Exodus 1947 e atti criminali di ieri, di oggi e di domani

 

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In questo nostro Paese, il delta culturale si prepara a divenire insopportabile tra alcuni ed altri. Insopportabile e pericoloso. Ad esempio, tra chi mostra di sapere poco o nulla della vicenda dell’Exodus 1947 (grande annata!) e di come, vice versa, la storia (anche contemporanea) del popolo ebraico sia stata fortemente condizionata da quella vicenda. Storie di navi, di divieti, di ostracismi. Divieti e ostracismi che alcuni impongono quasi fossero simboli fallici di una virilità da ostentare. Mi imbarazza doverlo ricordare ma spesso, quando si ostenta, se vogliamo rimanere in tema metaforico, si è anche insicuri, perfino delle proprie intime erezioni e gusti.

Lasciamo l’ambiguità del tema e delle allusioni a chi, in futuro, troverà interessante scrivere qualcosa delle messe in scena a cui assistiamo da parte del Ministro dell’Interno e delle basse insinuazioni che  perfino io, pulce con la tosse altro che Leone Ruggente, mi arrischio a fare (evidentemente ben prezzolato per fabbricare calunniose fake news) e ritiriamoci su una parte del post che abbiamo a suo tempo (era il 12 giugno 2018) dedicato proprio alla nave carica di ebrei erranti e alla sua vincente peregrinazione. Scrivo questo post amaro per ricordare un po’ la Exodus 1947 (e così, volutamente il giorno dopo fuori dall’affollamento a volte anche retorico, offro il mio omaggio a chi e a cosa non si deve in alcun modo dimenticare) e un po’ a chi riteneva (ritiene) che si possa chiudere il mare. Lasciando affogare l’altro da se.

Oreste Grani/Leo Rugens

NEMESI TRAGICA QUELLA IMPLICITA NEI “NO” DI MALTA AL NEO MINISTRO SALVINI?

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Il 13 luglio è data che mi è cara. Da qualche anno, per motivi che mi sfuggono, la giornata non mi è sempre favorevole.

Il 13 luglio del 2013, Carlo Tecce, pubblica sul Il Fatto Quotidiano, un articolo farcito di nomi e riferimenti che delinea in quel momento una vera e propria mappa di istituzioni dedite al potere, alla tradizione religiosa, all’esoterismo paramassonico, se non addirittura latomistico. Una mappa di vanità, imbecillità, opportunismi, intrecci inconfessabili.

Ho usato il termine nemesi nel titolo del post.

Rinfreschiamoci la memoria sul significato profondo della parola e vediamo se si adatta all’attività spregiudicata del giovane, a suo tempo frequentatore di bar, un po’ dello sport e molto “covi di guasconi separatisti”. Da allora è passata troppa acqua sotto i ponti  e perfino uno come il leghista, in questi tempi caratterizzati da poca luce, viene prestato/imposto alla politica alta quale, comunque, dovrebbe essere quella attuata dal Ministro di Polizia in un Paese a democrazia matura.

Di questa sperequazione culturale e di attitudini al vero comando, in pochi si allarmano realmente. E fanno male perché qui cadrà l’asino, anche della congiura, se congiura fosse.

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Direte che Ministro di Polizia, in Italia, anche recentemente, è stato nominato un criminale come Claudio Scajola (ora è al ballottaggio come politico per bene nella sua Imperia) per decisione e complicità di un altro criminale come Silvio Berlusconi, per cui tutto è possibile in una Patria certamente orfana di statisti e di luoghi deputati a vigilare all’altezza delle complessità emergenti. E in cui l’opposizione pentastellata viene messa a cuccia con metodi previsti e prevedibili.

Tornando alla Nemesi punitiva che potrebbe colpire l’uomo che dovrà coordinare i prefetti di tutta Italia, ne parlo in occasione del respingimento della “AQUARIUS” e dei “niet” maltesi agli sbarchi, perché le dicerie (vere e proprie fake news?) dicono che potrebbe esistere un rapporto, tra Matteo Salvini e il SMOM.

Il vostro Leone Ruggente si chiede, prudentemente, perché mai uno cresciuto pagano-celtico, geneticamente nordista, debba farsela con dei “Cavalieri” che della religione cristiana e della loro presenza mediterranea hanno fatto – da 900 anni e per secoli in accordo con il papato – la loro ragione d’essere.

Se fosse vero che esistono legami, frequentazioni, supporti sarebbe un vero mistero misterioso.

Ma questo è il venticello calunnioso che spira.

Tanto per non perdere l’abitudine a farmi querelare mi faccio suggestionare anch’io perché se la notizia, un giorno lontano, fosse confermata, sarebbe, appunto, una vera e propria nemesi tragica per l’ex autista del fratello di Bossi, ma anche una vera minaccia per quel che avanza della Repubblica.

Comunque, spero che cominciate a capire perché da giorni la redazione di questo marginale e ininfluente blog gira in tondo, prima addirittura con le targhe, al SMOM e alla sua tradizionale cattiva fama di luogo dedicato a complotti e ad onorare, sotto le sue insegne, fior fiore di gaglioffi.

Leggete il pezzo di Tecce, facendo mente locale a quanto già, in inglese, vi abbiamo anticipato nel post I CAVALIERI DELLE TENEBRE DI MALTA.

In che guaio mi sto mettendo?

Oreste Grani/Leo Rugens

P. S.

Cosa sapete del caso della nave EXODUS 1947 e dei respingimenti degli ebrei che si erano imbarcati con la speranza di una patria e del diritto alla vita?

La verità è che la madre degli imbecilli, non solo è sempre incinta, ma anche gli altri, evidentemente, con questa fattrice instancabile, hanno piacere perverso ad accoppiarsi.

La Storia, anche in questo caso (l’esodo dall’Africa è un fenomeno complesso ) farà ciò che avrà piacere a fare e nessuno stupidotto chiuderà il mare con i cancelli, i porti con le catene o svuoterà il  Mediterraneo con un cucchiaino.


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Exodus

La Exodus 1947 (in ebraico Yetzi’at Eiropa Tashaz, cioè Exodus Europa 5707, dove 5707 è l’anno 1947 secondo il calendario ebraico) fu una nave, conosciuta anche come President Warfield, che nel 1947 fu incaricata di trasportare in gran segreto degli ebrei che partivano illegalmente dall’Europa per raggiungere la biblica Terra di Israele, allora sotto il controllo britannico con l’antico nome romano di Palestina.

Il contesto

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, circa 200.000 ebrei vivevano in precarie condizioni in campi di concentramento in Austria e in Germania. Migliaia di questi ebrei decisero di spostarsi nei porti del Mar Mediterraneo per cercare un modo per tornare via nave in Palestina. Questa era allora sotto il controllo del Regno Unito, che ne era la potenza mandataria e che aveva emesso, il 17 maggio 1939, un “Libro Bianco” per limitare l’afflusso di ebrei in Palestina a soli 75.000 in cinque anni.

L’Exodus fu la nave di maggiori dimensioni a trasportare sfollati ebrei che volevano entrare nel Mandato britannico di Palestina. La sua vicenda ebbe luogo quindi poco prima della fine del mandato britannico e della fondazione dello Stato di Israele.

La nave

La President Warfield era stata costruita nel 1927 a Wilmington venendo poi utilizzata, tra il 1928 e il 1940, come imbarcazione da diporto lungo la costa orientale degli Stati Uniti. Il nome derivava da Solomon Davies Warfield, presidente della compagnia ferroviaria di Baltimora. La nave era progettata per trasportare 400 passeggeri ed era fornita di 200 camere. Il 21 settembre 1942, guidata dal capitano Yitzhak Aronowitz (detto “Ike” dall’Haganah), la President Warfield lasciò gli Stati Uniti per raggiungere il Regno Unito. Nonostante l’attacco da parte di un U-Boat, il 25 settembre, la Warfield riuscì a raggiungere Belfast. Il 21 maggio 1944 entrò a far parte della forza militare della marina statunitense partecipando allo sbarco in Normandia il 6 giugno 1944. Il 14 novembre 1945, terminato l’utilizzo bellico, fu abbandonata e ancorata in un cimitero di navi a Baltimora.

Il viaggio verso la Palestina Britannica

Il 9 novembre 1946 la nave fu acquistata per 40.000 dollari dalla Potomac Shipwrecking Co. di Washington D.C., a nome dell’Haganah, per essere utilizzata per l’Aliyah Bet., cioè l’emigrazione verso la Palestina Britannica. Nel gennaio 1947 furono introdotte delle modifiche alla nave in modo da poter accogliere un numero maggiore di rifugiati. Il 24 febbraio 1947 l’imbarcazione, battente bandiera honduregna, lasciò il porto di Baltimora per raggiungere l’Europa, ma, il giorno seguente, si imbatté in una violenta tempesta e dovette essere rimorchiata fino al porto di Norfolk, in Inghilterra. Qui l’intelligence britannica scoprì l’esistenza della President Warfield e l’uso che gli ebrei volevano farne. Gli inglesi iniziarono dunque ad esercitare delle pressioni sul governo Honduras per ritirare l’imbarcazione ma, prima ancora che si potesse fare qualcosa, la nave fu riparata e riprese il suo viaggio verso l’Europa nonostante il monitoraggio dei servizi segreti britannici. Mentre la President Warfield attraversava l’Oceano Atlantico, un’organizzazione coordinata trasferiva, con oltre 160 camion, gli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento verso il sud della Francia. Il 10 aprile raggiunse il porto di Marsiglia, il 25 dello stesso mese si spostò a Porto Venere, in provincia della Spezia. Qui vennero allestiti a bordo dei piccolissimi alloggi (45 cm x 60 cm) per ospitare i passeggeri e qui la nave venne ribattezzata Exodus.

Si spostò quindi nel porto di Sète dove, passando per gli stretti canali, caricò 4515 passeggeri (tra cui 1282 donne e 1672 tra bambini e ragazzi) e ripartì la mattina dell’11 luglio 1947 capitanata da Yossi Hamburger detto “Harel”, approfittando di un momento di distrazione dei servizi segreti britannici.

Targa commemorativa situata a Sète

Al momento della partenza i clandestini ebrei intonarono Hatikvah, la canzone che, in seguito, sarebbe diventato l’inno di Israele. Sull’imbarcazione venne caricato anche il necessario per la sopravvivenza dei clandestini per due settimane. Un medico britannico, dopo un’ispezione, dichiarò che la nave conteneva molti più passeggeri del dovuto, ma era comunque ben organizzata per affrontare il viaggio. La prima sera di viaggio un cacciatorpediniere provò a comunicare con la President Warfield, ma non ricevette alcuna risposta. Durante il tragitto la nave fu sempre sotto il controllo di diversi cacciatorpediniere inglesi, guidati dall’incrociatore HMS Ajax. Sapendo di essere sotto controllo, i passeggeri si prepararono ad un eventuale blocco britannico, addestrandosi per la resistenza, armati di lattine, bottiglie e patate. Durante il viaggio, alcune donne incinte furono costrette a partorire sulla nave. Una di esse, Paula Abramowitz, morì durante il parto a causa delle condizioni spartane in cui erano costretti a vivere.

Il 17 luglio, la nave venne rinominata, sotto proposta del politico israelita Moshe Sneh, con il nome ebreoYetzi’at Eiropa Tashaz, cioè Exodus 1947 rifacendosi all’episodio biblico dell’esodo degli Ebrei dall’Egitto e non batté più la bandiera dell’Honduras ma quella bianca e blu con la stella di David, che poi divenne la bandiera israeliana. La cerimonia venne trasmessa via radio in tutta la Palestina. Nel frattempo, gli inglesi avevano studiato la struttura della nave così da pianificare al meglio un assalto. Gli americani a bordo dellaExodus, vedendo che le navi britanniche si avvicinavano, iniziarono a cantare “The Yanks Are Coming” e, successivamente, Pomp and Circumstance per provocare e deridere la flotta nemica. Alle 2 del mattino del 18 luglio gli inglesi contattarono la Exodus per cercare di convincere il capitano ad interrompere il viaggio verso la Palestina. La richiesta venne ignorata e la nave conseguentemente attaccata e speronata a prua. In un’ora e mezza ci furono circa venti tentativi di approccio, che provocarono diversi feriti e tre morti: un soldato britannico, e 2 passeggeri dell’Exodus.

La battaglia durò circa quattro ore: i clandestini cercarono di difendersi con tutto ciò che avevano a disposizione, come i salvagenti e tubi di metallo, e spruzzando col carburante della nave i soldati che provavano a salire a bordo, ma quando i britannici iniziarono ad utilizzare le armi da fuoco, il capitano Harel decise di arrendersi per evitare ulteriori vittime.

I clandestini vennero fatti prigionieri e chiusi in campi di concentramento a Cipro; in seguito il governo britannico decise di riportarli in Francia. L’Exodus rimase abbandonata per i 5 anni successivi. Nel 1952 prese fuoco, per poi essere smantellata nel 1963.

Il ritorno in Francia

I passeggeri dell’Exodus trasportati a Cipro, furono caricati su tre navi: la Ocean Vigour, la Empire Rival e laRunnymede Park, e rimandati in Francia. La mattina del 29 luglio, raggiunsero Port-de-Bouc. Il consiglio dei ministri del governo francese si riunì per decidere come affrontare la questione, giungendo alla conclusione che non avrebbero costretto i clandestini a sbarcare, a meno che non lo avessero fatto di loro spontanea volontà. La grande maggioranza dei passeggeri decise quindi di non sbarcare e rimase a bordo delle navi ancorate a Port-de-Bouc. Il governo francese decise di concedere asilo ai clandestini qualora avessero deciso di sbarcare, ma, nonostante questa dimostrazione di disponibilità, solamente 138 ebrei decisero di lasciare le navi. Gli altri emigranti rifiutarono, dichiarando che la loro unica volontà era quella di raggiungere la Palestina. Vista l’impossibilità di far scendere i clandestini a Port-de-Bouc, il governo britannico diede un ultimatum ai passeggeri: se entro le 18 del 21 agosto non avessero lasciato le navi, sarebbero stati trasferiti in Germania. Così il 22 agosto, dopo quattro settimane, le tre navi lasciarono Port-de-Bouc per dirigersi in Germania dando il via all’Operazione Oasis.

L’arrivo ad Amburgo

Qualche giorno dopo, le tre navi che trasportavano i clandestini ebrei giunsero, dopo una breve sosta a Gibilterra, ad Amburgo. Il 7 settembre l’Ocean Vigour arrivò al porto della città tedesca e il giorno successivo fu organizzato il primo sbarco con lo schieramento di forze militari. Il giorno successivo fu il turno dell’Empire Rival, i cui emigranti non opposero alcuna resistenza allo sbarco. Infine, il 10 settembre, fu la Runnymede Park a giungere ad Amburgo, ma questa volta i clandestini opposero resistenza nascondendosi nella stiva. Dopo aver dato un ultimatum, ignorato dagli ebrei, le forze militari britanniche passarono all’utilizzo anche le armi da fuoco. L’operazione Oasis si concluse quindi con lo sbarco forzato degli ultimi passeggeri e un bilancio di 27 feriti e 50 arresti.

I clandestini sbarcati vennero caricati su dei treni e divisi in due campi di concentramento: quelli dellaEmpire Rival vennero mandati, per buona condotta, ad Am Stau, vicino Lubecca, gli altri a Poppendorf. I Britannici, vedendo che dopo settimane gli emigranti continuavano a rifiutarsi di andare in Francia, dimezzarono le razioni giornaliere e disattivarono i riscaldamenti, scatenando la stampa mondiale che paragonò le loro condizioni di vita a quelle dei campi tedeschi.

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La Spezia e la memoria

Dal porto de La Spezia partirono alcune navi cariche di sfollati ebrei desiderosi di raggiungere la Palestina, per questo la città è rimasta molto legata alla vicenda dell’Exodus. In Israele, la città ligure è conosciuta col nome di “Schàar Zion”, Porta di Sion.

La città de La Spezia promuove nel Mediterraneo l’idea della pace e della convivenza, operando per il dialogo tra i popoli tramite il Comitato Euro Mediterraneo Cultura dei Mari, presieduto dal sindaco della città. Ogni anno, a partire dal 2000, si tiene il “premio Exodus”, riconoscimento a figure che si sono spese nel campo della solidarietà e dell’interculturalità e che hanno offerto un contributo significativo nell’ottica del dialogo internazionale.

Il 25 aprile 2006 il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito al Comune della Spezia la medaglia d’oro al merito civile per l’aiuto prestato dalla popolazione spezzina ai profughi ebrei scampati alla seconda guerra mondiale.

Oltre a queste, sono organizzate altre attività per mantenere viva la memoria della vicenda svoltasi a La Spezia, come l’archivio multimediale Io ricordo Exodus dove vengono raccolti tutti i materiali per costituire un “Fondo Exodus” che verrà conservato presso gli Archivi Multimediali, oppure documentari e spettacoli, come “Erwartung (L’attesa) – La Spezia Porta di Sion”.