Il provvidenziale airobot (drone) autoapprendente di Londra-Gatwick

IL PROFETA EZECHIELE E GLI AIR ROBOT

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Lo chiamerò “air robot” e non “drone”. Chiamo air robot quelle macchine volanti, senza pilota (piccole, piccolissime  o grandi che siano) che mi incuriosiscono e che mi piacerebbe veder prodotte e diffuse in tutte le realtà di “mercato” che proverò ad elencare di seguito. Macchine volanti senza pilota non solo, quindi, per andare a scovare nemici e ucciderli. Il profeta biblico Ezechiele, da alcuni anni residente in Babilonia (siano intorno al 580 a.C.), ebreo deportato ma semi libero, durante una sua “incursione” nel deserto (e nel futuro) dove si recava a meditare e a “farsi profeta”, un giorno vive un’avventura straordinaria: “Un carro celeste” si posa in terra davanti ai suoi occhi e possedeva anche delle ruote che avevano l’aspetto del turchese, erano tutte quattro uguali e si presentavano come se fossero una all’interno dell’altra; esse potevano muoversi in tutte le direzioni e, nel muoversi, non si giravano”.

Joseph F. Blumrich

Sotto la suggestione di questo frammento biblico, nel 1972, Joseph F. Blumrich, all’epoca ingegnere presso la NASA, tra i padri del modulo di atterraggio lunare LEM, pubblicò quella che riteneva essere la ricostruzione del “carro celeste” visto da Ezechiele. Si trattava di una macchina caratterizzata da quattro rotori e da un corpo centrale, sulla cui sommità doveva trovare posto la cabina di comando con il relativo equipaggio. Coprì di brevetto la sua riproposizione di carro celeste. Da quel momento non si ferma più la corsa intelligente alla invenzione di mini macchine volanti guidate dal remoto, auto apprendenti e oggi capaci del controllo del traffico stradale a largo raggio o di ispezione d’insediamenti industriali di rilevante importanza strategica, dotati di lunghe estensioni difficilmente controllabili, ove protette da sistemi antintrusione, per la verifica immediata di allarmi insorti in determinate zone; verifica ravvicinata in caso di valanghe della presenza di persone sepolte, grazie ai gps personali da sciatore e alla funzione termografica delle telecamere di cui il robot volante è dotato; tutti i casi in cui non si vuole esporre un operatore agli effetti legati ad un’attività di ispezione; rilevamento e ricostruzioni della dinamica di complessi incidenti stradali in particolare di quelli cosiddetti a “catena”; pericolo di smottamenti o valanghe in zone alpine dove il fragore e le vibrazioni di un elicottero potrebbero provocare gli effetti indesiderati; controllo, in caso di esondazioni (cioè, spessissimo, nella nostra bella Italia) dell’aumento o calo delle acque e ricerca di persone disperse grazie alla possibilità di avvicinarsi alle abitazioni; indagini di polizia giudiziaria, in esterni, particolarmente complesse per la ricostruzione della “scena del delitto”.

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E via così, a briglia sciolta e con un pizzico di creatività imprenditoriale. Un grande settore in possibile ulteriore ed intelligente sviluppo. Considerazione finale “rubata”, come altre informazioni contenute nel post, a fin di bene, a Luigi Brambilla specialista  nella materia “tecnologia e sicurezza”: inutile vedere nell’Air Robot un concorrente dell’elicottero. I principi concettuali d’impostazione divergono ab origine. L’elicottero è leonardesco e l’altro, passatemi la semplificazione, è figlio, come detto, della visione  profetica di Ezechiele. Comunque, entrambi, personaggi che sapevano “vedere lungo”.

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Oreste Grani/Leo Rugens



In questo post oggi ripubblicato ho trattato in modo volutamente datato (2 ottobre 2015) il tema dei droni. L’ho fatto mentre, viceversa, da alcuni anni avevo avviato, nelle sedi che ho ritenuto utili e sufficienti, attività di studio sul tema. Sia dal punto di vista dell’innovazione tecnologica che ho favorito con tutti i mezzi a mia disposizione che per l’impatto sui valori che il consolidarsi e il diffondersi di tali tecnologie avrebbe comportato nel mondo della sicurezza, già tanto variegato e sottoposto a continui stress per l’esponenziale effetto traumatico della sfida/soluzione-sfida/soluzione che lo connotano. Ma lo studio/sviluppo del tema “droni”, come si vede in queste ore di allarme, si porta dietro complessità di natura “complessa” (se fosse lecito in italiano così esprimersi). Il drone (o i droni?) che ha operato a Londra-Gatwick non è stato intercettato in quanto, a mio modestissimo giudizio, basandomi solo ciò che le fonti aperte consentono, è molto intelligente. Intendendo che non aveva legame elettronico alcuno con nulla a terra. Nulla che lo riconducesse a qualcosa o qualcuno, prima, durante, dopo l’incursione ricognizione. E mi scuso con i veri specialisti per come mi esprimo. In aria, ma poteva essere ugualmente avviato in mare (e in immersione come la nostra Lighea) con altrettanto imbarazzo per chi gli avesse dato, per i più diversi motivi, la “caccia”. Quando dico che quel drone quando dovesse, alla fine, essere individuato/trovato risulterà molto intelligente, in realtà avrei dovuto dire banalmente autoapprendente. Il “ragazzo-automa” (chiamo così affettuosamente e in ammirazione gli androidi che si delineano all’orizzonte) che ha causato questo trambusto, è platealmente “in addestramento” (riuscito) e ritengo disponga già di una intelligenza pre pensata che lo rende autonomo e lo fa immaginare nella sua forma adulta di dimensione e natura non facilmente valutabile oggi. Ma non da me che, viceversa, ho visto come questi robot abbiano meccanismi mentali straordinari.   

Il 5 maggio 2017 (oltre un anno e mezzo addietro!!) la struttura che ancora dirigo e che  Alberto Massari (quello), presiede (Hut8 Progettare l’Invisibile), come ho solo accennato in un altro post (capite cosa ne faccio di questo marginale ininfluente blog?) ha presentato (era anche accompagnato da valenti collaboratori che ancora frequento) al sottosegretario alla Difesa dell’epoca On. Domenico Rossi, i primi esempi (mostrammo test tutti riusciti) di questo tipo di intelligenza artificiale che ormai “guida” con gradi progressivi di consapevolezza e di autonomia questi robot. E a bassissimo costo realizzativo. E questo forse è il motivo di quanto leggete a seguire.


GIUSEPPE SAVIO E L’ARTE DELLA PASTURAZIONE NELL’INTELLIGENCE COLLETTIVA

Rogo Castel Fusano: impiegati 3 elicotteri e un Canadair

Pasturare è un arte; nella pesca e non solo.

Nella pesca di mare, lago, fiume sono una pippa.  Nel pasturare “metaforicamente” nel mare magnum Internet – dicono – che sia sufficiente.

Ora vediamo se la pasturazione in rete (e non solo) rispetto alle scaltrezze di Giuseppe Savio (nella porta ruotante di Leo Rugens escono alcuni ormai bolliti e si fa posto per altri) darà i frutti sperati e doverosi.

Sperati da chi è stato tradito e danneggiato e doverosi per il Paese perché, trattando il Savio materia sensibile (innovazioni tecnologiche legate all’intelligenza artificiale) è sempre meglio essere prudentissimi.

Mini satelliti verso la stazione spaziale internazionale

Il giovane e disinvolto Savio infatti, per sue capacità intellettuali e studi fatti, è un vero fuori classe nel trattare algoritmi intelligenti, ma, per nascita e frequentazione territoriale (un asse che in passato si rivelato complesso e di difficile lettura dato dalla cittadina di Varese e località calabre) potrebbe essere persona più complessa di come appare ad una prima “formichesca” (vi piace il neologismo?) ricognizione.

Riteniamo che Savio (e il suo mondo di riferimento) si meriti (anche perché è pilota di Canadair) una osservazione con lo sguardo dell’aquila quando il grande uccello utilizza la vista nel punto più alto del suo volo.

Per dare seguito alle nostre promesse (vedi AMICI GOOGLE, BING, YAHOO AFFIDO AI VOSTRI SAPIENTI ALGORITMI DUE NOMI: GIUSEPPE SAVIO E DANIELE FABRO – CHE SI CHIAMINO BIGOTTI, FABRO O SAVIO, PER ME PARI SONO QUANDO VIOLANO GLI INTERESSI SUPERIORI DELLA NAZIONE – FERMARE LA DERIVA DEI CRIMINALI ATTIVI ANCHE NEL SETTORE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA), aspettavamo lo spunto della rete che oggi, 19 maggio 2018, è puntualmente arrivato.

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Da queste parti abbiamo un metodo che non fallisce mai: non fare nulla a caso o per per ostilità preconcetta verso qualcuno ma se, nel recondito della rete, un cittadino vuole avere informazioni in nostro possesso consideriamo giusto e doveroso fornirle partecipando, open source (ti piace Giuseppe?) a costruire, parola dopo parola, circostanza dopo circostanza, nesso logico dopo nesso logico, link dopo link, un database dedicato a chi ha un grado di affidabilità alto negli interessi superiori del Paese e chi è scorpione.  E non certo come nato sotto il segno zodiacale di cui, come è notorio, non ci frega un ben amato cazzo.

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Chiuso con un Ezio Bigotti qualunque, abbiamo tempo da dedicare a Giuseppe Savio e alle sue eventuali attività a noi non chiare per concorrere, vecchi e stanchi come siamo, affinché ogni persona, gruppo, associazione, istituto, ente, comunità possa essere considerata una fonte a, al tempo stesso, un’archivio di informazioni a volte (come in questo caso) perfino sensibili. Informazioni utili a prendere delle decisioni, dalle più banali di vita quotidiana alle più complesse e determinati per la vita dello Stato o, addirittura, per l’Umanità intera. Non c’è il “privato” quando uno tratta la materia che vuole trattare un ragazzo intelligente e intraprendente come Giuseppe Savio. Non dopo che aver promesso/giurato, ad uno stronzo come me e ad altri altrettanto stronzi, di servire l’interesse superiore della Nazione. Non sono quindi informazioni neutre insignificanti e ininfluenti quelle che Savio sente di pertinenza della sua intellettualità. Questo penso e questo, lo avevo avvertito, davanti a testimoni sufficienti, che avrei pensato fino a che avrò respiro.

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Ora vediamo come va a finire. Sarebbe il primo che se la scampa.  Ma come si dice “C’è sempre una prima volta”.

Oreste Grani/Leo Rugens


A seguire non accadde nulla che mettesse in sicurezza i risultati raggiunti e ciò che poteva diventare un esempio virtuoso di “fatto in Italia”.  Non solo il nostro sforzo è rimasto lettera morta (cadendo prima Rossi e poi cambiando la scena politica) ma ha consentito, prima a degli imprenditori (quindi privato e non Stato!) di sedurre i nostri tecnici (non tutti sono patrioti e leali) noi ormai esausti economicamente e poi, spero che non sia accaduto, farli attenzionare da ambienti che in altro post, prossimo venturo, definirò pericolosissimi.

Perché nella Patria delle mafie anche questo può accadere. Ed è mio diritto/dovere non girare la testa dall’altra parte. Come con questo post ho deciso di fare anche sul tema specifico dei predatori di innovazione tecnologica.

Non possiamo sapere quale risultato ha ottenuto per i suoi “soci” l’incursore di Londra ma certamente mi ha determinato, ora che qualche ora di sosta natalizia mi è data, ad aprire la caccia a Giuseppe Savio, Daniele Fabro e, in coda, di rimessa, anche il furbetto/parassita Fabrizio Mariani, trio di piccoli ladri di cose e violatori di patti fatti che non possono non capire che con oggi abbiamo calzato l’elmetto e per loro la resa dei conti è certa.

Oreste Grani/Leo Rugens

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