Anche noi abbiamo deciso di ritirarci dal nostro amore per gli USA

pentagono usa

Si dimette Mattis, Segretario alla Difesa USA (sarebbe il Pentagono) dopo l’annuncio del ritiro delle truppe americane dalla Siria e dall’Afghanistan. La situazione assume una forma mai vista da quando questo mondo è mondo, intendendo da quando gli USA hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale. So che l’hanno vinta anche con il concorso dell’URSS, della Gran Bretagna e scampoli della Francia gollista, con esempi gloriosi di Resistenza italiana ma spero che mi si capisca quando dico che la situazione è nuova come non mai.

Suona male, se lo faccia dire, Presidente Trump, che lei, in accordo evidente con Vladimir Putin, stia delineando una strana Nuova Yalta: questo a te, questo a me/te perché ci dobbiamo, in accordo, guardare le spalle dalla Cina emergente. Come tutti i cattivi giocatori (ma esistono quelli buoni?), lei si prepara a tentare di “rifarsi” da qualche altra parte e su qualche altro “tavolo verde” Gli USA hanno perduto ad ogni tavolo a cui si sono seduti dal Vietnam in poi. Forse, addirittura, dalla Corea nel 1953.  Sembrano, e dico sembrano, ciclicamente vincere ma si trovano, dopo poco, a prendere atto di aver fatto passi senza una capacità di sapere dove e come li si indirizzavano quei piedi/scarponi/stivali. Che siano democratici o repubblicani ad occupare la Casa Bianca. Un giorno si annunciano ritiri; l’altro giorno ci sia accorge che l’Iraq è un inferno. Così è stato ovunque che non fosse Grenada, Panama o Haiti. 560mila morti, solo in Siria, sono rimossi dal vostro immaginario? Così quanto si è sofferto in Afghanistan? E non parlo solo degli afghani o dei militari americani. Così in Iraq dove si aggirano migliaia di orfani e vedove e dove abbiamo perduto i nostri compatrioti carabinieri a Nassiriya senza un vero perché. Che avete capito è il ritornello di una canzone che ormai ho drammaticamente in testa in questi ultimi anni che ritengo mi siano rimasti da vivere. Iraq e Afghanistan dove, dal 2007/8, i più attenti analisti intravedevano un impantanamento e l’inutilità degli sforzi fatti in politica estera condizionati dalle elezioni imminenti da cui poi uscì eletto Barak Obama. Gli USA, ce ne duole dirlo, non sanno che pesci prendere condizionati da lotte di potere interne tra massoni e massoni, tra fronde repubblicane e fronde democratiche. Trump è anche figlio di questa confusione imperante e senza una apparente soluzione a breve. Certo è che nella guerra in Iraq (e che guerra!!!) che aveva come obiettivo l’abbattimento del regime per creare un assetto politico-istituzionale democratico e la ricostruzione materiale del Paese azzerato dai troppi indiscriminati bombardamenti, si è andati incontro ad  un vero e drammatico fallimento. Fallimento che deve a maggior ragione farci ricordare i morti e la sofferenza delle genti che troppo spesso dimentichiamo.

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Non ultimo Nicola Calipari, proditoriamente ucciso da fuoco amico in quel caos che nessuno di noi si era andato a cercare e tanto meno lui per primo si era meritato. Caos che ha dimostrato, cosa ultima ma non ultima, che la riforma coeva dell’esercito statunitense indirizzata verso un esercito leggero (in termini di numero di uomini) e ipertecnologico si è arenata nelle sabbie mobili della prolungata occupazione post bellica in un paese che si è rivelato essere troppo esteso per  essere controllato/pacificato da questo tipo di organizzazione militare. Errori su errori che vengono camuffati grazie alle dimensioni finanziarie degli USA ma che rivelano la pochezza di un pensiero politico che certamente non all’altezza di un ruolo “imperiale”. La sfida con la Cina si prefigura malissimo soprattutto per deficit culturale e visone di una classe dirigente, quella USA, che non dirige ormai nulla.I cinesi viceversa si muovono con visione planetaria se non addirittura proiettata fuori dell’atmosfera terrestre. E non credo di esagerare dal momento che la Cina ricostruisce navi, dopo 500 anni, e si prepara, con navi spaziali, a colonizzare Marte.  Il turnover trumpiano (a prescindere da Mattis) è l’ennesima prova di questo divario.

Tornado dalle nostre parti, che dire del cetriolo libico che continua a turbare i sonni di troppi italiani, considerati anche in questa vicenda marginali e ininfluenti?

E del sostanziale silenzio sul massacro di Giulio Regeni attuato al Cairo, città dove si sa nulla accade senza che le orecchie e gli occhi USA possano venire a sapere come sono andate le cose? Quante tonnellate di soldi sono costate tutte le prevedibili e previste spedizioni inutili o scoppi di guerre asimmetriche e locali dove per lealtà ai patti abbiamo dovuto essere presenti? Tra corruzione per definire dentro e fuori il Paese cosa chi compra e da chi; l’attività parassitaria dei criminali che, proviamo a non dimenticarlo, trattano anche droga e armi che vengono (o passano) dalle aree geografiche ciclicamente destabilizzate dalle guerre suddette e i soldi buttati nelle presenze dei nostri soldati all’estero, di fatto l’intero deficit di cui ci si accusa è costituito da questa attività indotte.

Soldi che ci mancano all’appello in Italietta e che hanno viceversa irrobustito (forse) proprio Wall Street. Soldi trasferiti in altre mani e tasche che hanno lasciate esangui economie fragili come la nostra. Per tanto, quando lei arretra, Presidente Trump da dove, baldanzosi, eravate andati a fare casino (sia in andata che al ritorno senza un vero perché), svelando una inadeguatezza di visione, è giusto che un vecchio signore atlantista che ha visto lo scazzo per l’acquisto degli M60 in contrapposizione con i Leopard o l’immagine del suo Paese devastata dallo scandalo Loockeed, o l’aggressione di Sigonella, o l’offesa dell’omicidio punitivo di Calipari (come leggete ci torno), arrivi a chiedersi perché, vecchio e tardo come sono, debba anche subire mille pippe mediatiche sul fatto che ci siano o meno i soldi per riconoscere un aumento di 137,00 euro al mese sulle pensioni degli ultimi, quando, lei, non solo si sgancia dagli scenari di guerra, ma  lascia, così facendo, i conti da pagare. E come se, mi passi la volgarità (ma non mi sembra che sia esente dal conoscere gli usi con le puttane), fottesse e noi dovessi pagare i suoi accoppiamenti. Un solo F35 (non entro nel merito se sia una macchina volante intelligente o obsoleta) sarebbe sufficiente per dare a migliaia di miei connazionali una boccata di ossigeno o un sorso d’acqua a seconda se si sta per morire disidratati o asfittici. O per entrambe le ragioni. E ho scritto uno e non otto o più di otto. E il conto che accenno non lo faccio generico o con spirito qualunquistico ma rispondente alla realtà. Mattis ha ragione e lei va lasciato solo con i suoi simili. Anzi, con i suoi alleati di oggi (i russi putiniani) che non saranno mai nelle nostre simpatie. Per tanto, da vecchi atlantici/atlantisti, ci prepariamo, con l’animo sereno, dopo 50 anni di leale sostegno ai “liberatori”, anche noi a ritirarci.

Oreste Grani/Leo Rugens