Il biennio 1992-93 è caratterizzato non solo dalle stragi eclatanti

salvatore aversa

Io so che chi pretende la libertà poi non sa cosa farsene“. Questa cosa “terribile” non l’ha detta un fascistone antidemocratico ma Pier Paolo Pasolini. Da quando l’ho letta mi faccio aiutare da questa affermazione lapidaria. In particolare mi aiuta quando metto la testa su cosa si deve saper fare per contrastare la criminalità. Passo dopo passo, post dopo post, da soli capirete cosa oggi voglia dire in modo criptico più del solito.

Ho ripreso qualche ora addietro un pensiero di Giovanni Falcone (i maestri vanno citati e interpretati nei loro insegnamenti preveggenti e così facendo si concorre a renderli vivi e presenti tra noi)  attinente alle imprese mafiose che sviluppano un’attività economica reale con capacità nettamente concorrenziali anche per la minore necessità di ottenere crediti dalle banche. Dichiarazione lucida e accusa sostanziale di complicità oscene nel mondo del credito bancario. E in questo la mafia è stata (certamente lo è) fenomeno politico di vertice ma anche capace di aggregare ampie fasce di consenso tenendo conto che ai tempi del maxi processo di Palermo i voti controllati dalle cosche in quella sola città e provincia erano di circa 200.000 voti. Sarebbe quindi una fatica di Sisifo affrontare solo con gli strumenti giudiziari e repressivi i problemi di tale gravità imposti dalla criminalità e dalla sua visione del mondo. Nella Sicilia della Mafia, nella Calabria della ‘Ndrangheta, nella Puglia della risorta Sacra Corona Unita, nella Campania della Camorra, nel resto del Paese, a macchie di pelle di leopardo sempre più estese tendenti al tutto il mantello, sarà impossibile agire senza ritrovare memoria, lavoro semantico sull’uso delle parole scritte e dette, valori democratici.

I tanti voti raccolti dal M5S nel sud d’Italia avevano acceso la speranza che si polarizzasse prioritariamente il consenso civile intorno al contrasto alla criminalità.

Il risultato elettorale, particolarmente eclatante in Sicilia (oltre 50 parlamentari), mi era sembrato una premessa storica per una lettura chiara di cosa fosse accaduto e di quanto si dovesse prefigurare perché alcuni (la maggioranza delle persone stanche e bisognose di guide coraggiose) contrastassero, con vigore risolutivo, l’impasto bituminoso della politica degenerata e della criminalità su quella centralissima isola e sul Paese nel suo insieme.

Perché non si disperda tale patrimonio si deve agire con risolutezza e lungimiranza, mai lasciando soli gli organi della Repubblica preposti a questa guerra di lunga durata. Ci aspettiamo iniziative forti e di facile lettura intorno a ciascuno dei temi che, nella mia marginalità e ininfluenza, di elencare.

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A che non sia un freddo e sterile elenco ci dobbiamo mettere tutti, nell’agire da liberi e forti, quella risolutezza, lungimiranza, peso alle parole, volontà di guardare dentro se stessi senza i quali nulla sarà possibile. Anzi, senza dubbio alcuno, vinceranno i profanatori della tomba e del cadavere del maresciallo Salvatore Aversa, e della di lui adorata moglie Lucia Precenzano, a Lamezia Terme. Tanto per fare un esempio che forse in molti avete conosciuto ma che in pochi ricordate nella quotidianità.

Salvatore Aversa (Castrolibero, 1931Lamezia Terme, 4 gennaio 1992) è stato un funzionario italiano, sovrintendente della Polizia di Stato e vittima della ‘Ndrangheta.

Svolse numerose indagini sulle attività delle cosche della ‘ndrangheta lametina. Venne ucciso il 4 gennaio 1992 insieme alla moglie Lucia Precenzano, nella centralissima Via dei Campioni (in seguito intitolata ai coniugi) di Lamezia Terme, in un agguato eseguito dai tarantini Salvatore Chirico e Stefano Speciale, in seguito rei confessi che sono stati ingaggiati per il delitto dalle ‘ndrine di Lamezia Terme.

Le indagini iniziali portarono all’arresto dei giovani Renato Molinaro e Giuseppe Rizzardi, indicati come esecutori materiali da una presunta testimone oculare, Rosetta Cerminara, e in seguito scagionati. Le tombe dei due coniugi, poste nel cimitero di Castrolibero, vennero in seguito profanate da ignoti, probabilmente legati alla malavita organizzata.

Di lui la Repubblica ha provato a ricordarsi con queste modalità:

«Sovrintendente Capo della Polizia di Stato, nonostante le continue minacce e ritorsioni, perseverava, con spirito di abnegazione ed elevata capacità professionale, in difficili indagini di polizia giudiziaria in un ambiente ad alto rischio e contaminato da infiltrazioni mafiose, rimanendo vittima, insieme alla moglie, di un vile attentato. Splendido esempio di assoluta integrità morale ed altissimo senso del dovere spinti fino all’estremo sacrificio. Lamezia Terme (CZ), 4 gennaio 1992»

Così la stampa nazionale.

SAPEVA TUTTO SUI CLAN: GIUSTIZIATO

LAMEZIA TERME – Un delitto senza testimoni, eseguito da killer professionisti che hanno piazzato quasi tutti i colpi a segno. Le loro pistole, due micidiali calibro 9, nel giro di pochi secondi hanno fatto scempio dei corpi del sovrintendente di polizia Salvatore Aversa, 59 anni, e della moglie, Lucia Precenzano, 55 anni, assassinati ieri sera nel centro di Lamezia Terme. Un agguato preparato con cura ed eseguito con freddezza da chi aveva evidentemente un conto da regolare con Aversa, uno degli investigatori più esperti non solo del commissariato di Lamezia Terme, ma dell’intera Calabria. Lavoro serio da oltre vent’anni, Aversa era in servizio nella città e da qualche anno era entrato a far parte della sezione di polizia giudiziaria. “Un lavoro fatto con grande serietà – dice il capo di gabinetto della questura di Catanzaro, Raffaele Salerno – una dote che tutti gli riconoscevamo e che gli aveva procurato la stima dei dirigenti che, negli ultimi tempi, si sono avvicendati alla guida del commissariato di Lamezia Terme”, alla guida del commissariato di Lamezia Terme”. Il delitto non ha avuto testimoni e il luogo è stato scelto con estrema cura dai killer. Una strada secondaria, non molto larga, quindi senza grandi possibilità di fuga. L’agguato è scattato quando mancavano pochi minuti alle 19. Aversa e la moglie erano in giro dal tardo pomeriggio per far compere. Il sottufficiale infatti stava consumando gli ultimi giorni di ferie. Qualcuno ha detto di averli visti, come al solito, a braccetto, entrare in qualche negozio. Alle 19 l’aggressione. Aversa si è avvicinato alla sua automobile, una Peugeot 205, parcheggiata in via dei Campioni. Ha aperto lo sportello e si è chinato per far entrare la moglie. È stato proprio in questo momento, con il “bersaglio” senza difesa, che sono entrati in azione i killer, forse due, armati di pistole caricate con i micidiali proiettili “9 per 21”, ad alta capacità espansiva. Proiettili che non hanno lasciato scampo al sottufficiale che ha avuto la schiena ed il torace devastati. I killer – che evidentemente per entrare in azione hanno atteso la situazione migliore – hanno forse esploso anche due colpi da brevissima distanza per infliggere il “colpo di grazia”. Forse Lucia Precenzano poteva salvarsi, ma evidentemente i sicari non hanno voluto lasciare testimoni. E così anche lei è entrata nel mirino degli assassini. La donna si è accasciata ormai agonizzante accanto all’automobile. E’ morta poi durante il trasporto all’ospedale della città. La coppia aveva tre figli. Durante la notte, è stata trovata un’automobile, una Fiat ‘Uno’ , che si ritiene che sia quella usata dai killer. All’interno della vettura sarebbe stata trovata una pistola calibro 9. L’allarme, ieri, è scattato quasi immediatamente anche perché i colpi – in tutto 17 – sono stati uditi nettamente nella zona. Ma l’operazione fatta scattare immediatamente da polizia e carabinieri non ha dato risultati positivi. Senza risultati immediati neanche le decine e decine di perquisizioni che sono state compiute nei confronti di alcuni pregiudicati di Lamezia Terme e delle zone vicine. “Stiamo lavorando non trascurando alcuna ipotesi – dicono i colleghi di Aversa – così come non diamo nulla per scontato”. Nel gergo degli investigatori, vuol dire ‘ brancoliamo nel buio’ . Certo è che chi ha ucciso Aversa e la moglie per agire doveva avere una motivazione importante. Il coordinamento delle indagini è stato assunto direttamente dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Pileggi. Ma non è difficile ritenere che proprio questo duplice omicidio, con questo “importante” obiettivo, sia il primo banco di prova per la Dia. Ieri sera, per ironia del destino, a Catanzaro era anche Raffaele Stella, che questa mattina dovrà prendere ufficialmente possesso della questura di Catanzaro. Per lui, un “battesimo del fuoco” che lo ha immediatamente accostato alla drammatica realtà calabrese. Che cosa si può nascondere dietro questo omicidio? E’ ancora presto per dirlo. Gli inquirenti, tra l’altro, si celano dietro un comprensibile riserbo. Però, almeno questa è l’impressione che se ne trae, tutta la polizia calabrese si mobiliterà per cercare di dare un volto e un nome a chi ha deciso di uccidere uno dei più rappresentativi sottufficiali che operano in questa regione difficile. Ma perché uccidere Aversa e soprattutto perché assassinare anche la moglie? Interrogativi che ancora rimangono senza risposta e sui quali forse si potrà avere un momento di chiarezza quando verranno controllati i fascicoli sui quali Aversa stava lavorando e che sono stati già sequestrati su disposizione del dottor Pileggi. Peraltro Aversa aveva un modo abbastanza particolare di lavorare, basandosi molto sull’intuito e non già sulla raccolta di materiale. Ma d’altra parte per ucciderlo occorreva una motivazione molto forte, commentano ancora gli investigatori, perché, ritengono a buon diritto, ben difficilmente un mafioso si decide ad uccidere un ‘servitore dello Stato’ se non di fronte ad una necessità immediata. D’altra parte Lamezia Terme è una zona a rischio. A tal punto che il 20 settembre scorso il presidente della Repubblica ne ha sciolto il consiglio comunale. E le motivazioni sono pesantissime. L’infiltrazione delle cosche Come quella di una diretta contiguità con le cosche mafiose. Una conferma si ha dal decreto di scioglimento del consiglio dove, tra l’altro, si legge che l’Alto Commissario contro la delinquenza mafiosa “evidenzia che la campagna elettorale è stata caretterizzata dal sostegno assicurato dai personaggi mafiosi ad alcuni candidati, oltre che dalla fondazione di un partito autonomo, facente capo ad un consigliere, al fine di prendere le distanze dal partito di origine essendo questo troppo palesemente vicino ai boss della zona. Peraltro le relazioni parentali di amicizie precedenti sono sicuro segno della mancanza di autonomia nello svolgimento del mandato, nonché di collegamenti con la criminalità organizzata”. A Lamezia Terme, poi, si uccide anche per la raccolta dei rifiuti. Lo scorso anno due netturbini furono massacrati a colpi di mitra. In ballo il ricco appalto per la raccolta della nettezza urbana di Lamezia Terme.

FILIPPO VELTRI

05 gennaio 1992

Noi vi suggeriamo di raccogliere più spunti di riflessione contenuti nel post.

Certamente quello della prudenza dei rapporti politici con il territorio.

Inoltre, comincerei a notare alcune date (il 4 gennaio 1992 sembra inaugurare il biennio terribile). Direi eclatante anche la ferocia rituale delle profanazioni della coppia Aversa tenendo conto che le organizzazioni criminali sono spesso  (non sempre quindi) partorite dalle logge massoniche che nella ritualità hanno un punto forte. In ultimo, ma non cosa ultima, direi di notare come il business dei rifiuti viene attenzionato (e trattato), sin da quegli anni, con ferocia inaudita: due spazzini trucidati. Episodio su cui sarebbe interessante tornare a riflettere.

Oreste Grani/Leo Rugens