Dito e luna. Ritorno al futuro

aquila USA

Da oggi vado in un semi letargo tecnologico. Evitate di preoccuparvi eccessivamente perché nessuno è ancora in grado di mettermi a “cuccia” o in gabbia, essendo, per ora, ancora un leone e non un cane. Prima di questi giorni “silenziati” tenevo a dirvi che più che al solito divario (spread) che sta lì anche per tirare le orecchie a questo vostro Paese senza guida ferma e visionaria (voglio molto bene al MoVimento ma non riesco a riconoscergli questa dimensione), guarderei al titolo che il Sole 24 è costretto questa mattina a fare su Wall Street e la fase in cui potrebbe essere entrata la Borsa americana. Direi anzi di guardare da quella parte per capire che lo tzunami potrebbe determinarsi nell’Atlantico e che l’onda lunga potrebbe arrivare fino da noi entrando da Gibilterra o, se fa un giro lungo, perfino dal Canale di Suez di cui da anni vi parlo. Fuori dagli scherzi e dalle metafore geografiche, tenete conto che sono l’unico (a quanto mi è noto) che sostiene che a New York “gatta ci cova” e che rimuovere che in giro per il mondo ci sono tonnellate di miliardi taroccati a copertura di quanto non non non è stato risolto dopo il tracollo finanziario di oltre dieci anni addietro, potrebbe essere un gravissimo errore. Se a questa fosca previsione aggiungete che non un solo nodo geopolitico, mandato a casa Obama, è stato nella sostanza risolto, capirete che il pianeta non solo non sarà mai più come quello che avete conosciuto ma vi potrebbe essere chiara la condizione in cui i popoli mediterranei potrebbero venirsi a trovare. Inoltre gli USA che non mi sembrano per niente “E pluribus, unum“, cioè “da molti, uno“, divisi come raramente sono stati dalla figura non unificante di Donald Trump. Rispetto alla CINA, appaiono, banalmente, una tigre di carta, perché “non hanno visione”.

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A Pechino sanno quel che fanno, nel bene e nel male, e il Dragone non si deve risvegliare perché si è già risvegliato ricordandosi che nei secoli scorsi (solo duecento anni addietro) il PIL del Mondo (scusate la semplificazione) nella percentuale del 25/30 % lo producevano loro. Un altro 15% l’India. Da quelle due parti del pianeta si lavora alacremente perché tutto questo torni ad equilibrare  l’asse terrestre. Si chiama ritorno al futuro e la tanto vituperata intelligence culturale statunitense (quella che Trump ha azzerato amando approcci più muscolari) in un capitoletto (Ritorno al Futuro, sono certo così si chiamasse) in un report intitolato “Global Trends 2025: a trasformed World“, sin dall’ottobre 2008, alla vigilia dell’elezione di Barak Obama, scriveva che “i centri dell’economia asiatica si stanno riprendendo la posizione che occupavano duecento anni fa, quando approssimativamente la Cina produceva il 30% e l’India il 15% della ricchezza mondiale. Questi due paesi – proseguiva il report per il Presidente di fresca nomina – probabilmente – (si scrive sempre così – ndr) entro il 2025 (che si avvicina a spron battuto – ndr) supereranno il PIL di tutte le altre economie tranne gli USA … Gli anni introno al 2025 saranno caratterizzati dalla “duplice identità” di questi giganti asiatici: potenti, ma con molti cinesi e indiani che si sentiranno relativamente ancora poveri rispetto agli occidentali”. “Relativamente” e “si sentiranno”. Direi che qualcosa potrebbe ulteriormente cambiare e sarebbe il vero nodo complesso dei prossimi anni perché, mi sembra (ma chi sono io per dire cose di questa complessità?) con grande rapidità il problema che chiamiamo della duplice identità si stia risolvendo.

Per non farmi sentire più povero dei più poveri indiani/cinesi cortesemente provate a mandarmi qualche euro fin che dura.

Oreste Grani/Leo Rugens

P.S. Lo volete un numero veramente significativo? Nel 2008 (ho scelto questa data volutamente) la Cina irrompe come peso massimo dell’economia dichiarando due trilioni (!!!!) di dollari di  riserve in valuta estera. Da quella data nessuno in realtà sa quanto questa massa incredibile di soldi si è messa in giro e dove sia realmente arrivata. Ritengo ovunque. Ritengo anche e non solo nel Mediterraneo. Direi di farci mente locale.

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