Cogito ergo sum. O viceversa

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Giustamente il vecchio padre si pre-occupa.

Cosa il Leone Ruggente pensi di Giuseppe Grillo da Genova, del M5S e della transizione geopolitica a cui assistiamo in Italia e nel Mediterraneo, è scritto, in modo chiaro e di facile consultazione, in milioni di parole pensate a lasciate in modo leale e trasparente nel web. A volte si è trattato di parole pre-pensate e ragionamenti fatti prima ancora della comparsa stessa del Movimento e poi immessi nella rete a blog nato e a M5S adulto. Mi ci sono trovato bene, per anni, con cosa accadeva dentro e fuori il MoVimento perché evidentemente qualcuno pensava. Non sempre – ovviamente – ero d’accordo con il frutto di quei pensieri (ad esempio, a Roma, quella sera di Rodotà-Rodotà, sarei arrivato) ma mi sentivo estremamente rassicurato dal fatto che la testa politica e culturale del MoVimento ragionava. Ora il grande nuotatore consapevole (perché questo, tra l’altro, l’uomo di teatro è stato), primo attivista-motore del Movimento (perché anche questo è stato senza paragone possibile con nessuno) Beppe Grillo, prova a scuotere dall’apatia celebrale il “suo popolo” in evidente crisi elaborativa e di pre-visione.

Non voglio rimanere indifferente al dolore di questo padre, maschera tragica di androide teatrante (lo chiamerò, sin da ora, Adamo II° sperando un giorno di poter spiegare questa scelta anagrafica) e metto in rete un contributo che, senza avere alcuna pretesa risolutiva, non faccia però apparire questo marginale e ininfluente blog arruolato tra gli indifferenti. Mi metto nei guai ancor più di come già sono con alcuni esponenti di non secondo piano del M5S perché, con oggi, lascio scritto che non solo Grillo ha ragione, ma stando così le cose come le riassume, l’ora per la Repubblica è gravissima. 

Erastus_Salisbury_Field_-_Historical_Monument_of_the_American_Republic

Un intervento quello del fondatore, per anni guida sicura del MoVimento, pregno di nostalgia di futuro. Quasi fosse un Erastus Salisbury Field ogni intervento, ogni gesto, ogni allusione metaforica di Grillo sono stati indirizzati, negli anni, ai suoi compatrioti (i troppi grillini immemori e neoapatici di oggi) avendo onesta ed autoironica consapevolezza di non essere un architetto professionista (lui che era amico di Renzo Piano poteva mai sentirsi compiuto come architetto?) e come tale responsabile di una costruzione inesatta in più di un particolare ma, viceversa, forte di aver scelto ogni bassorilievo, ogni statua, ogni muro perché parlasse al cittadino italiano (così cominciò a chiamarvi per rispetto e sprone) della sua storia spesso imbarazzante (quanti lavori a teatro avevano raccontato questo passato osceno per corruzione e pavidità?) ma così facendo evocando una speranza. Quella speranza alla fine raccolta e fatta propria da oltre 11 milioni di aventi diritto al voto. Grillo e il MoVimento non erano stati pensati per essere la barca del traghettare infernale (come potrebbe oggi sembrare) ma una nave capace di approdare alla città felice, ultima utopia in un’era di mediocri sonnolenti senza sogno. Il MoVimento e le sue vele erano state immaginate (così voglio continuare a pensarlo) come flotta, colorata e variegata, certamente carica di audaci, pronta a sconfiggere, armata di una visone neoumanistica, l’irrazionale distruttività dell’uomo che quando prende forma il Movimento, anche in Italia, sembrava prevalere.

Erastus_Salisbury_Field_-_The_Garden_of_Eden

Grillo ha fondato un gruppo che era riuscito, per una stagione che non deve essere lasciata finire, a smentire il luogo comune che fa ritenere l’uomo impossibilitato ad esprimere ciò che ha di fronte, ciò che manca ancora se non con una redistribuzione del suo passato. Per un attimo si è creduto che donne e uomini senza passato e senza studio consapevole  del tempo trascorso fossero in grado di risolvere il tema irrisolto dell’oscillare tra conservatorismo e utopia. Il padre lancia un appello e io, figlio a lui ignoto, non voglio rimanere indifferente. Mi sembra che dietro la maschera, evocando, da uomo di teatro, Godot, Grillo denunci, anche autocritico, una mancanza diffusa nel Movimento di strumenti adeguati alla complessità a suo tempo ben intravista e prevista, che potrebbero lasciare il Paese, esposto ed oscillante, tra un’ipotesi reazionaria o una altrettanto violenta, scelta rivoluzionaria.

A Grillo (come ho fatto in questi giorni con altri amici e collaboratori cari) dedico un testo scelto tra i tanti possibili che in una lunghissima vita di studio e ricerca l’analista di sistemi Cesare Marchetti ha scritto nel lontanissimo/vicinissimo settembre 1991. Nel secolo scorso quindi, alla vigilia della vera scesa in campo di Grillo, attore e politico, avvenuta, a mia modestissima opinione, sabato 18 febbraio 1992 (pochi mesi dopo il ragionamento di Marchetti che affido oggi alla rete) e a poche ore dall’arresto di Mario Chiesa avvenuto venerdì 17. Quello. Leggete, ora che le ore si fanno difficili, Cesare Marchetti e i suoi consigli impliciti sulla pre-visione. Male non può fare.

Ora si tratta di saper capire come, usando spregiudicatamente la Macchina del Tempo, si possa non lasciare solo dietro quella maschera tragica indossata ieri, l’eroico fondatore del Movimento a Cinque Stelle.

Oreste Grani/Leo Rugens pronto anche, sia pur fuori stagione, ad andarsi a prendere un gelato a Boccadasse.

LA PRE VISIONE

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Da sempre l’uomo ha cercato di guardare nel futuro. Maghi, indovini, sciamani, profeti, futurologi hanno sempre trovato una nicchia professionale in cui prosperare. D’altra parte, la pietra di paragone di ogni teoria scientifica è la sua capacità di previsione. Questa penetrazione nel futuro non è peculiare dell’uomo. Una creatura vivente si sviluppa in vista di funzioni che espliciterà nel futuro: un’ala contiene una sofisticatissima «previsione» delle proprietà dinamiche dell’aria in cui dovrà sostenersi. Aristotele ne era così affascinato che inventò una parola per questo, entelècheia, la causa finale.

Einstein non avrebbe visto di buon occhio una causa che opera a ritroso nel tempo, ma Mendel e Crick, con le loro teorie genetiche, trovarono il giusto compromesso. Il DNA contiene implicitamente un modello del mondo esterno che riaggiusta continuamente, attraverso una selezione a posteriori di mutazioni che possono essere viste come interrogativi posti al mondo esterno. La conoscenza delle proprietà dell’aria è stata dunque empiricamente acquisita nel passato, conservata nel DNA e continuamente aggiornata attraverso la sperimentazione che risulta dal processo di mutazione – selezione.

Il tutto presuppone che il mondo esterno abbia delle regole e che queste non cambino troppo alla svelta. La scienza opera esattamente nello stesso modo. Il mondo esterno viene interrogato attraverso la misura e l’esperimento, ma in questo caso al posto del DNA ci sono i libri e i cervelli dei ricercatori. La scelta finale è fatta sulla base della capacità di predizione. La teoria che non predice viene scartata, come l’ala che non vola.

Nel regno animale lo scopo fondamentale del sistema nervoso è la previsione. Un leone all’attacco deve predire complesse traiettorie e coordinare migliaia di muscoli per raggiungere nel futuro l’entelécheia di un buon pasto.

Su scala più ampia, gli orangutàng hanno delle mappe mentali che permettono loro di prevedere quando e dove i frutti dei vari alberi della foresta matureranno. Il cacciatore, d’altronde, finché lavora intuitivamente è parte integrante del regno animale, e risolve    implicitamente complesse equazioni dinamiche per colpire con la sua freccia un cervo in fuga.

Tutte queste forme di previsione ipotizzano l’esistenza di invarianti di qualche genere, che per semplicità chiameremo leggi. Ancora più in generale, direi che il sistema deve essere auto-consistente. Il problema è stato trattato con grande profondità nel caso di sistemi che rientrano nell’ambito della fisica, e i limiti intrinseci della previsione sono un soggetto oggi molto dibattuto.

Il punto è che per sistemi apparentemente semplici, come ad esempio il sistema solare, una caoticità soggiacente tende ad amplificare gli errori di misura del sistema iniziale e quindi a ridurre progressivamente la precisione delle previsioni. Sia ben chiaro che molta parte della discussione è sui principi: un’eclissi di luna si può prevedere a distanza di vent’anni con la precisione di un secondo, alla faccia del caos.

Il problema della prevedibilità all’interno di sistemi sociali, d’altra parte, è oberato da pregiudizi di antica data, secondo i quali togliere vento alle vele del libero arbitrio porta offesa all’uomo e all’umanità in generale.

Durante gli ultimi quindici anni, nel mio istituto di analisi dei sistemi a Vienna abbiamo molto lavorato a tagliar rami e rametti all’albero del libero arbitrio, mostrando che i meccanismi sociali ne restringono fortemente l’ampiezza, fino al punto di rendere molte cose prevedibili con notevole precisione. Non tutto naturalmente, come per le fattucchiere e gli indovini, ma molte cose.

Anzi, dirò di più, essendo i sistemi sociali governati da meccanismi di autoregolazione come quelli biologici, essi seguono il loro programma a dispetto delle perturbazioni esterne. In un certo senso sono capaci di «espellere» il caos e dunque, dal punto di vista filosofico, sono più prevedibili di quelli fisici. I concetti portanti sono di grande semplicità e profondità storica. Come diceva Eraclito, la competizione (polémos) è il fattore creativo (patér) e regolativo (basileús). Darwin ricompose quest’idea in modo più astratto ed oggettivo, introducendo i concetti di mutazione e selezione. Una volta validata dal processo di selezione, la mutazione, la novità, parte all’attacco e si diffonde nel sistema, sostituendo, se è il caso, le vecchie strutture. Il matematico pisano Volterra, verso la fine degli anni Venti, dette una descrizione matematica di questa competizione a livello di specie che interagiscono in un ecosistema.

Cominciai ad usare questi concetti nel 1974, per cercare di risolvere un rompicapo gordiano: trovare una logica secolare all’interno della dinamica dei mercati energetici. La soluzione fu trovata introducendo un concetto naturale per un fisico, ma molto arrogante per un economista: quello che la gente pensa e dice non ha importanza, importa quello che fa. In altre parole, l’osservabile della fisica è in questo caso l’azione.

Per arrivare all’immenso successo di oggi la fisica è dovuta passare varie volte nella sua storia attraverso questi bagni purificatori, per liberarsi delle fantasie interpretative. Queste fantasie pervadono ancora la mente degli economisti e anche i miei fedeli di tanto in tanto mi rimproverano l’obiettivazione del soggetto. I risultati sono però straordinari e questo, darwinianamente parlando, è una riprova che l’idea è «giusta». Venendo al sodo, sono stati modellizzati circa tremila casi all’interno del sistema sociale, nelle situazioni più diverse: dai mercati energetici alla costruzione di cattedrali gotiche alle imprese delle Brigate Rosse. Ne è emerso che dei Paradigmi d’Azione vengono creati e selezionati da qualche parte, e  si diffondono quindi all’interno della società, determinandone le azioni. Sono queste ultime il nostro osservabile, e la loro struttura matematica nel tempo è esattamente uguale a quella di un’epidemia. Si può dunque supporre che i Paradigmi d’Azione si diffondano epidemicamente.

Questa diffusione non avviene, come si potrebbe supporre, attraverso i media. I Paradigmi d’Azione non sono notizie ma suggerimenti ed esempi di comportamento, regolati da meccanismi sociali. In particolare, la diffusione avviene attraverso catene di contatti personali amichevoli, così che a un’idea viene anche attaccato un cartellino di valore etico. La velocità di diffusione è regolata dalla frequenza e dal peso di questi contatti e dunque sostanzialmente disaccoppiata dall’esplodere dei media e della loro velocità di trasmissione.

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La stabilità dei processi diffusivi dei Paradigmi d’Azione ha per noi una conseguenza importantissima: l’evoluzione del sistema è stabile nel tempo, dunque prevedibile. I tremila casi citati e quelli che continuamente aggiungiamo ce ne danno una controprova empiricamente esauriente. Questi sistemi hanno le loro traiettorie evolutive e, come per la traiettoria di un proiettile,

misurandone uno spezzone in modo da impostare le equazioni si può calcolare la traiettoria futura, nonché quella passata. In effetti, poiché il futuro arriva lentamente, molti dei nostri esercizi e verifiche sono fatti «prevedendo» spezzoni di passato remoto a partire da spezzoni di passato prossimo, o viceversa.

Naturalmente non raggiungiamo il livello di precisione che si ha nel prevedere un’eclissi di luna a distanza di vent’anni con un margine di errore di un secondo, ma molte di queste previsioni sono degne di nota se viste nel quadro delle opinioni correnti. Ad esempio, usando come base-dati (lo spezzone di traiettoria) il periodo 1900-1920, la quota di mercato energetico mondiale che il petrolio avrebbe avuto nel 1970, cinquant’anni dopo, è ricostruibile con un margine d’errore del 2 per cento.

L’esempio è particolarmente interessante perché la base-dati comprende la prima guerra mondiale, che ha certo introdotto delle perturbazioni nei valori dei dati, e il 1970 implica una previsione attraverso un avvenimento dirompente come la seconda guerra mondiale.

In effetti un risultato inatteso delle nostre esplorazioni è che i sistemi sociali reagiscono attivamente alle perturbazioni esterne e finiscono sempre per rientrare nelle orbite che la diffusione dei Paradigmi d’Azione crea nelle menti degli uomini. È dunque una immagine mentale dalla dinamica stabile che regge la costanza delle azioni, cioè dei fatti.

Così lo shock petrolifero, ad esempio, ha avuto un effetto zero (inferiore all’1 per cento) sul volume del traffico aereo mondiale (passaggi/Km), malgrado l’incidenza del costo del combustibile nell’economia del trasporto. Ma si risparmiò su tutto (specie sui salari) pur di compensarne l’effetto. Ritornando all’energia, la previsione di una progressiva dominazione del metano negli approvvigionamenti energetici mondiali durante i successivi cinquant’anni era stata da noi identificata attraverso le equazioni del mercato energetico già nel 1975. L’argomento sollevato contro questa previsione è stato per molti anni la relativa scarsezza delle fonti. Ma un po’ di ricerca geologica ha rimosso l’ostacolo ed ora non si fa che osannare la nuova fonte pulita. Le equazioni contenevano implicitamente il messaggio già cinquant’anni prima.

La prevedibilità che questi meccanismi comportano è di grande importanza filosofica, perché mette d’accordo senza spargimento di sangue il determinismo che qua e là traspare e che le equazioni evidenziano, con l’idea che siamo liberi di scegliere e dunque con l’impero del libero arbitrio.

È vero che siamo liberi di scegliere ma non siamo poi capaci di resistere ai Paradigmi d’Azione che il sistema subdolamente ci propone attraverso i nostri amici fidati. Se il sistema dice scarpe a punta, chi oserà infilarsi quelle a piede di papera? Pochi reietti che non fanno statistica. Lo studio di un così gran numero di casi ha anche rivelato molti segreti della tassonomia del sistema. Ad esempio, che la sua struttura è frattale, nel senso che la stessa matematica descrive strutture a diversi livelli gerarchici. O che tutto il sistema è animato da una pulsazione di circa 55 anni che lo modula da cima a fondo, dalla produzione d’acciaio al tasso di omicidi.

È consolante vedere che attraverso la libera scelta di obbedire agli imperativi categorici del sistema, una volta che questi riescano a diffondersi attraverso le reti fiduciarie della società, si ottiene una splendida e stabilissima gestione, una vera manna per l’analista di sistemi che ne ha decodificato i meccanismi e li usa per fare delle previsioni.

Per chi abbia superato i pregiudizi e i timori, queste tecniche riducono fortemente le probabilità di errori decisionali, indicando con chiarezza dove le traiettorie del sistema siano indirizzate.

Cesare Marchetti

Analista di sistemi già all’International Institute for Applaied Sistems Analysis  di Laxenburg (Austria)


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