Al declinar d’ottobre

VendemmiaUvaBianca

Finita la vendemmia, ottobre declina verso la stagione buia e fredda (così era un tempo). Cominciano le piogge insistenti (direi che ci siamo) che possono durare anche a  lungo. È tempo di arare poiché la stagione agricola sta finendo e sta per cominciare la nuova, tanto che si dice: “Chi semina in ottobre miete in giugno”. E noi aggiungiamo, in giugno quando si voterà per le elezioni europee. Da come si mette la semina, a giugno, il raccolto sarà scarso e mi scuso per la metafora bucolica.

Ma volete smettere di dilapidare la speranza in un’Italia migliore? Ci mancava questo guaio in terra pugliese dove si erano raccolte percentuali oltre il 50% il 4 marzo u.s. Di quest’anno e non di un decennio addietro. Veniamo al gasdotto.

Chi riteniamo sia, dal punto di vista politico, etico, morale Enrico Letta lo abbiamo reso noto con numerosi post che oggi, in chiave di premessa ammonitrice, ripubblichiamo:

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Che un uomo pronto a farsela con quel fior fiore di finanziatori fosse anche disponibile a dare l’imprimatur ad un’opera come il TAP è di facile comprensione.

Date e subentri, come poi leggerete, potrebbero formalmente trarvi in inganno. Ma noi affermiamo che tutto il semilavorato per il TAP è avvenuto sotto l’egida della Famiglia Letta, zio e nipote. Un po’ di interessi berlusconiani/dalemiani in avvio, un bypass lettiano, una firma del boy scout Matteo Renzi.

Chi sia Matteo Renzi spero che tutti voi lo sappiate. Renzi ci ha messo il sigillo formale. Per chiamarsi fuori da questa storia e sapere cosa ci fosse sotto, sopra, dietro al TAP bastava leggere, con occhi onesti, l’inchiesta dell’Espresso del 3 aprile 2017.

Il trattamento delle informazioni è un settore strategico dell’intelligence, comparto dello Stato dove le fonti aperte risultano essenziali per la capacità di lettura, di interpretazione ma, soprattutto, di anticipazione di eventi significativi di natura sociale, economica, culturale e politica.   

Il trattamento delle informazioni attinenti la questione del TAP avrebbero dovuto consigliare tassativamente il Governo “a guida 5 stelle” di non non non rimangiarsi la parola data agli elettori (questione comunque etica di per se gravissima) perché intorno a quell’opera il groviglio bituminoso putrescente non lascerà  scampo a chi avrà deciso di favorirla. Facile previsione per chiunque; figurarsi per uno come il vostro Leo Rugens.

Chi presidia l’ufficio stampa e comunicazione del Governo (e del M5S) avrebbe dovuto allarmare sia il premier Conte che Luigi di Maio e tutto il vertice del MoVimento di tenersi lontano da un bene placet a quella fogna. E non mi riferisco agli aspetti ecologico-ambientalisti. Dico, per Dio, che nomi come quelli che, illo tempore, si sono attivati a favore del sì al TAP avrebbero dovuto sconsigliare qualunque attività politico-amministrativa che alla fine avesse, come scopo sostanziale, lubrificare i tubi del gasdotto perché scivolassero, senza attrito eccessivo, nello sfintere dei pugliesi onesti pronti, viceversa, per amore della loro terra, a rompere con un’idea autolesionistica di sviluppo. Riproduco, per chi a suo tempo non l’avesse letta, l’inchiesta a firma di Paolo Biondani e Leo Sisti, commissionata dall’Espresso, settimanale diretto e garantito dal bravo Marco Damilano.

Sui nomi che compaiono nel lungo pezzo fate voi gli esercizi di approfondimento e vedrete che la TAP non si può autorizzare senza divenire complici oggettivi di grovigli che sembrano fatti esclusivamente per generare opportunità per corrompere e farsi corrompere.

Ma noi del MoVimento Cinque Stelle con tutta questa gentaccia che minchia c’entravamo?

Amici cari, ormai entusiasticamente approdati a Palazzo Chigi, la volete smettere di dilapidare la speranza che vi è stata affidata solo il 4 marzo u.s., da 11 milioni di compatrioti?

Dilapidare come fosse parte di un patrimonio personale.

La speranza e la cosa pubblica non sono proprietà di nessun portavoce. I portavoce sono a tempo determinato. Alcuni – addirittura – sono spuntati nel MoVimento, a cose fatte. Alcuni, addirittura, sono figure epifaniche provenienti da luoghi oscuri dove, negli anni, avevano sostanzialmente convissuto con tutto ciò che un grillino (mi sento di chiamare nuovamente affettuosamente così le donne e gli uomini che Giuseppe Grillo da Genova aveva radunato intorno ad una visione etica della politica) avrebbe dovuto odiare.

È ora di aprire una stagione, sia pur dolorosa, funzionale alla epurazione di tutti i voltagabbana che hanno provato a piazzarsi nel MoVimento.

Oreste Grani/Leo Rugens

P.S.

Torniamo sui post del 2013 dedicati al per bene Enrico Letta solo come ammonimento sulle energie superiori  che in questa marginale e ininfluente redazione sappiamo evocare.

Direi di notare le date e i termini perentori con cui affermavamo la nostra opinione e le previsioni implicite su come sarebbe andata a finire. Compresa la vicenda della “sala slot” di Via Veneto 13 che è stata, con modalità felpate consone al Vaticano, anch’essa chiusa. Mi soffermerei su Vedrò, che ha fatto la fine che ha fatto.  E con lui, Enrico Letta. Direi, non fosse altro per prudenza scaramantica, di non sottovalutare l’anatema implicito nel post odierno firmato da Leo Rugens in veste di sciamano. Oggi è il 29 ottobre 2018 e la questione del gasdotto ci appare prefigurare una “cattiva sorte” per chi si piegasse a interessi come quelli che si deducono grazie ad un semplice esame delle fonti aperte. Esame e verifica, come è sempre doveroso fare.

Rifirmo, in veste di sciamano preveggente.

Oreste Grani

P.S.al P.S.

Avete mai sentito parlare del “localismo strategico” che vede nel Comune il cuore del nuovo Stato?

E di equilibrio tra i poteri al fine di rilanciare il sistema Italia?

Rilancio che potrà avvenire solo se si creeranno le condizioni per l’accesso alla politica da parte dei cittadini. E non a chiacchiere o fino a quando non si decide unilateralmente (e con atti violenti) senza rispetto alcuno dell’opinione degli aventi diritto.  La fine dei partiti deve essere buona consigliera per evitare la fine dei MoVimenti. Senza il rispetto delle istanze provenienti dalla società e una conseguente selezione e formazione della classe dirigente sulla base delle esperienze e delle capacità e non viceversa sul solo legame di appartenenza a cordate e a piccoli/grandi interessi, nulla di nuovo sarà sotto il sole. Avevamo bisogno di proteggere e coltivare la passione per la cosa pubblica (come mi era sembrato di intendere nei road show di Rousseau) quasi costruendo un piccolo kit di intervento formativo da affidare al cittadino che si proponeva come amministratore consapevole. Mi sembra che la scelta del gasdotto (sia pur deciso con sufficiente scaltrezza dal governo precedente) vada nella direzione opposta.

Ma come è sempre possibile ci possiamo sbagliare. Speriamo di avere vita sufficiente per ammettere di esserci sbagliati.

Questa volta firma Leo Rugens, leale supporter di Giuseppe Grillo da Genova dalla prima ora. Quello della prima ora.

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