Cosa lega Giuseppe Pizza a Claudio Debertolis? Nulla, fino a prova contraria

crollo

La prima cosa che mi sento di scrivere quando leggo cose del genere è che, nel nostro Paese, stanco e ancora una volta sull’orlo del precipizio (ricordate l’evocazione metaforica che mi sono permesso di fare il 14 agosto 2018 con il IL CAMION BASKO METAFORA DI UN PAESE SULL’ORLO DEL BARATRO?), c’è gente che lavora con grande professionalità e abnegazione (e rischio personale) servendo la Repubblica e organizzando il contrasto a queste “entità maligne”, mai definitivamente sconfitte, che, giustamente, nell’articolo/inchiesta che riproduciamo vengono definite “Stato parallelo”. Un’IDRA dalle cento e cento e cento teste. Ci si affatica se a doverle tagliare si è in pochi, a volta mal comandati, spesso circondati da “quinte colonne”.

Quello che segue è esempio, non minore, del groviglio bituminoso che, entrando nel Parlamento (i fatti che trovate narrati sono ancorati al periodo 2012-13 e anni a seguire e quindi caratterizzati anche dalla presenza gioiosa ed aggressiva dei “grillini” nelle istituzioni repubblicane), i cittadini organizzatisi sotto le insegne del M5S, si sono trovati (consapevoli, temo, solo a grandi line, di cosa li aspettasse) a dover affrontare.

Spero che sia chiaro a tutti il gap di esperienza, strumenti culturali (e questa volta non parlo di semplice nozionismo), forza d’animo temprata che ci sarebbe voluta per affrontare questi mostri (vedremo che i rizomi delle vicende giudiziarie oggetto dell’articolo, se seguiti con tenacia e sapienza, arrivano all’oggi e a quel fronte “frattalico” criminale mostrando agli investigatori gli stessi algoritmi genetici, stessi nomi, stesse consorterie e affratellamenti criminali massonici. L’Italia (e non solo), è un solo crogiolo alchemico (ha ragione, nella sostanza, Alessandro Di Battista quando denuncia legami osceni dietro alla canizza sul TAV) schierato (lo so che un “crogiolo” ha forma diversa di una formazione in guerra), a spada tratta, dietro al Sì Tav e alle Grandi Opere Infrastrutturali invocate come la panacea per ogni male. Se non fossero attenzionati come ormai sanno di essere tutti i protagonisti di queste schifose vicende giudiziarie, sarebbero in piena attività, sotterranea e mediatica, per fare in modo che almeno un brandello di TAV possa essere riportato alla singola mangiatoia della loro specifica loggetta. Gentaccia famelica che come diceva il grande giornalista, troppo presto mancato, Alberto Statera, descrivendomi i signori degli appalti che governavano ai suoi tempi l’Italia. Che governavano e che bisogna fare di tutto perché cessino di governarla. Leggete e cogliete tra le righe (ma non vi dovrete sforzare troppo) i tanti “Treno ad Alta Velocità” (che si chiamassero Salerno-Reggio Calabria, piuttosto che vari tronchi dell’Alta Velocità o Mose o mille studi per costruire il Ponte sullo Stretto, o porti da realizzare, aeroporti da sviluppare, bus da acquistare, centrali da bonificare, pensioni di invalidità da attribuire, gasdotti da far passare, ospedali da costruire o da attrezzare tecnologicamente, fondi europei da far sparire, formazione falsa da somministrare) che, lasciati senza presidio della Repubblica, sono stati trattati come fossero praterie private in mano a questi (o altri simili di apparente altro colore) scotennatori criminal-politico-massonico.  Questa Italia indebitata è ora descritta allo sbando per attività “colpevole” di 330 cittadini, quasi tutti viceversa per bene (qualcuno un po’ stronzo e debole in mezzo c’è ma questo è un altro discorso che andrebbe fatto nel chiuso metaforico del MoVimento), oggi parlamentari a cinque stelle.

Leggete e mettete, se ne siete capaci (ma lo siete), in rapporto, costante e permanente, i post che questo marginale e ininfluente blog ha dedicato alla Banda Amara/Bigotti (bravo Ielo ed altri) e quanto emerge da Reggio Calabria e cercate di farvi un’idea di dove siano i problemi che zavorrano la nostra Italia. Spero di non risultare offensivo dicendo che il gruppo dirigente del M5S (ritengo anzi che questo mio semplice ragionamento risulti del tutto assolutorio nei confronti di Luigi Di Maio piuttosto che di Danilo Toninelli, Paola Taverna, Francesco d’Uva, Angelo Tofalo, Michele Giarrusso. E scelgo nomi a caso) non potrebbe, anche se lo avesse voluto, avere alcuna responsabilità nel disastro a cui assistiamo. Nessuna responsabilità presente e futura essendo (mi dispiace dirlo, perché, descrivendoli così, potrei sembrare offensivo) degli alieni. Da anni (e quindi dico che mentre Grillo si preparava alla traversata a nuoto dello Stretto per metaforicamente sbarcare in Sicilia, una cazzo di scuola di formazione utile ad affrontare la complessità che emerge continuamente dalle sacrosante aule dei tribunali andava ideata e realizzata) i nostri bravi ragazzi (ripeto qualche mela marcia potrebbe esserci anche dalle nostre parti) sono fuori sincrono con la realtà sotterranea putrescente di questo termitaio.

Mentre il vertice del MoVimento andava in guerra (e che guerra) sostanzialmente disarmato, è stato, viceversa, abilmente attenzionato (e in alcuni casi questa attenzione maligna potrebbe avere avuto successo) dallo “Stato parallelo”. Per me, questa magmatica e variegata entità (mafie, massoneria, mascalzoni vari associati) non hanno pensato ad altro per molto tempo, temendo ciò che poi, in realtà, paradossalmente non è accaduto. Almeno come i criminali temevano. Perché, diciamolo, almeno fino ad oggi, non è accaduto nulla di sufficiente a disarticolare il fronte della partitocrazia criminale che emerge da queste continue investigazioni e vicende giudiziarie. Il Movimento, pur battendosi, non lo ha fatto con il vigore necessario a mettere in moto un’esplosione di legalità ragionata e lungimirante. Lo vedo da troppi dettagli e da troppe fragilità che continuano ad emergere.

Pizza

A corredo di questo articolo pubblico alcune foto tratte da un numero dell’organo di stampa di Finmeccanica (oggi Leonardo) datato lontano/vicino luglio 2011. Ho scelto due foto: quella di Giuseppe Pizza per motivi facilissimi da capire. Spero che rabbrividiate a pensare che centinaia di milioni da destinare alla ricerca scientifica passavano per le sue mani e all’attenzione dei suoi sodali e quella dell’ex Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti Gen. Claudio Debertolis perché, da queste parti, ogni promessa è debito. Ho promesso infatti, in presenza di testimoni, che avrei posto la mia attenzione su questo Debertolis e la promessa, sacra quindi, l’ho fatta ad un padre di famiglia oggi sul lastrico. Due vicende quella di Pizza e quella di Debertolis, fra loro lontane e pur, per me e a mio insindacabile giudizio, vicine. Forse non si conoscono. Ma per me (e quindi pronto a pagare le solite conseguenze) i due personaggi sono espressione di uno stesso malessere, in quel periodo, nell’ambiente nodale della Difesa. E soprattutto del business che ruota intorno al binomio Leonardo/Difesa. Un business che quello che sentiamo citare per il TAV, è, al confronto, una caccola di ratto norvegese.

Debertoli

Vuol dire che in altro post, partendo dalla foto che ho pubblicato, vi racconto una vicenda che riguarda la STE (non STI!) e di come alcuni, arrogantemente, se il racconto che mi è stato fatto è veritiero, si sentono in diritto di determinare la vita di altri, facendosi forti di prerogative, know how, titoli, gradi acquisiti (già strapagati) per continuare carriere (si fa per dire) a danno della collettività e di chi casca nelle loro trame o, più semplicemente, o vittime della loro incapacità. Trame volutamente ordite o incapacità, ho scritto. In entrambi i casi mi chiedo chi cazzo li fa diventare qualcuno questi, che si chiamino Giuseppe Pizza, per un motivo, o Claudio Debertolis, per un altro? Perché questo è il problema: chi cazzo fa le nomine in questo Paese? E perché non dobbiamo, come si fa ovunque, quando emergono limiti o atti criminali, andare a cercare i colpevoli delle promozioni/ostruzioni e fargliela pagare. Questo è il cuore del problema della sicurezza nazionale: l’immunità di chi recluta, seleziona, piazza i troppi Pizza che poi, a cose fatte, si capisce chi siano in realtà.

Io lo so che me la vado a cercare anche questa volta (se non di più) ma così voglio vivere fino a che mi è dato di vivere.

Oreste Grani/Leo Rugens   

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