Maurizio Pascucci (M5S) è stato improvvido ma non è certamente un paramafioso
Nell’era digitale e della trasmissione istantanea delle “fotografie”, non tutte le immagini hanno lo stesso peso. Parafrasando un pensiero antico relativo alla morte, alcune foto hanno il peso di una piuma ed altre di un macigno. Perché questo avvenga, non è di facile comprensione. Certamente, ad esempio metaforico, in queste ore, la foto di Maurizio Pascucci (persona che ho conosciuto prima del suo impegno nella campagna elettorale per divenire sindaco nel comune più emblematico d’Italia per la lotta alla Mafia) ritratto, ritengo con il suo consenso vista la posa assunta, con un giovane di Corleone, a sua volta connotato da un cognome impegnativo (Provenzano) pesa come un macigno e lo ha condannato all’ostracismo da parte del vertice del M5S a cui, da anni, il Pascucci abbina, da militante stimato da molti, la sua attività politica. A premessa delle parole che oggi affido alla rete dedicate all’episodio corleonese tengo a ricordare che chi scrive può essere criticato, come chiunque, su molti aspetti controversi della sua vita passata e presente (la futura vedremo) ma, sono certo, non per essere un colluso con mafiosi o di essere tenero con chi decidesse di farlo.
Certamente non posso essere definito un mafioso così come non sono mai stato pedofilo; certamente non ho depositi bancari (ho un c/c alla Posta per ricevere, da qualche mese, la pensione che ho deciso di riscuotere dopo alcuni anni da quando ne avevo maturato il diritto), beni mobili o immobili, in Italia o all’Estero, a suo tempo comprati con attività illecite; non ho quadri di valore, collezioni di monete antiche, diamanti tanzaniani o meno. Chi mi conosce sa che potrei essere definito un povero che non fuma, non si droga e che, da quando è povero, non compra più libri: anche quelli aspetto che me li regalino. Perfino i vestiti che indosso mi sono stati donati da persone che, se mi leggono, ancora ringrazio. Solo le scarpe (per motivi di postura) e l’intimo, per motivi di igiene, mi sono comprato negli ultimi anni. Una eccezione l’ho fatta per il mio recente matrimonio per il quale ho scelto un vestito scuro Compibel, che ho pagato 99,00 euro. Così, altrettanto, a questa sobrietà e frugalità, è improntato lo stile di vita della mia sposa che, bella e non cambiata di un etto, indossava, il giorno del matrimonio, un abito di venti (ho scritto venti!) anni addietro che le aveva regalato la stilista Laura Biagiotti con cui collaborava. Affermazioni personali che possono sembrare fuori luogo per un post dedicato a Maurizio Pascucci ma sono troppo esperto (e questo dell’esperienza e della prudenza invece è un super patrimonio accumulato in oltre mezzo secolo nelle mie disponibilità) per esimermi dal farle per evitare a qualche cazzarone di turno di farmi incazzare troppo. Perché sto per scrivere una cosa di non facile lettura. Per cui la prudenza preventiva (sempre per evitare figure da cazzoni agli improvvidi di turno) è consigliabile. Dicevo che ci sono foto che pesano una piuma ed altre un macigno. Questi distinguo non sono per tutti.
Pascucci, ad esempio, entusiasticamente cittadino onorario di Corleone da oltre 14 anni dove per lo stile di vita ineccepibile, nel comune e fuori dal comune, era stimato da tutti i siciliani, i toscani, i romani e i corleonesi per bene (che tali hanno diritto ad essere) ha ritenuto di fare cosa giusta, anche contro gli stereotipi e i luoghi comuni, facendosi fotografare con un “Provenzano” dissidente dalla famiglia dei criminali. E a questo proposito tengo a dire che a me risulta che Salvatore Provenzano non solo è una persona che dire semplice-semplice (non me ne vogliano lui e i suoi amici) è un eufemismo ma è un Provenzano solo per cognome in quanto l’albero genealogico, correttamente interpretato, conferma Salvatore non aver alcun “legame di sangue (e mi scuso per l’uso dell’espressione che mi fa rabbrividire solo a scriverla evocandomi pregiudizi perfino di natura razziale quasi gli individui non avessero il diritto di essere se stessi e non figli di, mariti di, mogli di) con Bernardo Provenzano. Il ragazzo nella foto si chiama di cognome Provenzano e si è semplicemente sposato una parente della famiglia dei criminali. Questo per amore di verità. Questo non vuol dire che in un piccolo centro marchiato a fuoco dalle gesta di mafiosi, per decenni collusi con la politica partitocratica, Pascucci non sia stato un cazzone emerito: foto e gesti di riconciliazione con gli eventuali innocenti vessati dallo stereotipo, andavano fatti a elezione avvenuta o dalle fila dell’opposizione. Se si voleva abbattere luoghi comuni, come è sempre giusto fare, lo poteva fare con modalità opportune. Poteva chiedere consiglio, tanto per fare un esempio tra i tanti possibili, a mons. Giancarlo Bregantini che quando era arcivescovo di Locri-Gerace, attuò questa stessa scelta civile e umanitaria nella altrettanto difficile Locride, favorendo il recupero di figli e parenti (in quel caso lo erano realmente) di ‘ndranghetisti: mise su serre produttive che in molti in Italia ricorderanno fino a quando i mafiosi non le distrussero. E come esempi ineccepibili di questo tipo (battere gli stereotipi come primo passo per la liberazione di un territorio) ne posso fare decine.
La foto di Pascucci cazzone (non me ne voglia ma lo è stato) ha pesato una montagna, ma non mi sento di non pormi il problema di perché, nella stessa realtà politica, ci sia in essere una tale disparità di trattamento con le foto, tanto per fare un esempio tra i tanti possibili, comparse sul Il Fatto Quotidiano che ritraggono, sorridente, assiso in piena consapevolezza, un ministro della Repubblica (Paolo Savona), figura di peso determinante per questo Governo, anche a guida Cinque stelle, ad omaggiare (di questo si è trattato) il cattomassone più potente (ad oggi), d’Italia, Giancarlo Elia Valori.
Per evitar perdite di tempo sono io che ribadisco fino all’ultima riga di questo post che Maurizio Pascucci è stato un cazzone e la sua foto era opportuno che pesasse una montagna. Cazzoni ma lo ripeto non non non un colluso in cerca di voto di scambio.
Anche quelle istantanee di Paolo Savona con i nemici accertati del popolo italiano (e non solo penso agli italiani ma agli argentini, ai rumeni, ai coreani) dovrebbero essere pesate con pari severità. E così frequentazioni inopportune se dovessero affiorare nei più diversi campi della socialità. Due pesi e due misure mi insospettiscono sempre e ora che mi sono insospettito (anche per ultratempestive dichiarazioni nel merito di compagni di partito di Pascucci che rimarrà sempre uno sprovveduto ma, sturatevi le orecchie e stropicciatevi gli occhi, non certo un mafioso o un colluso con mafiosi) ho intenzione di approfondire questa storia, e lo dico a poche ore dallo “scandalo”, che potrebbe divenire emblematica molto più di quanto può essere sembrato a chi di piume e di montagne potrebbe, alla fine, rivelarsi non intendersene. Piume e montagne appartengono, a volte, al mondo dell’etica ma in altri casi a motivi che potrebbero cominciare ad essere opportunamente definiti, oscuri. Questo post, infine (e mi andava di dirlo), si lega ad un altro che scriverò a seguire e che riguarda Ismaele La Vardera e le sue “immagini in movimento”. Non un frame come l’improvvida, cazzona, autolesionistica foto di Pascucci in un bar di Corleone.
Oreste Grani/Leo Rugens che di doppio-giochisti collusi con la mafia e di esponenti cattomassonici a loro volta puntello della dittatura partitocratica, ne ha conosciuti a bizzeffe ma (e me ne assumo la responsabilità), non avevano mai mai mai le fattezze e il modus operandi di Maurizio Pascucci. Che rimarrà un cazzone (non se ne abbia a male se reitero l’offesa) ma non un paramafioso. Vedremo invece, segugi come dicono che siamo, se intorno a questa vicenda, altri hanno agito, con raffinata mentalità e opportunismo. Queste certamente, insieme alla violenza sanguinaria, caratteristiche peculiari dell’intelligenza (mi dispiace scriverlo)mafiosa. Per questo non si devono ascoltare sirene (tappi di cera e lacci salvarono Ulisse e non Pascucci) che suggeriscono inopportunamente di farsi foto da postare su Facebook, trappola maledetta per i troppo buoni.
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Se maurizio Pascucci è un “Cazzone”, io sono un “Cazzone” al cubo ( e non per dimensione), per coglioneria, causata dalla necessità di “capire”.
Tra l’ altro, Tale Avvocato Chindamo Domenico, di Laureana di Borrello (RC), consulente dei Flli Gitto/Nigeria, “Ufficiali di Collegamento” dei Provenzano che ordinano a G. Volpi di Introdurli in Nigeria; è l’ Avvocato che mi costituisce una società a responsabilità limitata per il trading di riso ed alla prima operazione vengo arrestato dalla DDA di RC…
Se Pascucci è un cazzone, come potrei definirmi io? Cazzone, boccalone, coglione e pollo etc etc.
Questa manfrina per evidenziare il fatto che “I metodi sono Sempre gli stessi ” ed utilizzati, a necessità”… Si adattano, più o meno pesantemente, dove occorre. Un pò come quando usi gli ingredienti in cucina…
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