorio del Sud da cui, inoltre, proviene la maggioranza del personale delle Forze Armate. Ciò è dovuto alla struttura economica propria dell’Italia, visto che la maggior parte delle fabbriche e delle grandi attività imprenditoriali e commerciali in genere sono ubicate nelle regioni settentrionali; per cui i giovani del Nord preferiscono inserirsi dal punto di vista lavorativo nel fiorente settore privato, mentre i ragazzi del Sud, motivati dalla possibilità di vedere nelle Forze Armate una propria collocazione stabile al servizio dello Stato, partecipano numerosi ai concorsi nei vari corpi militari e io questo lo posso dire con certezza per la mia esperienza pregressa di selettore, in quanto, come psicologo per più di dieci anni in varie commissioni esaminatrici, ricordo molto bene che il grosso dei ragazzi che partecipavano era del Sud; mentre le due regioni che maggiormente affluivano con i loro aspiranti erano la Campania e la Puglia e al loro interno le province più rappresentate erano quelle di Caserta e di Lecce. Oggi lo scenario non è cambiato di molto, in quanto il grosso dei dipendenti civili e militari della Difesa e degli aspiranti tali è prettamente del Sud. In questo particolare momento storico, dunque, noi ci troviamo di fronte realmente a un cambiamento di quello che è il potenziale nemico, per cui dovremmo urgentemente dislocare diversamente sul territorio e sulle nostre coste meridionali i diversi presidi militari, sfruttando il grosso vantaggio di avere un personale prevalentemente del Sud che quindi avrebbe un’ottima e pregressa conoscenza dei luoghi di operazione e potrebbe intervenire con maggiore facilità e rapidità sugli stessi; inoltre, così facendo, avremmo anche degli indubbi vantaggi dal punto di vista motivazionale, consentendo a tanti militari meridionali di operare nelle regioni di origine, accanto ai propri famigliari e al servizio dei propri conterranei. Per procedere con questo piano di dislocamento davvero ambizioso bisogna prima di tutto fare un censimento delle caserme ubicate al Sud, sia di quelle attualmente in attività che probabilmente potrebbero essere ripopolate, visto che molte sono sottodimensionate dal punto di vista dell’organico, sia delle altre che dopo il blocco della leva obbligatoria sono state chiuse e potrebbero di conseguenza tornare operative. Ci sono tantissime caserme in attività, ma praticamente vuote; ad esempio, la settimana scorsa ho parlato con il sottosegretario Angelo Tofalo di un presidio militare che attualmente ha un organico che va dal 5 al 10% della sua effettiva capacità; parlo della caserma Tescione di Caserta; così come a Maddaloni ci sono due presidi che una volta pullulavano di migliaia di persone e oggi invece accolgono poche centinaia di militari (come anche la Caserma Oreste Salomone di Capua, ndr. ). Pochi esempi che dimostrano quale sia lo stato attuale di molte caserme nel Meridione; per cui dobbiamo guardare bene prima quello che abbiamo, quello che per il momento è stato accantonato, ma potrebbe essere ripreso e soprattutto definire questo nuovo sistema, questo nuovo piano di presidi militari ubicati nelle regioni meridionali, guardando la provenienza del personale operativo. D’altra parte bisogna tenere conto anche di un aspetto non meno importante, in quanto attraverso questo intervento si potrebbe incidere pure sulla prevenzione e promozione della salute, visto che la maggior parte delle famiglie dei nostri militari stanno al Sud e il ricongiungimento famigliare gioverebbe alla salute psichica del personale e potrebbe essere un rimedio a tanti casi di suicidio a cui, purtroppo, assistiamo quasi quotidianamente. Più precisamente, in questo caso due sono le possibilità d’intervento ovvero quella di natura logistica, appunto l’avvicinamento alle famiglie, ma anche un’altra di natura prettamente più tecnica, e qui intervengo da terapeuta, in quanto non basta aumentare il numero di ore ai consulenti per risolvere il problema dell’ascolto, dell’ascolto attivo, ma è importante invece installare le subagenzie psicosociocomunicative fino ai minimi livelli, in maniera tale di avere a disposizione uno psicologo anche nel reggimento, gruppo autonomo o, magari, battaglione autonomo, proprio per garantire un intervento immediato di prevenzione e promozione della salute del personale. La realizzazione di questo ambizioso progetto logistico potrebbe anche essere l’occasione di rivedere l’obsoleto modello di volontario VFP1 che andrebbe sostituito, a mio avviso, da un volontario a ferma prefissata triennale con riserva assoluta per le Forze Armate e determinati requisiti tecnici operativi; un nuovo tipo di volontario che potrebbe successivamente essere reclutato tra le forze dell’ordine o spendere più facilmente nel mondo del lavoro le competenze pratiche acquisite sotto le armi. È importante che tutto ciò avvenga; quindi sono contento che il ministro Trenta e il ministro Lezzi abbiano elaborato questa interessante proposta che trova il mio appoggio incondizionato e anzi sono dispostissimo a poter collaborare con il ministro della Difesa e con il suo staff sia come militare, sia come membro della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati, sia come psicologo, affinché quest’idea di dislocare la maggior parte delle caserme al Sud possa essere realizzata al più presto. F.to On. Antonio del Monaco”.
Chi ci legge con una qualche continuità (o, ancor meglio, chi ci frequenta di persona) sa quanto teniamo all’argomento della scelta estrema di chi si toglie la vita nell’indifferenza dei più, e a come, viceversa, se trattato questo dramma, singolo e di comunità, con la doverosa attenzione e onestà di intenti, sia possibile una fattiva attività di contrasto a questa condizione umana. Niente di facile quindi ma si intravede la possibilità di non lasciare nessuno solo al bivio mortifero. E lo diciamo, sostanzialmente inascoltati, da mesi. E lo affermiamo certi di non tradire l’amica verità. Così come siamo certi che se lasciamo “indietro”, lontano da noi, il “nostro fratello”, sarà difficile accorgersi del suo smarrimento e del bisogno d’aiuto che prova a manifestare.
André Gide, scrittore e peccatore scandaloso, ebbe fortuna, salute, amicizie, onori. Nonostante ciò concluse forzosamente la sua vita con il suicidio.
Da lui possiamo apprendere un pensiero e farlo divenire una delle tante motivazione possibili per decidere di dedicarci a chi potrebbe aver deciso di interrompere il tempo naturale della propria vita: “Se m’interesso ai vitelli a due teste è perché mi aiutano a capire per quale motivo coloro che ne hanno una sola se ne servono così male”.
Vi è capitato anche a voi di pensare perché in troppi usano tanto male il cervello? Questo seppe dire, con modalità straordinarie, André Gide.
Dobbiamo pertanto a chi – in sofferenza – si preparasse al gesto estremo, tutta l’attenzione e l’aiuto possibile, per lui, per i suoi cari ma anche per capire l’uomo nel suo dramma esistenziale complessivo.
Partiamo da dove si può, sembrandomi sia l’interrogazione parlamentare a prima firma del parlamentare Antonio Del Monaco, che il lavoro emerito di Simona Salvi, messo in atto con e grazie alla Fondazione Poliambulanza come ci viene ricordato nel post TROPPI SUICIDI TRA LE FORZE DELL’ORDINE E I MILITARI, È ORA CHE GOVERNO E ISTITUZIONI SI MUOVANO siano un buon partire.
Manovra a tenaglia quindi perché il “granchio di ferro” non venga evocato/facilitato dalla scelta dei nostri fratelli, lasciati da noi, vigliaccamente, stanchi e soli.
E vediamo di essere con-creti.
Oreste Grani/Leo Rugens