310 milioni distratti in ENI? Fossero quelli che ci avrebbero dovuto dare per il TAV?

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I coniugi Descalzi

MARTEDÌ 7 AGOSTO 2018
Marie Madeleine INGOBA–DESCALZI est née en 1963. Mère de 4 enfants et mariée à Claudio Descalzi.
Mado est née d’un père Italo-Francais (premier restaurateur au Congo) et d’une mère Congolaise. Elle a grandi dans le monde des affaires avec ses 2 sœurs. Mado rentre dans le monde des affaires très tôt, dans les années 80, tout en poursuivant ses études. Elle se lance dans le prêt-à-porter puis dans la mode qui était à l’époque en pleine expansion grâce au mouvement “Sapologie” au Congo.
Elle a passé son enfance et fait ses études à Brazzaville. Elle obtient son bac G2 avec mention, au lycée technique de Brazzaville. Une bourse d’études lui est octroyée pour la France, où elle étudiera la gestion des entreprises et des administrations. Elle y obtiendra un DUT (Diplôme Universitaire Technique). Durant ses études elle exerce entre autre le métier de mannequinat en cabine, en plus d’aider les orphelinats. Après ses études, elle a travaillé pour l’UNI MUTUALITÉ à Paris. Avec ses économies et l’aide de sa mère (“Maman Henriette”, une femme qui avait toujours une assiette pour le pauvre), elle se lance dans l’achat de terres en République du Congo.
Malgré sa loyauté et son dévouement dans les affaires, elle va très tôt être confrontée aux discriminations à l’égard des femmes. Cela ne l’a pas empêché de se battre et de devenir l’une des femmes les plus consultées en Afrique. Avec son époux, ils forment un couple philanthrope, désireux de changer les choses en Afrique. Ils tiennent à préserver la culture originale des villages et des villes qu’ils traversent avec la volonté d’aider les plus démunis.
Mado est une femme de cœur, drôle et pleine de conseils avisés pour quiconque se lancerait dans tous types d’activités. Elle est très active pour les enfants, sa devise: “Prendre un enfant par la main”. Ayant fait de l’injustice sociale, son premier champ de bataille, elle crée en 2015 la Fondation INGOBA-DESCALZI (FID), en faisant sienne la citation de Mandela : «L’éducation est l’arme la plus puissante pour changer le monde».
Au titre de ses actions majeures, on peut notamment citer : la formation des jeunes en République du Congo à l’agriculture afin de sortir de la précarité; le don de terrains pour la construction d’un hôpital de convalescence pour enfants à Pointe Noire; la scolarisation et prise en charge des enfants démunis au Congo; depuis les années 90 réhabilitations et réfections des services de Néo-natalogie de l’hôpital de Talangai à Brazzaville et l’hôpital A.CISSE à Pointe-Noire; ou encore la levée de fonds à travers des défilés de mode et d’expositions pour le financement de forages d’eau dans des villages au Nigeria ou en République du Congo; mise en place d’un dispensaire à Loussala; aide à la collecte de sang…
Grande pan-africaniste, elle œuvre activement pour la préservation des cultures traditionnelles africaines. Elle est actuellement présidente du groupe pour la préservation de la culture des femmes comoriennes et membre d’AFRICA FEMMES PERFORMANTES.
Son dévouement pour les autres, son courage et sa détermination, lui ont valu le prix Madiba de l’Excellence africaine 2018 en hommage à Winnie Mandela, décerné par le Club OHADA Bordeaux. Elle est la première femme à l’obtenir.

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Se esistesse un “Nobel” per il libro che più contiene documentazione e strumenti interpretativi per capire come agisce il mondo delle oligarchie che si impadroniscono di ciò che dovrebbe viceversa essere sotto il controllo sociale severo dello Stato, quest’anno, il mega-premio, lo beccherebbe, senza dubbio alcuno, “ENIGATE” di Claudio Gatti, volume corredato da due pagine di prefazione di Milena Gabanelli, edizioni PaperFIRST. Il libro è arricchito di documenti esclusivi sulle tangenti internazionali che l’Ente Petrolifero di Stato è accusato di aver pagazzato (temo che non si possa dire in italiano corretto) in mezza Africa.

Il libro, di cui, come sapete, sono un vero e proprio fan (vedi altri post compreso l’ultimo in cui lo cito) non ne ha sbagliata una. La somma delle informazioni ragionate che sono presenti nel volume, diventano un solo filo rosso investigativo, tutto ormai suffragato da quanto accade, giorno dopo giorno, nelle aule di tribunale. Forza ragazzi pentastellati , se dovete assumervi, tra non molto, l’onere di cambiare i vertici dell’ENI, vedete di farlo pienamente coscienti di cosa state per fare. A voi può sembrare che stiate cambiando sentendovi liberi e abili nelle scelte ma non dimenticate che vivete e cominciate a governare nel Paese più bello del Mondo ma che anche la terra dove è stato scritto  il Principe da tale Niccolò Machiavelli e il Gattopardo da Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

 Le notizie oggi “nelle edicole” parlano di 310 milioni di euro (esattamente la cifra per cui qualcuno in Italia si strappa i capelli dichiarando che ci prepariamo, per colpa dei grillini, a perdere i milioncini che l’Europa era pronta a darci per il TAV) dissipati/indirizzati/girati/versati/capitalizzati verso aziende riconducibili alla “signora scura” (come la chiamano quei teppisti che sono stati intercettati nell’ambito della super indagine sul mondo ENI/corruzione africana) cioè la moglie di Claudio Descalzi. 310 milioni che il vostro Paese avrebbe potuto proteggere (vedremo come ce la raccontano questi gentiluomini e gentildonne) se solo l’ENI fosse stata sorvegliata cosa si dovrebbe sempre fare quando un’azienda è dello Stato e strategica per la sicurezza nazionale.  Invece se non ci pensano i soliti magistrati ognuno continua a considerare cosa propria, ciò che è vostro. A norma di legge. Vostro, non loro.

Oreste Grani/Leo Rugens

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I tesori di lady Eni
Dal colosso statale italiano 310 milioni di dollari alle società africane della moglie dell’amministratore delegato. Mentre la signora Descalzi paga regali di lusso per 700 mila dollari alla figlia del dittatore del Congo. Ecco i segreti africani dell’Eni svelati dalla nuova inchiesta dell’Espresso in edicola da domenica 10 marzo
DI PAOLO BIONDANI
08 marzo 2019
Il gruppo Eni ha versato oltre 310 milioni di dollari a una cordata di aziende africane di appalti petroliferi che risultano costituite, attraverso un’anonima società di Cipro, dalla signora Marie Madeleine Ingoba Descalzi, moglie dell’amministrazione delegato del colosso dell’energia controllato dallo Stato italiano. La consorte di Claudio Descalzi, numero uno dell’Eni dal 2014, risulta anche titolare di un conto estero che ha pagato per anni regali di lusso, per oltre 700 mila dollari, soprattutto prodotti italiani di moda e design, a Julienne Sassou Nguesso, figlia del presidente-dittatore del Congo francese, dove la multinazionale milanese ha ottenuto ricchissimi giacimenti.

Sono alcuni dei segreti africani dell’Eni rivelati da un’inchiesta giornalistica dell’Espresso, pubblicata nel numero in edicola da domenica 10 marzo, che ricostruisce la rete di rapporti tra il gruppo petrolifero controllato dal governo italiano, il regime congolese e alcuni familiari di Descalzi, in particolare la moglie e il marito della figlia. L’inchiesta si fonda sui Paradise Papers, i documenti riservati delle società offshore dei potenti del mondo, svelati dal consorzio Icij di cui fa parte L’Espresso, e sui primi risultati delle indagini internazionali avviate l’anno scorso dalla Procura di Milano, che ipotizza colossali corruzioni dell’Eni in Congo, con presunte mega-tangenti divise tra il regime africano e alcuni manager italiani.

Dal gruppo italiano 310 milioni di dollari alle società africane della moglie del numero uno Descalzi. Che paga regali di lusso alla figlia del dittatore. Ecco i documenti dello scandalo
A collegare la signora Descalzi alle aziende straniere arricchite dai maxi-contratti dell’Eni è una segnalazione ufficiale delle autorità anti-riciclaggio del Lussemburgo, trasmessa nell’autunno scorso ai magistrati italiani. Le imprese interessate fanno parte del gruppo Petroserve, che fa capo a una società di Cipro, Cambiasi Holding Limited, fondata nel 2009 ma totalmente anonima. Secondo la denuncia anti-riciclaggio, la signora Descalzi ne è stata titolare per almeno cinque anni, fino alla nomina del marito al vertice dell’Eni, quando ha ceduto il controllo di quella piramide di società estere al suo manager di fiducia, Alexander Haly, già amministratore delle stesse aziende africane.

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Haly è un manager inglese con residenza a Montecarlo che da qualche mese è indagato a Milano per corruzione internazionale insieme a Roberto Casula, che si è auto-sospeso dalla carica di numero due dell’Eni dopo le prime perquisizioni, ma respinge ogni accusa. Questo troncone dell’indagine giudiziaria sulle presunte tangenti italiane in Congo era nato dalla prima inchiesta giornalistica del nostro settimanale sui Paradise Papers, pubblicata nell’aprile 2018. Ora L’Espresso ha scoperto nuovi documenti che portano alla luce l’intera rete di rapporti d’affari tra il regime congolese, alcuni manager legati all’Eni e i familiari di Descalzi.

Quando fu interpellata sulle offshore di cui risultava titolare, la signora Descalzi dichiarò che le sue società estere “non hanno mai avuto alcun rapporto con l’Eni” e suo marito “non c’entra niente”.

Si lagga anche: Eni, la moglie dell’ad Descalzi ha una società con la figlia del dittatore del Congo – Un’inchiesta in Francia crea il caos in Italia. E, dopo la pubblicazione del nostro articolo, anche il ministro Luigi Di Maio promette approfondimenti.

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Dalla Russia con amore, per il colore dei soldi