Senza studio preventivo e in umiltà, difficile governare

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Questo Paese  è stato tante cose e prima di presumere di saperlo governare bisognava un po’ approfondirne la storia. Anche concentrandosi su fatti apparentemente minori. Ad esempio chiedendo a Beppe Grillo che di Telecom si era interessato. E con efficacia.

Ogni tanto, invecchiando, mi ricordo qualcosa e di qualcuno. Come degli squarci. Oggi mi sovviene della vicenda “Telekom Serbia” (incredibile quella storia!) e di un vecchio (non so se è vivo ma me lo auguro per lui con stima e affetto) mio collaboratore di Catania (il super signorile Giuseppe Consonni), poi in carriera in SIP/TELECOM, a Mosca e responsabile, sempre per la Telecom, di tutti i paesi ex URSS. Infine quando scoppiò quel pasticcio putrescente, lo chiamarono a fare il consulente della Commissione Parlamentare appositamente istituita per quella vicenda. Di tutta quella storia oscena mi è rimasto in testa solo il nome di Italo Bocchino (sempre quello), i suoi certi e tangibili 2 miliardi e 400 milioni di vecchie lire, e il nome di uno (per altro verso) sconosciuto Conte Gianni Vitali (non Alvaro quindi) che, per mediare l’acquisto della Telecom Serbia da parte dello Stato (per me era lo Stato), si beccò 14 miliardi. Sempre di vecchie lire. Da quei 14 miliardi, legalmente, furono girati all’agonizzante testata “Roma” di Napoli i soldi che finirono a Bocchino. Sempre a lui, direte, da anni arrivano soldi. Mai a voi. Mai a noi. Evidentemente, scusate l’esordio scurrile, con quel cognome gli è sempre andata di lusso. Fin che dura. A lui e ai suoi amici. Perché, diciamo come stanno le cose, Italo Bocchino ha sempre avuto amici. Direte: certo con tutti quei soldi che gli piovevano felicemente e inaspettatamente addosso volete pure che qualche pappone vicino non  lo avesse?

Oreste Grani/Leo Rugens

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