Un ricordo particolare di Ennio Fantastichini

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Come spesso mi accade invento di sana pianta cose che sostengo di aver fatto. Sono talmente cose uniche e senza senso (se fossero accadute) che potete saltare a piedi pari anche questo post e non farete un soldo di danno.

Ormai mi conoscete: mi invento cose per non guardarmi indietro e, non trovando nulla che abbia un senso aver vissuto, do sfogo alla fantasia. In quei momenti mi dico, provato, che non ho fatto nulla che abbia un senso di essere ricordato. Altre volte, sia pur col trucco dell’invenzione, mi allevio l’imbarazzo e mi “ricordo” di qualcosa.

La morte di Ennio Fantastichini, finito a soli 63 anni, mi obbliga a ricordare (che fantasia!) di averlo sorpreso, un giorno lontano, offrendogli di recitare, a porte chiuse, nella Basilica di San Pietro, riservata anche per lui e la sua arte (diedi un’offerta all’Amministrazione della Fabbrica di S. Pietro di 5.000 euro) per un evento da me ideato e realizzato (scelsi testo, musicisti e strumenti per l’esecuzione dell’accompagnamento della recita) e di cui lui fu il “fantastico” protagonista: lesse magistralmente un brano dell’Apocalisse.

Nei giorni che precedettero l’evento e nei momenti successivi mi disse che mai poteva immaginare un tale onore esclusivo. Ho postato un episodio vero, falso, autentico? O vero per in alcuni aspetti e falso in altri particolari?

Spero di ritrovare negli archivi tracce di quanto avvenuto “dentro” la Basilica (per quanto accaduto fuori ho già pubblicato, a Fantastichini vivo che poteva smentirmi, il 28 luglio 2013 un post PRIMA DI COPACABANA, GIÀ NEL 2003, A ROMA IN VIA DELLA CONCILIAZIONE “LA MUSICA SI FECE PROFEZIA) non per me ma per concorrere a ricordare l’attore e il raffinato interprete. Certamente lo merita.

In quei giorni ci siamo dati sempre del lei ma oggi passo al tu e lo saluto: ciao Ennio.

Oreste Grani/Leo Rugens  che mai si permetterebbe di raccontare un episodio non vero relativo ad un morto. Tanto è vero che mi sono tolto il lusso di accennarlo con lui vivo. È un metodo e nulla più.

P.S.

Il 10 marzo 2015 reiterai il racconto di quell’episodio che mi ricordava l’incontro con Fantastichini. E lui era ancora vivo. Mi strugge oggi pensarlo morto, chiuso nella bara, senza la parola che tanto bene sapeva usare.


LA MUSICA PUÒ FARSI PROFEZIA SOLO AD ALCUNE CONDIZIONI SENZA LE QUALI È “DISORDINE”

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Questa notte, per uno di quei miracoli che solo la rete sa compiere e che, almeno nel mio caso, scaldano il cuore, “qualcuno”, digitando “qualcosa” (non sono riuscito a ricostruire “cosa”), ha portato in evidenza il post del 28/7/2013 intitolato “Prima di Copacabana, già nel 2003, a Roma, in via della Conciliazione, La Musica si fece profezia”. Così facendo, grazie ai fili infinitesimali che collegano nel tessuto connettivo elettronico memorie fra loro interconnesse e associabili solo dalla “sensibilità” e dalla “intelligenza” dei motori di ricerca a volte Google, altre Yahoo, altre ancora Bing, sono comparse immagini e parole che io stesso cominciavo a dimenticare di aver postato. Questo anonimo lettore (che ringrazio), ha evocato – in una delle mie tante notti insonni – parole, immagini e addirittura suoni che per nessun motivo andavano dimenticati. Suoni, cioè musica, perché l’episodio (autentico) a cui mi riferivo nel post fu soprattutto caratterizzato dalla musica. Le parole di Ennio Fantastichini pronunciate dentro San Pietro (per l’occasione mistica appositamente riservata e fatta chiudere al pubblico) furono – ad esempio – accompagnate dal suono di un rarissimo strumento musicale africano di cui sono dispiaciuto di non ricordare il nome e soprattutto quello del “cultore” di tale strumento che lo suonò. Addirittura – mi sembra di ricordare –  il padre dell’artista era uno degli ultimi costruttori di tale “strumento” a corde. L’età si fa sentire e a fare danni. Sono riuscito però a risalire al “materiale didattico” (vi ho detto che ho selezionato io stesso molti degli spunti “formativi e addestrativi” previsti durante il corso per operatori di intelligence che sto preparando) che mi ispirò in quella occasione dandomi il coraggio di ipotizzare (e realizzare) una tale atipica anticipatrice performance “teatrale”.

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Per chi ogni tanto – nella rete – si chiede (o mi chiede)  chi io sia (o sia stato), consiglio di tenere a mente l’episodio che evoco in questo post: Pax scritta sul pavimento antistante l’ingresso di San Pietro con dei lumini comprati da me stesso alla Cereria di Giorgio; discoteca all’aperto in via della Conciliazione con colonna musicale prodotta elettronicamente ed eseguita in sincrono da delle fontane luminose (montate su un tir) fatte venire appositamente da Forlì dove risiedeva l’unico artigiano che, all’epoca, le realizzava; la recita di brani dell’Apocalisse splendidamente eseguiti da Ennio Fantastichini; casti passi di danza accennati da un artista donna dentro la Basilica con migliaia di giovani “seduti a terra” come spettatori estasiati. Non so chi io sia (lo so, ma oggi preferisco esprimermi così) ma ricordo con certezza di aver fatto le cose che dico di aver fatto. E come spesso faccio, “caccio le carte” a prova di quanto, affermo. Se avete pazienza e occhio guardate le foto che pubblico. Sono solo relative al “fuori” perché quelle “dentro” sono sepolte in una memoria elettronica che in queste ore non ho a disposizione. Spero di rintracciarle e, per pura e semplice vanità, le pubblicherò. A un tipo bistrattato (un giorno entro nei dettagli di questa affermazione) da troppi che ancora ritengono di poter infierire gratuitamente su di lui e le persone a lui care, lasciategli almeno lo sfogo dei ricordi e del poter dire quello che ha saputo fare di “atipico” e di “anticipatorio”.

La musica fu l’elemento portante di quanto in quei giorni (felici) alcuni fecero in modo che avvenisse. Eravamo spinti (che gruppo, che squadra!) ad agire supportati dalle direttrici strategiche contenute in questa espressione concettuale che ho rintracciato fra i materiali didattici di cui ho fatto precedentemente cenno: “Il fenomeno della Musica ci è dato al solo scopo di stabilire un ordine nelle cose, ivi compreso, e soprattutto, tra l’uomo e il tempo. Per essere realizzato esso esige pertanto necessariamente e unicamente una costruzione. Fatta la costruzione e raggiunto l’ordine, tutto e detto”. Così si esprimeva Stravinsky nelle “Cronache della mia vita” pubblicate nel 1935.

“Vivere quest’ordine è l’essenza stessa della vita”, mi sembra abbia aggiunto, Pierre Boulez, matematico prima che virtuoso della musica, alcuni anni dopo.

Nel 2003 pensai che senza la “musica” e il suo inseparabile amico l”ordine”, quelle migliaia di giovani amici che, per alcuni giorni, “mi venivano affidati”, avrebbero perso “tempo” (se non “il tempo”), se non fossero stati accompagnati, nelle loro riflessioni, a “suon di musica”. Così, in via della Conciliazione, la Musica “si fece profezia” di quanto – dieci anni dopo – fu messo in atto, per volontà di Papa Francesco, a Copacabana, nel complesso ed emblematico crogiolo brasiliano.

Oreste Grani/Leo Rugens


PRIMA DI COPACABANA, GIÀ NEL 2003, A ROMA IN VIA DELLA CONCILIAZIONE “LA MUSICA SI FECE PROFEZIA”

“Io pongo il mio arco nelle nubi e servirà di segno del patto tra me e la terra. Quando accomunerò le nubi sopra la terra e si vedrà l’arcobaleno nelle nubi, allora mi ricorderò del patto tra me e voi”.

Per noi di Leo Rugens che abbiamo sempre auspicato che a guidare la Chiesa di Roma fosse chiamata una personalità quale quella che si conferma essere Papa Francesco, non è una sorpresa quanto è accaduto, durante le Giornate Mondiali della Gioventù, in Brasile.

Prendiamo atto che le cose, finalmente, si stanno mettendo proprio come era necessario che avvenisse. Ne siamo lieti e confortati. 

Papa Francesco pronuncia parole sagge e ferme sull’utopia e sulla leadership politica e morale delle classi dirigenti. Sono parole che riconosciamo per averne scritto e divulgato, in tempi non sospetti. I nostri pensieri, raramente, sono stati accolti. Mille volte ci siamo sentiti dire: “Avete ragione ma questa è utopia”. Ora siamo meno soli. 

 

Aggiungo, come spesso faccio, un particolare autobiografico. Dieci anni addietro, era il 2003, in un luogo (via della Conciliazione in Roma) ancora più inusuale delle spiagge brasiliane, ho ideato e realizzato, in accordo con lo Stato Vaticano, una serata indimenticabile di luci, musiche e danze praticate da centinaia di giovani dell’Azione Cattolica in cui, anche monsignori ed esponenti della gerarchia ecclesiale, senza malizia, in modo fresco e anticipatore dei tempi finalmente arrivati, trasformarono la strada antistante piazza San Pietro, in una discoteca all’aperto. L’acqua, salvifica e vitale, fu protagonista dell’evento con fontane e luci elettroniche riproducenti i colori dell’arcobaleno, suggello dell’alleanza tra Dio e gli uomini. La colonna sonora di quelle ore liete, si allontanò dalle tradizionali musiche sacre fino ad arrivare a rendere possibile l’esecuzione in strada della “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner. Nessuno ebbe a che ridire. 

Tutto avvenne dopo una indimenticabile rappresentazione e lettura di testi antichi dentro la Basilica di San Pietro ad opera di uno splendido interprete quale fu Ennio Fantastichini. A porte chiuse, con i giovani anche seduti per terra nella Sacra Basilica. Tutto senza malizia alcuna, in allegria e con la parola Pax lasciata scritta da mille fiaccole sul sagrato di San Pietro.

Poi, per motivi che oggi non voglio ricordare, tutto questo e ben altro di eccellente dal punto di vista culturale e civile, cessò. Con Papa Francesco è tornato il tempo della fede, della cultura, del dialogo.

Oreste Grani